AGRIGENTO – L’Asp di Agrigento dovrà risarcire con un milione di euro una ragazza di 20 anni, che al momento della nascita ha subìto danni cerebrali gravi e irreversibili, mentre si trovava all’ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca.
Lo ha disposto il giudice monocratico di Sciacca, Federica Verro, alla luce di quella che ha definito “una condotta negligente e poco prudente dei medici del reparto di Ostetricia e Ginecologia“.
Questa decisione è stata presa dopo che il giudice ha accolto la tesi dell’avvocato Rosaria Paola Perricone, che rappresenta la famiglia della giovane e che ha dimostrato l’esistenza di un legame di causalità tra il comportamento stigmatizzante dei sanitari dell’Asp di Agrigento e l’evento dannoso subito dalla neonata all’epoca.
Il legale ha affermato che la giustizia è stata fatta sia per la giovane paziente sia per i suoi genitori, che hanno dovuto superare numerosi ostacoli, arrivando perfino ad assumere il professor Raffaele Landi di Napoli come consulente di parte per portare avanti la loro causa per anni, al fine di ottenere il riconoscimento del danno psicofisico subìto dalla figlia durante il parto.
Muore in ospedale per diagnosi errata: Asp condannata a pagare 200mila euro
Deceduta a causa di una mancata diagnosi dell’aggravarsi della sua condizione fisica, l’Asp risarcisce con oltre 200mila euro una famiglia.
I fatti risalgono al 2015, quando una donna si rivolse alle cure dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Sciacca per condizioni di salute critiche. La vittima, già affetta da tumore, poi sarebbe morta poco dopo per una serie di “eventi nefasti“, secondo quanto riferito dall’Asp.
“Dall’analisi della documentazione fatta pervenire dal direttore dell’unità operativa complessa di Urologia, e quello di Chirurgia, non sono emersi elementi di responsabilità a carico dei sanitari che hanno prestato le cure“, scrive l’Azienda.
I periti, invece, hanno ravvisato, a causa del ritardo diagnostico subito dalla donna, “profili di responsabilità in capo ai sanitari dell’ospedale di Sciacca poiché, in presenza di una neoplasia vescicale multifocale, recidivata dopo tre mesi dalla diagnosi in corso non hanno effettuato una ristadiazione con tac o risonanza magnetica al fine di identificare la presenza o meno di linfonodi reattivi“.
Il Tribunale ha quindi condannato l’Asp a versare oltre 200mila euro ai familiari della donna (122mila al merito, 68mila euro ai figli, oltre le spese legali) a fronte di una richiesta di risarcimento che era però di quasi 2 milioni di euro.
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