CATANIA – Un’inchiesta che parte dal furto di automobili ed estorsione e arriva allo spaccio e traffico di cocaina. Due filoni che hanno portato stamane a 88 indagati e 113 capi di imputazione. La recrudescenza del fenomeno delle auto rubate registrata dalle Forze dell’Ordine a settembre 2020 ha fatto avviare l’indagine denominata “Carback“ con la quale è stato accertato il furto di 54 veicoli.
I NOMI DEGLI ARRESTATI DI OGGI
La spartizione del territorio e i modelli delle automobili rubate
Tre le batterie che eseguivano i furti, spartendosi il territorio con un tacito accordo, e adoperando sofisticati e veloci metodi di scasso. Non più utilizzando rudimentali arnesi ma con tecnologici dispositivi elettronici. Il territorio era così spartito: la batteria San Giorgio operava nel centro di Catania, la batteria San Cristoforo aveva campo libero nei centri commerciali catanesi e Monte Po’ e si spartiva la parte Nord di Catania, dunque Nesima e San Nullo.
Fiat 500 e Panda, Lancia Y e Alfa Romeo Giulietta le automobili maggiormente prese di mira dai gruppi criminali. Filo conduttore dei furti: il cavallo di ritorno. I veicoli asportati venivano lasciati in sosta sulla pubblica via, nel pieno rispetto di una regola non scritta in base alla quale ciascuna batteria, prima di disporre del mezzo, attendeva almeno tre giorni per i seguenti motivi:
- concedere un congruo periodo di tempo al proprietario del veicolo rubato per mettersi in contatto con la batteria responsabile del furto ed intavolare l’illecita trattativa. Il cavallo di ritorno rappresentava, infatti, l’obiettivo principale in quanto garantiva all’associazione importi immediati e riduceva significativamente i rischi connessi alla gestione del mezzo (custodia, trasporto e altro);
- poter rimediare ad eventuali “torti”, qualora l’autovettura asportata fosse appartenuta a personaggi di particolare caratura criminale o persone a loro vicine, provvedendo all’immediata restituzione del mezzo; è stato accertato, attraverso l’uso di intercettazioni, almeno un caso di questo tipo. Infatti era stata rubata l’auto di una donna vicina a uomini da non “disturbare”;
- essere certi dell’assenza di eventuali dispositivi GPS nascosti e non individuati durante la “bonifica” del mezzo, scongiurando in tal modo il rischio di essere scoperti dalle Forze di Polizia.
Qualora le estorsioni non fossero andate a buon fine, trascorsi i tre giorni, le autovetture rubate venivano destinate alla ricettazione, anche fuori Provincia, per la successiva immissione nel fiorente mercato nero di veicoli e parti di ricambi. “Rubavano i veicoli in venti secondi“, spiega Giuseppe Battaglia, Comandante Compagnia Fontanarossa.
68 indagati per l’inchiesta che parte dal furto di automobili tra il 2020 e il 2021
Su delega della Procura della Repubblica di Catania, circa quattrocento militari del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma dei carabinieri (Compagnia di Intervento Operativo del XII° Reggimento “Sicilia”, Squadrone Eliportato “Cacciatori” Sicilia, Nucleo Elicotteri, Nucleo Cinofili) hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania nei confronti di 68 soggetti indagati, a vario titolo, per i reati di associazione a delinquere finalizzata al furto di autovetture oggetto di successiva estorsione con il metodo del cosiddetto “cavallo di ritorno” o di ricettazione, associazione di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, acquisto e detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio e detenzione illegale di armi e munizioni.
L’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, è stata condotta dal Nucleo Operativo della Compagnia carabinieri di Catania Fontanarossa da settembre 2020 a marzo 2021, trae origine da una approfondita e qualificata attività di analisi sui furti di autovetture, avvenuti nei precedenti mesi di giugno e luglio, spesso rinvenute dopo qualche giorno in modo apparentemente casuale. Un primo filone di indagine, che si è proficuamente sviluppato grazie ai riscontri effettuati e all’attività tecnica svolta, ha permesso di delineare l’esistenza di una collaudata organizzazione, costituita da 45 persone, dedita alla commissione di furti, estorsioni e ricettazioni, con il coinvolgimento anche di un soggetto gravemente indiziato di appartenere al clan dei Cursoti Milanesi.
