CATANIA – La parabola di vita di don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, è bella è complessa, affascinante e piena di profezia. Quest’anno, per ricordare il centenario della sua nascita il 27 maggio 1923, si organizzano manifestazioni e convegni come quello del 18 aprile alle Ciminiere di Catania sul tema: “Non uno di meno–La sfida educativa oggi“. Promosso dall’Ufficio diocesano per la Pastorale scolastica, il convegno apre il 18°Festival della Comunicazione e si è svolto presso l’auditorium del complesso fieristico “Le Ciminiere” con la partecipazione dall’Arcivescovo di Catania, Mons Luigi Renna, che nel messaggio d’inizio dell’anno scolastico indirizzato agli studenti e ai docenti ha formulato “Un sogno che ogni ‘Rosso Malpelo’ possa incontrare un don Milani che sappia accoglierlo ed educarlo, per consentirgli di diventare un soggetto adulto e libero”. Nel suo intervento ha centrato il tema dell’educazione nella società di oggi nella quale si sono persi i punti di riferimento di una volta che erano i genitori e lo stile di famiglia. Citando gli scritti di Don Milani ha sollecitato lo stile educativo del “lavorare insieme” e di essere “assetati di Assoluto”.
L’universo di Internet e dei nuovi media ha invaso il cielo della comunicazione ed il pervasivo relativismo ha incrementato l’egoistico comportamento del pensare solo a se stessi e ai propri interessi. La presentazione di Don Milani educatore, profeta e “uomo del futuro” è stata affidata ai relatori: Eraldo Affinati, Commendatore della Repubblica, Fondatore della scuola Penny Wirton per l’insegnamento gratuito della lingua italiana ai migranti, definita “La scuola del dono“; Rossella Viaconzi , docente di Lettere, formatrice, tutor, vice preside dell’Istituto Comprensivo “Alda Merini” di Milano, con il preside AngeloRossi, i quali riproponendo le esperienze vissute nel contatto educativo con ragazzi extracomunitari hanno tratteggiato lo stile e la prassi educativa adottata da Don Milani e realizzata nei diversi contesti, in risposta ai bisogni dell’utenza, anche mediante specifici “patti educativi territoriali e di comunità”, contratti a costo zero per anziani e volontari.
Come si legge in “Lettera ad una professoressa“, al centro dell’azione educativa resta lo studente che cresce che trasforma le informazioni in conoscenze attraverso il saper fare e diventa uomo libero attraverso la cultura e l’apprendimento efficace, frutto di un insegnamento essenziale e ricco di motivazioni, di significati e di senso. Si condanna la scuola quale “strano ospedale che cura i sani e manda via gli ammalati” e si valorizza la dimensione della relazione educativa che anima la vocazione pedagogica, dello sguardo attento e profondo, segno di un vero “interesse” e di un sentito “I Care”. Sono questi i pilastri che reggono l’impalcatura del progetto capace di rispondere al dilagante fenomeno della dispersione scolastica che in Sicilia e a Catania ha raggiunto il 25%. Come educatore ed insegnante Don Milani ha praticato percorsi originali, talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato. La sua educazione familiare, che proveniva da genitori non credenti e anticlericali, lo aveva abituato ad una dialettica intellettuale e ad una schiettezza che talvolta potevano sembrare troppo ruvide, quando non segnate dalla ribellione.
Nel messaggio del 10 maggio 2014, alla scuola italiana, Papa Francesco ha detto di Don Milani: “La sua era un’inquietudine spirituale alimentata dall’amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come ‘un ospedale da campo ‘ per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati. Apprendere, conoscere, sapere, parlare con franchezza per difendere i propri diritti erano verbi che don Lorenzo coniugava quotidianamente a partire dalla lettura della Parola di Dio e dalla celebrazione dei sacramenti, tanto che un sacerdote che lo conosceva molto bene diceva di lui che aveva fatto ‘indigestione di Cristo“.
Sono emblematiche le espressioni di don Milani: “Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione. Andare a scuola significa aprire la mente ed il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! E questo è bellissimo! Nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato ad imparare, questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà!”
La lezione di Don Milani che valorizza l’insegnamento come “dono” insegna a parlare ai cuori e alle menti dei giovani, diventa guida e modello di intervento per affrontare e vincere la sfida educativa e come il Buon Pastore, riconduce sulla retta via tante pecorelle smarrite.