PALERMO – Confermato il carcere per Angelo Flores e Gabriele Di Trapani, due dei sette arrestati per lo stupro a Palermo. Lo ha deciso il tribunale del Riesame di Palermo. I giudici, che hanno accolto la tesi della Procura diretta da Maurizio de Lucia, non hanno ancora depositato le motivazioni della decisione. Il tribunale, inoltre, deve ancora pronunciarsi sulla istanza di scarcerazione presentata dai legali di Cristian Barone, un altro degli indagati.
Scarcerato il minorenne dopo la sua confessione
Nuovi sviluppi sullo stupro di gruppo avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo, ai danni di una 19enne. Uno dei sette indagati, che all’epoca dei fatti era ancora minorenne, ha confessato davanti al G.I.P. del tribunale per minorenni, Alessandra Puglisi.
Non c’erano molti dubbi sul coinvolgimento del ragazzo, la cui presenza è testimoniata da un video trovato dai carabinieri in uno dei cellullari degli arrestati. Dopo la confessione, è arrivata la sua scarcerazione: il giovane adesso si trova in comunità.
Criticata la decisione del giudice
Non è passata inosservata la decisione del G.I.P. di scarcerare il giovane, infatti la procuratrice per i minorenni, Claudia Caramanna, ha già annunciato la presentazione di un ricorso contro il provvedimento, con l’obiettivo di rimettere il ragazzo dietro le sbarre.
Ad aggravare la posizione dello stupratore è il video recuperato dai carabinieri, in cui colui che fino a qualche settimana fa era ancora minorenne si mostra come tra i più violenti del branco.
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L’indignazione di Ermal Meta
Ermal Meta non ha esitato a inserirsi nel dibattito relativo alla violenza sessuale di gruppo subita dalla 19enne nel luglio scorso. Ciò che il cantautore chiede è che siano applicate pene esemplari nei confronti dei carnefici della giovane. Ha reso pubblico il suo pensiero nelle ultime ore, attraverso una “valanga” di messaggi pubblicati sui suoi profili social.
“Lì in galera, se mai ci andrete, ad ognuno di voi ‘cani‘ auguro di finire sotto 100 lupi in modo che capiate cos’è uno stupro“, ha scritto rivolgendosi ai sette presunti stupratori. Evidente, peraltro, il riferimento alla sconcertante terminologia usata dagli indagati per commentare lo stupro di cui si sono resi artefici. “Eravamo cento cani sopra una gatta“, avevano commentato tra loro gli arrestati.
Il cantante di “Vietato morire” ha poi aggiunto in un altro post: “Conosco donne, che da uno stupro non si sono riprese mai più. Che scattano in piedi appena sentono un rumore alle loro spalle, che non sono più riuscite nemmeno ad andare al mare e mettersi in costume da bagno come se non avessero nemmeno la pelle. Vogliamo salvare e recuperare un branco? Ok, sono d’accordo. Ma come salviamo una ragazza di 19 anni che d’ora in poi avrà paura di tutto?“.
Sfruttando la sua indiscussa visibilità, l’artista ha cercato di far comprendere come l’attenzione pubblica si sia spostata sul recupero degli aggressori piuttosto che sulle conseguenze – fisiche e mentali – con cui d’ora in poi dovrà fare i conti la vittima.
“Perché la responsabilità sociale la sentiamo nei confronti dei carnefici e non in quelli della vittima? Se c’è una qualche forma di responsabilità collettiva nei confronti dei carnefici, allora dovremmo provare a sentirci responsabili anche per quella ragazza e per tutte le vittime di stupro perché è a loro che dobbiamo veramente qualcosa, sono le vittime che vanno aiutate a ricostruire la propria vita“.
“Quando stupri una donna – ha aggiunto su Instagram – non le infiggi solo un danno fisico che comunque resta immenso. Quando stupri una donna uccidi il suo futuro, la sua fiducia nel prossimo e nella vita e senza quella fiducia comprometti la sua capacità un domani persino di avere dei figli. Questo compromette l’umanità intera. Lo stupro è un crimine contro l’umanità. Qual è la pena proporzionale per una cosa del genere?“.