La fine di un amore porta inevitabilmente con sé un carico emotivo difficile da gestire. Ma, per alcuni, il distacco si trasforma in un’ossessione distruttiva che sfocia in comportamenti pericolosi.
Le pagine di cronaca sono ormai tristemente popolate di episodi di stalking, persecuzioni e atti di violenza da parte di uomini incapaci di accettare la chiusura di una relazione.
Il “no” innesca la violenza
Ciò che emerge è una dinamica velenosa, dove il “no” dell’ex partner viene vissuto come una ferita all’orgoglio, un’insopportabile dichiarazione di fallimento. Non si tratta solo di sofferenza amorosa, ma di una spirale di rabbia e frustrazione che spinge a reagire in modi estremi e irrazionali, conducendo in veri e propri comportamenti tossici e persecutori.
Per approfondire questo fenomeno e capirne le radici profonde, ai nostri microfoni è intervenuta la psicologa Ines Catania che ci aiuta a svelare i motivi per cui alcuni uomini vedono la fine di un rapporto come una sconfitta personale intollerabile, rispondendo con un senso di controllo e rivalsa.
Ci parla di fallimento, orgoglio, dei ruoli tradizionali e di come le aspettative sociali continuino a influenzare le reazioni alle rotture.
E soprattutto, ci offre consigli pratici su come “disinnescare” i meccanismi pericolosi che, da un rapporto finito, potrebbero trasformarsi in una minaccia costante.
Il “fallimento” come fine ma anche come inizio
“Prima di tutto esordirei con una parola chiave: fallimento! Da qui si snocciola tutto! La tematica che riguarda l’incapacità di accettare la fine di una relazione amorosa è strettamente correlata all’incapacità di accogliere il fallimento, che è da sempre stato concepito in accezione negativa perché rinvia alla fine brusca di un qualcosa. Ed in parte è così“, inizia così la nostra intervista.
“Ma nessuno mai pensa al fatto che dal fallimento si generano insegnamenti, opportunità ed esperienza… E questo vale soprattutto per le relazioni amorose… E secondo le statistiche, è più frequente nella popolazione maschile“, prosegue.
Dall’uomo “padrone” all’uomo paritario alla donna
Statisticamente parlando, sono spesso gli uomini a reagire più violentemente alle rotture. Questo, in parte, è dovuto al mutamento radicale dei ruoli.
“Anticamente l’uomo era visto come il capo famiglia, colui che prende decisioni, colui che gestisce l’aspetto economico sociale familiare, colui che può decretare se una relazione può andare avanti oppure no. Colui che, eventualmente, può tradire ed essere giustificato a farlo. Figuriamoci se a prendere posizione sia una donna!“, spiega la psicologa.
Oggi è tutto cambiato e “sebbene io sia una sostenitrice dell’importanza dei ruoli nella società e di conseguenza nella famiglia, mi sono funzionalmente adeguata alle attuali esigenze evolutive. Al giorno d’oggi i ruoli sono complementari. E ho osservato, e ho ‘sentito‘ spesso con rammarico quanto gli uomini abbiano difficoltà ad accettare questa complementarietà e anche la fine di una relazione“.
Un’esperienza concreta
Nonostante ciò, molti uomini trovano difficile adattarsi a questa realtà e accettare che anche la loro compagna possa decidere di chiudere una relazione. È una ferita all’orgoglio, un rifiuto che viene vissuto come una sfida diretta alla loro autorità.
Proprio di recente, “durante una seduta di psicoterapia, intercorsa con un paziente 50enne da poco separato e accompagnato da una nuova donna ho ascoltato parole come ‘è vero, io l’ho tradita, ma lei non doveva permettersi di fare la stessa cosa‘. A quel punto, spontaneamente, gli chiesi: ‘Perché lei non poteva?‘ Lui mi rispose: ‘Perché lei è donna, noi uomini si sa che lo facciamo‘. Tutta la seduta è continuata parlando, costantemente e ossessivamente della ex moglie, spendendo pochissime parole per la nuova compagna“.
E ancora: “Sentimenti di gelosia, invidia, non accettazione per la separazione, si alternavano a frasi spavalde del tipo ‘Non era cosa. È una poco di buono. Non le piacevano i sacrifici. Se dovesse tornare, troverà porte in faccia’ e via dicendo… E questo di cui sto parlando non è l’unico caso, nella mia carriera professionale ne ho riscontrati molteplici“.
“E quasi tutti subito dopo, in relazioni di ‘rimbalzo’, vale a dire relazioni non scelte, capitate e portate avanti solo per avere conferma del proprio valore, del fatto che si sia importanti per qualcun’altra e che quella precedente non era stata in grado di capire ed accettare. Ma non voglio farne una questione sessista“, specifica.
Quello appena esposto è un esempio lampante di come certi uomini vedano il tradimento femminile come qualcosa di “innaturale”, pertanto inaccettabile.
I “campanelli” d’allarme
Ci sono dei segnali di una relazione di questo tipo, chiaramente tossica, che potrebbero far presagire situazioni simili al momento della rottura.
La psicologa ci ha fornito un utile contributo per individuare importanti elementi predittori di queste dinamiche.
Una relazione tossica è una relazione che ti fa sentire non supportato, incompreso, umiliato o attaccato. I segnali sono:
1. Mancanza di supporto
“Mentre le relazioni sane si basano sul desiderio reciproco di vedere l’altro avere successo in tutti i settori della vita, nelle relazioni tossiche, ogni cosa diventa competizione.
