ITALIA – Trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato oppure esercitare una certa inosservanza sulle regole di madre natura, sempre più bistrattata negli ultimi tempi dal genere umano? La domanda non può avere una risposta nell’immediato ma quantomeno si potrebbe descrivere il quadro della vicenda avvenuta nei boschi sopra Caldes, in Trentino, in un episodio sconvolgente e materia di dibattito tra sostenitori e oppositori di una delle due parti coinvolte.
Entrando a gamba tesa sulla questione, il 5 aprile scorso, la vicenda che lega amaramente l’orso JJ4 e il runner Andrea Papi ucciso hanno scosso l’opinione pubblica per la gravità dei fatti accaduti. Si tratta di un episodio di violenza senza distinzioni che ha portato alla morte di una persona.
L’animale, esemplare di 17 anni, nato in Trentino da due orsi sloveni Joze e Jurka, era già stato coinvolto in un episodio di aggressione il 22 giugno 2022 nei confronti di un padre e un figlio sul monte Peller. L’orso era già noto alle Autorità per il suo comportamento aggressivo e la Giunta provinciale di Trento aveva richiesto la sua cattura o l’abbattimento. Tuttavia, il Tar ha annullato l’ordinanza di cattura rompendo, probabilmente, l’equilibrio che unisce la salvaguardia e custodia degli animali potenzialmente pericolosi insieme alla sicurezza degli esseri umani.
Dopo le vicissitudini susseguitesi duranti i giorni scorsi, il destino di JJ4 sembra ormai segnato, con un abbattimento inevitabile. Del resto, il Piano d’Azione Interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali (PACOBACE) prevede questa possibilità, sacrificando singoli esemplari problematici per salvaguardare la protezione della specie.
La Provincia Trentino sta avanzando altre richieste perché oltre ad annunciare ulteriori due ordini di rimozione per altri due esemplari difficili da controllare, il presidente Fugatti ritiene che “la presenza di oltre cento esemplari nel territorio trentino non sia sostenibile. Dobbiamo riportare la popolazione a circa 50 unità. Non importa in che modo“.
Questa ipotesi sta iniziando a prendere piede anche in quel di Roma, dove Fugatti ha incontrato il ministro dell’Ambiente Pichetto. “È stata presa in considerazione la possibilità di dotare gli operatori della pubblica sicurezza, come accade in altre realtà internazionali, di dispositivi di difesa come gli spray antiaggressione – spiega il ministero -. Un’altra possibile soluzione allo studio è quella di sviluppare un piano di trasferimento di massa mantenendo un numero sostenibile di soggetti nella Provincia di Trento“.
Al termine del vertice, invece, è stato istituito un tavolo tecnico di confronto tra il Ministero dell’Ambiente e l’ISPRA, Provincia autonoma di Trento, per valutare eventuali azioni utili a proseguire “il progetto originario di reintroduzione dell’orso nell’arco alpino“.
I contorni della vicenda devono ancora essere chiariti del tutto, ma le ipotesi sollevate sono già sufficienti a far sobbalzare gli animalisti, con il WWF che segue con grande preoccupazione le anacronistiche e demagogiche dichiarazioni seguite alla tragedia recente avvenuta in Val di Sole e di cui sentiremo parlare ancora per diverso tempo.
Per gli animalisti del WWF è sbagliato sottovalutare un pericolo oggettivo che proviene da un individuo che attacca un uomo, ed è anche errato cercare di approfittare di una tragedia per proporre soluzioni illegittime, illegali e inefficaci. Proporre l’eliminazione di decine di orsi significa scegliere un percorso ideologico e miope che ci riporterebbe indietro di oltre mezzo secolo ad una logica a ritroso per cui il contenimento e la cancellazione della natura e degli animali che la abitano sarebbe l’unica occasione di sviluppo locale. Decenni di casi studio hanno dimostrato, invece, che il percorso verso un benessere duraturo per l’uomo è un ritorno a una convivenza equilibrata con la natura.
In ogni caso, la ricerca dell’equilibrio tra uomo e grandi carnivori deve essere fatta mettendo insieme e confrontando esperienze e buone pratiche diffuse in tutta Europa per migliorare e integrare le strategie di gestione. Bisogna anche fare attenzione a non limitarsi a spostare semplicemente il problema da un territorio all’altro, con il rischio di moltiplicare le criticità piuttosto che risolverle.
Anche il nuovo presidente di Federparchi, Luca Santini, ritiene che il dibattito sul tema debba essere riportato alla sua giusta dimensione. In Italia sono in vigore il PACOBACE, protocollo approvato e formalmente adottato da tutte le amministrazioni territoriali delle Alpi centro-orientali (Lombardia, Friuli VG, Veneto, province di Trento e Bolzano), il Ministero dell’Ambiente e l’ISPRA. Il piano delinea precise linee guida per la gestione dell’orso, compresa la rimozione degli esemplari problematici proprio per salvaguardare la specie e garantire la sicurezza delle persone e delle attività umane.