Il ruolo degli indagati
La base operativa era l’autonoleggio di San Giorgio. Qui confluiva sia l’organizzazione che operava nell’abito dei furti delle automobili sia quella per lo spaccio e la fornitura della cocaina. Le piazze di spaccio, una di Librino e l’altra di San Cristoforo, facevano capo a Salvatore Giuffrida, elemento di spicco del clan Cappello Bonaccorsi. Collaborava con Giuffrida e Gaetano Condorelli, gestore della piazza di San Giorgio, Massimo Ferrara che si interponeva tra gli appartenenti all’associazione. Facevano parte dell’organizzazione criminale anche alcuni soggetti con il ruolo di intermediari che venivano contattati dalle vittime, direttamente o per il tramite di conoscenti, affinché si adoperassero per avviare l’iter per la restituzione del mezzo. L’importo di ciascuna delle 33 estorsioni documentate poteva variare tra 300 e 1.500 euro in base al modello e alle condizioni dell’autovettura, al numero di persone intervenute nell’ intermediazione ed al rapporto di conoscenza tra gli indagati e la vittima del furto.
Da vittime ad indagati, il ruolo dei proprietari delle vetture rubate
Durante il corso dell’indagine è emerso il dato allarmante delle vittime delle autovetture rubate. I cittadini non denunciano, sono reticenti e non collaborano, agevolando gli aguzzini, e in 13 casi è stato accertato dalle Forze dell’Ordine il tentativo di depistaggio delle indagini. In tale ambito investigativo, sono state deferite all’autorità giudiziaria 13 persone per favoreggiamento personale, avendo fornito alla Polizia giudiziaria informazioni palesemente false e fuorvianti, aiutando in tal modo gli autori del reato ad eludere le indagini. Da qui, l’invito a non vanificare il risultato raggiunto con l’operazione Carback e avere fiducia nelle istituzioni. “Rivolgersi alle autorità competenti e riappropriarsi del territorio” ha detto il comandante Rino Coppola, Comandante Provinciale dei carabinieri di Catania.
Il filone del traffico di droga
L’attività di indagine ha permesso di scoprire anche una ricca e remunerativa attività di spaccio, sia al dettaglio che all’ingrosso. Un’attività che fruttava fino a mille euro al giorno. Il gruppo era ben organizzato e impiegava elementi che vigilavano il territorio per non rischiare di avere controlli da parte delle Forze dell’Ordine e quindi perdere quantità di droga. Il territorio era perlustrato anche con l’impiego di telecamere. Tutto avveniva sotto l’egida di Santo Tricomi, appartenente al clan dei Cursoti Milanesi. Il secondo filone investigativo, nel quale sono rimaste coinvolte 30 persone, ha riguardato un ingente traffico di sostanze stupefacenti gestito da un gruppo criminale – con a capo un soggetto gravemente indiziato di appartenere al clan mafioso Cappello – che poteva contare anche sulla disponibilità di armi e munizioni.
Al riguardo, sono state censite e monitorate due piazze di spaccio ubicate una nel quartiere Librino e l’altra nel quartiere San Giorgio, nelle quali si smerciava sostanza stupefacente tipo cocaina, per un volume di affari di oltre mille euro giornalieri per ciascuna piazza. Gli associati coinvolti in entrambi i filoni d’indagine avrebbero condiviso la medesima base logistica, costituita da un autonoleggio ubicato nel quartiere di San Giorgio, luogo in cui si concretizzavano accordi, incontri e pagamenti relativi alle attività illecite concernenti il furto dei veicoli finalizzato alle estorsioni o ricettazioni, ma soprattutto sito in cui avvenivano le contrattazioni riguardanti ingenti quantitativi di cocaina, venduta all’ingrosso a circa 42mila euro al chilogrammo e consegnata ai “grossisti” in vari punti della città per essere evidentemente destinata al rifornimento di altre piazze di spaccio presenti nel capoluogo etneo o in altre Province.
“Contrattazioni all’ingrosso che variavano in base alla solvibilità e alla quantità da acquistare“, dice Giovanni Spadoni, comandante del nucleo operativo della compagnia dei carabinieri di Fontanarossa.