Non ci si sente supportati o incoraggiati dal partner. Anzi, si ha l’impressione opposta e cioè che i propri bisogni e interessi non contino“.
2. Comunicazione tossica
“La gentilezza e il rispetto reciproco lasciano il posto a conversazioni caratterizzate da sarcasmo, critiche, disprezzo e ostilità“.
3. Invidia o gelosia
“Anche se va benissimo provare un po’ di invidia di tanto in tanto, per i successi del proprio partner, nelle relazioni tossiche l’invidia impedisce di godere dei successi del partner.
Lo stesso vale per la gelosia, soprattutto quando porta a un vissuto cronico di sospetto e sfiducia, spesso immotivati“.
4. Comportamenti di controllo
“Il tuo partner ti chiede sempre dove sei, cosa stai facendo, a che ora torni? No, non stiamo parlando di semplice premura. Soprattutto quando il tuo partner si infastidisce o si irrita se non rispondi immediatamente ai messaggi o continua a mandarti messaggi finché non rispondi.
Questi comportamenti potrebbero derivare dalla gelosia o dalla mancanza di fiducia, ma possono anche suggerire la necessità di controllo del partner nei tuoi confronti“.
5. Silenzio punitivo
“Il silenzio punitivo è un comportamento passivo-aggressivo che una persona può mettere in atto per punire la vittima. Consiste nel non rivolgere più la parola o nel limitare fortemente le conversazioni per far pagare alla vittima un presunto comportamento sbagliato.
Il trattamento del silenzio può avvenire sia in presenza (quando le due persone sono fisicamente insieme e una ignora l’altra) o a distanza (quando le due persone sono lontane)“.
6. Piccole bugie
“Se l’altra persona è molto controllante nei tuoi confronti potresti ritrovarti costantemente a inventare bugie su dove ti trovi o chi incontri, sia perché vuoi evitare di passare del tempo con la persona in questione o perché ti preoccupi di come reagirebbe se le dicessi la verità“.
7. Mancanza di rispetto
“Essere cronicamente in ritardo, ‘dimenticare’ casualmente gli eventi sono alcuni dei principali comportamenti che mostrano mancanza di rispetto per il tuo tempo e la tua persona“.
8. Comportamenti finanziari negativi
“La condivisione delle finanze con il partner spesso implica un certo livello di accordo su come spendere o risparmiare denaro. Detto questo, non è necessariamente sbagliato scegliere di spendere soldi per oggetti che l’altro partner non approva.
Attenzione, invece, se il partner acquista articoli di grande valore o preleva ingenti somme di denaro senza prima consultarti“.
9. Stress costante
“Le normali sfide della vita, come la malattia di un familiare, la perdita del lavoro, ecc. possono creare tensione nella tua relazione, ovviamente.
Ma trovarsi costantemente al limite, sentirsi spesso infelice, esausto mentalmente e fisicamente anche quando non si affrontano situazioni estreme, sono indicatori chiave che qualcosa non va nella relazione“.
10. Ignorare le tue esigenze
“Adattarsi a qualsiasi cosa il tuo partner o il tuo amico voglia fare, anche quando va contro i tuoi desideri o il livello di comfort, è un segno di tossicità. Spesso non si riesce a dire di no per paura di deludere l’altro e perdere così la relazione“.
La “guerra fredda” via social post rottura
Alla base di questi comportamenti c’è spesso una personalità disfunzionale. È evidente, infatti, che “i soggetti con disturbi di personalità (narcisistico, borderline, istrionico, dipendente affettivo etc.) hanno più probabilità di manifestare disfunzionalmente questi segnali e soprattutto di mettere in atto ‘comportamenti pericolosi, al limite’ (quali stalking, aggressività verbale e fisica, persecuzioni)“.
Tali comportamenti sono facilitati e accentuati anche grazie all’utilizzo dei social che non consentono una vera e propria interruzione della relazione, ma una trasformazione in una vera e propria ‘guerra fredda’ dove sentimenti di controllo, denigrazione e persecuzione trovano un terreno fertilissimo.
Ecco che inizia lo scambio di messaggi ambigui, provocazioni, e continue insinuazioni. Questo prolungamento virtuale dei rapporti genera frustrazione e alimenta comportamenti pericolosi.
I social, infatti, rappresentano un ulteriore problema: non solo consentono agli ex partner di “controllare” le azioni dell’altro a distanza, ma facilitano anche un continuo confronto.
L’importanza di saper “disinnescare”
Fondamentale importanza saper disinnescare: “E come dico sempre: ‘Non bisogna mettere l’acqua nella pianta malata‘. In una sola parola: DISINNESCARE!“.
Infatti, “tale principio del disinnescare e ignorare è utile in tutti i casi persecutori post rottura, accompagnati sempre dall’osservazione vigile e costante dei comportamenti di pericolo ed eventualmente abbracciando la richiesta d’aiuto alle autorità competenti associate ad un percorso di supporto psicologico per elaborare al meglio il disagio emotivo“.
In conclusione, ignorare i tentativi di manipolazione e di provocazione dell’ex partner è fondamentale. Tuttavia, non bisogna abbassare la guardia.
Un percorso psicologico, come detto, può essere di grande aiuto per elaborare il trauma e costruire delle difese emotive forti. Perché è vero che “le cose vanno per come devono andare“, ma è fondamentale proteggersi dal veleno delle relazioni tossiche che inaridiscono e, inevitabilmente, distruggono.