Confisca da 5 milioni a Cosa nostra catanese. Il profilo criminale di Tudisco e Salanitro

Confisca da 5 milioni a Cosa nostra catanese. Il profilo criminale di Tudisco e Salanitro

CATANIA – Risale a questa mattina un maxi sequestro ai danni di Cosa Nostra che equivale a 5 milioni di beni mobili e immobili sottratti. Un successo che fa tremare il clan Santapaola-Ercolano dalle fondamenta, colpendo due pedine importanti dell’organizzazione mafiosa più potente in Sicilia.

Il primo è Luciano Salanitro, affiliato ai Santapaola – Ercolano. La polizia  aveva già sequestrato due appartamenti di sua proprietà, uno in via Vittorio Emanuele e uno in via Plebiscito, entrambi sottoposti all’esame del tribunale e confiscati. L’operazione dei giorni scorsi, ha invece permesso di ampliare le indagini e ha portato al sequestro stavolta di un’attività privata di Salanitro, il bar Rivombrosa, in via Plebiscito.

Il secondo provvedimento riguarda Cosimo Tudisco, esponente del clan Cappello, personaggio contraddittorio all’interno del mondo della mafia. Il vice questore, la dottoressa Stefania Marino, lo definisce un “ibrido”, che non entra mai a far parte di vere e proprie organizzazioni, ma verosimilmente collabora dall’esterno. 

Tudisco inizia fin da giovane la propria “carriera” da delinquente, partecipando prima a piccoli reati e ampliando poi sempre di più la propria rete di conoscenze e appoggi, fino ad accumulare la bellezza di nove condanne.

Tudisco riesce però a raccogliere la somma necessaria per dare inizio al proprio impero, basato su illecite attività imprenditoriali e incentrato su uno dei punti di ritrovo storici di Catania, l’Etna Bar.

Ma come ha fatto Tudisco ad agire indisturbato per tutti questi anni?

La tecnica è semplice: la frammentazione dell’attività in tante attività più piccole gestite per mezzo di più prestanome  complica enormemente le indagini delle forze dell’ordine, costrette a districarsi in un quadro troppo ampio e dispersivo.

Una delle società raccolte all’interno dell’Etna Bar, ad esempio, era intestata a Rosaria Lanzafame, compagna di Tudisco. Un negozio di vendita di oggetti di vario tipo, inserito all’interno dell’attività probabilmente come esca, “per confondere le acque” sempre nell’ottica di suddivisione e frammentazione.

Sequestrata all’interno dell’Etna Bar anche la tabaccheria Torrisi, altro prestanome di Tudisco, tra le tabaccherie con il più alto fatturato a Catania e provincia.

Tutto questo ha permesso al capo mafioso di gestire l’attività anche da dietro le sbarre, rimanendo nell’ombra più totale.

“Posso assicurare – conclude il primo dirigente, dottor Ferdinando Buceti – che la questura si sta sforzando il più possibile nello sventrare tutte le attività che non fanno altro che danneggiare chi opera all’interno del mercato in maniera leale e limpida. Chi agisce in modo scorretto inficia la libertà imprenditoriale di tutti”.