LAMPEDUSA – Nella camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana di Lampedusa, Miriam ha riconosciuto il cadavere del figlio di un anno e mezzo, morto nel naufragio di uno dei due barchini affondati sabato nel Canale di Sicilia.
La mamma, appena 23enne, ivoriana, pensava che il suo bambino si trovasse in un’altra struttura o in ospedale.
La storia di Miriam e del piccolo
La giovane ha viaggiato sul barchino partito da Sfax, con in braccio il piccolo, quando nelle acque della Sicilia la morte ha incrociato la loro strada. L’imbarcazione si è inabissata e per ore la 23enne, nel mare in tempesta, ha tenuto stretto il figlio.
Quando ormai era al limite, stanca e presa dal freddo, ha affidato il bambino ad un connazionale che era in mare accanto a lei. Il piccolo non ce l’ha fatta. È annegato e la mamma lo ha scoperto domenica sera: fino ad allora aveva creduto che il figlio, assieme al connazionale, fossero in un altro luogo. Lo ha raccontato ai mediatori culturali e ai poliziotti.
Miriam quando è stata salvata dai militari della Guardia Costiera è stata issata a bordo di una delle due motovedette intervenute. Il connazionale invece sull’altra unità di soccorso.
L’inchiesta della Procura di Agrigento sul naufragio di Lampedusa
La Procura di Agrigento, con il reggente Salvatore Vella, ha aperto sulle due tragedie un’inchiesta a carico di ignoti. Per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte quale conseguenza di altro reato. I superstiti sono stati sentiti dalla Squadra Mobile della Questura di Agrigento.
Complessivamente sono 57 i superstiti, 33 i dispersi e due i cadaveri recuperati: oltre a quello del piccino c’era anche quello di una donna il cui marito si trova, al momento, all’hotspot di Lampedusa.