CATANIA – Quarant’anni fa veniva ucciso dalla mafia il giornalista Pippo Fava, collaboratore di numerose testate nazionali come i settimanali Tempo e Domenica del Corriere. Fava, 59 anni, era una delle voci più scomode dell’informazione siciliana.
La notte del delitto
Era la sera del 5 gennaio 1984 quando vicino al Teatro Stabile di Catania Fava venne raggiunto con cinque colpi di pistola alla testa. Aveva appena lasciato la redazione della rivista I Siciliani, che aveva fondato e diretto.
Non solo giornalista
Oltre a essere un redattore di forte impegno civile, Fava era anche scrittore, saggista, drammaturgo. Una delle sue opere più note, “La violenza: quinto potere“, era stata portata sullo schermo da Florestano Vancini. Nel 1976 Luigi Zampa aveva tratto un film dal suo romanzo “Gente di rispetto“.
L’ultima intervista di Pippo Fava
Il 28 dicembre 1983, durante l’apparizione nel programma “Filmstory” condotto da Enzo Biagi, Fava ha tenuto la sua ultima intervista, criticando severamente la leadership italiana.
“Io vorrei che gli italiani sapessero che non è vero che i siciliani sono mafiosi. I siciliani lottano da secoli contro la mafia. I mafiosi stanno in parlamento, i mafiosi sono ministri, i mafiosi sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono al vertice della nazione. Nella mafia moderna non ci sono padrini, ci sono grandi vecchi i quali si servono della mafia per accrescere le loro ricchezze, dato questo che spesso viene trascurato.
L’uomo politico non cerca attraverso la mafia solo il potere, ma anche la ricchezza personale, perché è dalla ricchezza personale che deriva il potere, che ti permette di avere sempre quei 150mila voti di preferenza. La struttura della nostra politica è questa: chi non ha soldi, 150mila voti di preferenza non riuscirà ad averli mai! I mafiosi non sono quelli che ammazzano, quelli sono gli esecutori. Ad esempio si dice che i fratelli Greco siano i padroni di Palermo, i governatori. Non è vero, sono solo degli esecutori, stanno al posto loro e fanno quello che devono fare. Io ho visto molti funerali di Stato: dico una cosa che credo io e che quindi può anche non essere vera, ma molto spesso gli assassini erano sul palco delle autorità“, conclude il giornalista nell’intervista.