Le mani sulla città: vecchia e nuova mafia all’ombra del vulcano

Le mani sulla città: vecchia e nuova mafia all’ombra del vulcano

CATANIA – Meno omicidi ma estorsione e usura in sensibile aumento: ecco com’è cambiata la mafia a Catania. È quanto emerge dalla Relazione semestrale sull’attività svolta dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) del 2015.

Se da un lato si registrano meno omicidi rispetto al passato dall’altro emergono nuovi elementi che delineano un quadro preoccupante.

La mafia a Catania è presente più che mai e radicata nel territorio; è cambiato il modus operandi, rispetto al passato, ma i nomi e la disgregazione delle cosche, con la conseguente instabilità, sono sempre gli stessi: la mafia c’è e dobbiamo farci i conti.

Non solo estorsioni ma anche nuove mire imprenditoriali, come è emerso nel 2015, dall’operazione “Nuova Famiglia” che ha duramente colpito il clan Mazzei: investivano in varie attività grazie ad aziende prestanome, per riciclare denaro sporco. Dai trasporti alle discoteche, alle ambulanze e ai servizi funerari: nulla scampava ai tentacoli della cosca.

Il mercato della droga invece, sempre ricco e fiorente nella città etnea, ha visto negli ultimi anni dei cambiamenti organizzativi. 

All’inizio del 2015 Fabrizio Nizza che fino a qualche anno fa era il capo di Cosa nostra nel quartiere di Librino, un ruolo dominante conquistato negli anni a discapito della famiglia Arena, alleata alla cosca Sciuto-Tigna affiliata ai Cappello, decide di collaborare con la giustizia. Insieme a lui inizia a parlare anche Davide Seminara, ex autista e uomo di fiducia di Fabrizio Nizza per lo spaccio di cocaina.

Andrea Nizza (fratello di Fabrizio e ancora latitante n.d.r.) durante una riunione nell’aprile 2014 disse che il suo gruppo in accordo con i Cappello, in particolare con Massimo detto u carrozzierevoleva mettere sotto estorsione tutto il mercato ortofrutticolo e voleva che partecipassero anche i Mazzei“, svela Seminara. Che poi conclude: “Tutti i nuovi banchi dovevano essere sottoposti a estorsione senza eccezioni per nessuno

I Nizza subentrarono agli Arena nel 2011 nel controllo di Librino dopo l’arresto del super latitante Giovanni Arena, il re del Palazzo di Cemento.

Arena e Nizza. Due famiglie in “guerra fredda” da anni e anni: minacce, spari, ma omicidi mai. Perché si tratta di guerre d’interessi e non per l’egemonia di un gruppo d’appartenenza: Santapaola per i Nizza, Cappello per gli Arena.

In realtà almeno un omicidio ci fu. Andrea Nizza è indiziato (tra le varie accuse) anche di essere l’esecutore dell’omicidio di Lorenzo Saitta, lo Scheletro.

Fu proprio Saitta negli anni ’90, ad inserire Fabrizio nell’ambiente della mafia catanese. I rapporti tra i due con gli anni tuttavia si sarebbero deteriorati fino alla presunta volontà di Saitta di «fare cinquina» non appena fosse uscito dal carcere. Un riferimento al numero dei fratelli Nizza che aveva intenzione di uccidere.

Il gruppo dei Nizza, che si divide tra i quartieri Librino e San Cristoforo, entrò all’interno della famiglia mafiosa nel 2006 con il classico rituale d’iniziazione della pungiuta, il giuramento di fedeltà all’organizzazione in cui si mischiano il sangue del dito indice, utilizzato per sparare, all’immaginetta votiva della madonna Annunziata.

Da allora gestiscono il mercato dello spaccio catanese.

Via Stella Polare, Angeli Custodi, via Playa: un dedalo di intricate stradine dove sfrecciano su grossi scooter i pusher e le vedette attente a fare da palo. Oppure nascosti tra i palazzoni di Librino gestiscono uno dei mercati più ricchi della città.

Il panorama della criminalità organizzata etnea è contraddistinto dalla presenza di Cosa nostra e di gruppi autonomi che, in certi casi, supportano la politica mafiosa, e in altri, confliggono in essa“.

Nonostante i durissimi colpi inferti dalle forze dell’ordine  la famiglia mafiosa Santapaola, che aggrega le famiglie Ercolano, Laudani, Savasta, Di Mauro e Sciuto detto Coscia, continua ad avere un ruolo di spicco e di controllo di buona parte del territorio etneo.

Nella provincia di Catania  – si legge nella relazione – la situazione della criminalità organizzata è estremamente complessa e tendenzialmente policentrica a causa dell’elevato grado di instabilità che da tempo caratterizza la maggior parte dei gruppi locali, specie quelli operanti nel capoluogo”.

I sodalizi – continua la relazione – risultano fortemente restii ad accettare ogni forma di inquadramento gerarchico e, al contempo, manifestano la persistente tendenza a disattendere gli accordi interclanici. I numerosi interventi di polizia costituiscono altra causa di forza maggiore per una silente rimodulazione”.

“Gli schieramenti dei clan risultano pressoché invariati: da una parte il clan Santapaola-Ercolano, Mazzei e Laudani, dall’altra il clan Cappello- Bonaccorsi che sostanzialmente controlla (pur concedendo ampia autonomia) i reduci dei clan Sciuto, Pillera e Cursoti. Gli organigrammi interni delle varie consorterie hanno, invece risentito degli arresti eseguiti nel corso delle operazioni di polizia e si alimentano di nuovi “arruolamenti” tra le fasce giovani, attratte da facili guadagni. La rimunerazione degli illeciti traffici (soprattutto lo spaccio di stupefacenti) e opportuni contatti diplomatici per la soluzione di divergenze, favoriscono un certo equilibrio. Si tratta, comunque, di una pace armata vista la continua scoperta di arsenali di armi e munizionamento da guerra, nella disponibilità dei vari clan”.

Armi, droga, usura, affari leciti e illeciti, la mafia si continua a spartire la città.

Ma com’è cambiata la percezione della mafia nelle nuove generazioni?