Ciclone Windjet, sequestrato 1 mln di euro a Pulvirenti per bancarotta fraudolenta

Ciclone Windjet, sequestrato 1 mln di euro a Pulvirenti per bancarotta fraudolenta

CATANIA – Erano tutti conservati in conti correnti svizzeri. Un bel milioncino è stato sequestrato all’ex numero uno del Catania Calcio, Antonino Pulvirenti. Il ciclone Windjet continua a colpire.

Questa volta le indagini si sono concentrate sulla GIAFAR S.A., società fiduciaria elvetica che già nel 2011 aveva versato 3 milioni di euro su conti della Windjet scrivendo nella causale… udite udite… “futuro aumento del capitale sociale”.

I giorni passano, i mesi scorrono e poco prima della sospensione dell’attività della compagnia aerea, proprio gli amministratori Windjet, che avevano dichiarato crisi finanziaria, restituiscono un milione di euro alla fiduciaria elvetica. E già in questo caso i magistrati avevano parlato di bancarotta preferenziale, in quanto la GIAFAR era soggetto estraneo rispetto alla Windjet.

In realtà affogando fra carte e intercettazioni, si è scoperto che proprio la fiduciaria elvetica era legata a doppia mandata con Pulvirenti e che il conto corrente in cui erano stati versati i soldi veniva abitualmente utilizzato dal “presidentissimo”. E quel bel milioncino formalmente restituito alla GIAFAR, in realtà facendo solo un percorso differente era sempre nelle sue tasche per arricchirne il patrimonio.

Ma a confermare tutto agli inquirenti è stato proprio Pulvirenti che durante l’interrogatorio ha confermato. Dunque è scattato il sequestro da parte della guardia di Finanza, guidata dal comandante Roberto Manna e coordinata dalla procura di Catania.

Sfilano in sequenza sempre gli stessi nomi: Antonino Pulvirenti in testa in qualità di ex presidente, seguito a ruota da Stefano Rantuccio in quanto amministratore delegato e da Angelo Agatino Vitaliti, componente del consiglio di amministrazione della Windjet. Sono loro che adesso dovranno rispondere di bancarotta fraudolenta per distrazione. 

Insomma questa in mezzo alle altre… non c’è di che stupirsi.