CATANIA – Il cantante neomelodico e trapper Niko Pandetta è stato posto sotto processo a Milano per aver violato le misure di prevenzione. Pandetta, già detenuto per una condanna definitiva per spaccio ed evasione, è stato spesso oggetto di polemiche per i testi delle sue canzoni.
L’accusa della Procura milanese è quella di possesso di un telefono cellulare nonostante fosse stato sottoposto ad “avviso orale” dal Questore di Catania nel 2015, in violazione del decreto sulle misure di prevenzione che prevede il divieto di possesso di un telefono.
Il cellulare è stato sequestrato nel 2020.
La difesa di Pandetta ha fatto notare che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma del codice antimafia che consentiva al questore di vietare l’utilizzo di apparati di comunicazione radiotrasmittenti a soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Il legale ha chiesto quindi l’immediato proscioglimento del suo assistito sulla scorta di questa sentenza.
Il giudice deciderà sulla questione a maggio.
“Non ce la faccio più, sono in sciopero della fame”, la lettera di Niko Pandetta dal carcere di Opera
“Non ce la faccio più. Sono a sciopero della fame“. Ha scritto così Niko Pandetta, il cantante catanese che, conosciuto prima per il suo esordio neomelodico e poi per essersi cimentato nella trap, è stato condannato a quattro anni per spaccio di droga.
Dal carcere di Opera, a Milano, dove sta scontando la pena, ha scritto una lettera che è stata pubblicata sulle sue Instagram Stories.
“Con la direttrice – ha raccontato – ci ho parlato una sola volta. La sua priorità è stata chiamarmi a colloquio non a capire le mie problematiche da detenuto. Ci ha tenuto però a umiliarmi come persona e come artista. Dall’alto della sua ostentata superiorità, ha giudicato me e la mia musica e mi ha fatto capire che non siamo tutti uguali“.
“Per uno screenshot fatto in videochiamata su WhatsApp da un’altra persona, pubblicato su Tik Tok e diventato virale, mi hanno sospeso le videochiamate e fatto rapporto e denuncia“, ha raccontato il cantante di “Pistola nella Fendi”.
Quello di Niko Pandetta, all’anagrafe Vincenzo, è un vero e proprio appello “ai fan, ai colleghi artisti e a tutti quelli che mi vogliono bene” per fare in modo che vengano rispettati i suoi diritti di detenuto.
“Fatemi pagare per i miei sbagli (reati) e non per la mia musica”, conclude Pandetta.