Falso ideologico: tremano i colletti bianchi di Catania

Falso ideologico: tremano i colletti bianchi di Catania

CATANIA – Le voci si sono rincorse tutto il pomeriggio per i corridoi di palazzo degli Elefanti. Non si è parlato di altro fra i consiglieri del centro destra. “E’ un’indagine pretestuosa” hanno affermato esterrefatti “proprio Stancanelli, in quel periodo stava salvando la città dal dissesto finanziario. C’è dell’assurdo”.

La Procura di Catania ieri ha assestato un colpo basso violentissimo su venti amministratori e dirigenti pro tempore del Comune. Fra questi nomi spicca quello dell’ex sindaco Raffaele Stancanelli che ha ricevuto, insieme agli altri, l’avviso di garanzia.

L'ex sindaco Raffaele Stancanelli

L’ex sindaco Raffaele Stancanelli

“Sarebbe paradossale pensare che aver evitato il dissesto sia oggetto di azione penale. La storia di cinque anni di lavoro della mia amministrazione non è una storia criminale come si legge nell’avviso di garanzia”, si difende così Stancanelli mentre le indagini preliminari si sono chiuse e ora si va a processo.

Sono finiti tutti nel calderone per falso ideologico. La contestazione è chiara: ognuno di loro avrebbe alterato parte dei bilanci negli anni 2009, 2010, 2011 col preciso intento di dissimulare la reale situazione economico-finanziaria del Comune.

E tutto sapete perché? Per evitare che venisse dichiarato il dissesto finanziario con il conseguente scioglimento del consiglio comunale.

Roba da non crederci… la doccia gelata bagna gli assessori al bilancio Roberto Bonaccorsi e Gaetano Riva e il responsabile della direzione ragioneria generale del comune Giorgio Santonocito.

Ma non è finita. Fra i “fortunati” a cui è stato notificato l’avviso di garanzia, ieri pomeriggio, ci sono anche i dirigenti Pietro Belfiore, Biagio Lipera, Marco Petino, Orazio Palmeri, Valerio Ferlito, Annamaria Li Destri, Alessandro Mangani, Nunzio Pastura, Maria Luisa Arreddia, Gabriella Sardella, Roberto Politano, Augusta Manuele, Paolo Italia, Giovanni Tomasello, Corrado Persico e Salvatore Costanzo.

Chi alla direzione del settore sviluppo attività produttive e turistiche, chi a quella della polizia municipale, chi al patrimonio e chi ai lavori pubblici e manutenzioni: tutti nel proprio settore avrebbero alterato le cifre.

Nuotando fra le carte che sono state sequestrate fra gli uffici del comune e quelli delle aziende partecipate i finanzieri hanno avviato le indagini coordinati dal procuratore aggiunto Michelangelo Patanè e dal sostituto Alessia Minicò.

Ed è arrivato, addirittura, un professore di economia ed amministrazione delle aziende pubbliche da Palermo per analizzare gli atti.  Così sono emerse tutte le magagne: debiti fuori bilancio per oltre 78 milioni di euro, disallineamenti contabili per 34 milioni di euro tra i valori scritti al comune e quelli rilevati nelle società partecipate, classificazione di somme per 20 milioni nelle voci di bilancio dalle quali non emergeva la reale natura passiva. E infine come ciliegina sulla torta anche l’appostamento in bilancio di quote di residui attivi di dubbia esigibilità per udite udite… 270 milioni di euro.

Adesso la parola ai politici che devono trovare valide giustificazione davanti ai magistrati.