ITALIA – Il dibattito sull’ergastolo ostativo, incredibilmente attuale, è senza dubbio molto complesso da seguire e comprendere a pieno. Per avere un quadro generale di ciò che sta accadendo, è intervenuta ai nostri microfoni l’avvocato catanese Elena Cassella, con l’obiettivo di fare il punto della situazione e spiegare come si è evoluta la questione, facendo riferimento anche agli aggiornamenti più recenti.
Le pronunce della Corte Costituzionale
Partendo dalle premesse ampiamente spiegate da Elena Cassella nella precedente intervista, la Corte costituzionale si è pronunciata a più riprese sulla disciplina dell’ergastolo ostativo.
“Con la pronuncia n. 253/2019 – ha affermato l’avvocato Cassella – la Corte ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4-bis, comma 1, ord. pen., nella parte in cui non prevede che possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter ord. pen., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti“.
“Ebbene, è chiaro l’invito rivolto dalla Corte costituzionale: la presunzione di pericolosità dei condannati ostativi di prima fascia deve diventare relativa“.
Il diritto al silenzio
Il focus adesso si sposta su un altro aspetto di profonda rilevanza: “Ora, uno dei passaggi centrali dell’iter argomentativo sviluppato dalla Consulta è la valorizzazione del diritto al silenzio nella fase di esecuzione della pena, quale corollario dell’inviolabile diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. (vedi anche. Corte Cost., 7 maggio 2008, n. 165)“.
“Il silenzio – lungi dal costituire un elemento astratto sintomatico di una sicura e attuale caratura criminale del condannato – costituisce un dato neutro che necessita di essere contestualizzato e accompagnato da ulteriori elementi empirici. È anche per questo motivo che, al di là degli specifici oneri probatori di cui si dirà di qui a breve, la specifica valutazione della condotta silente del detenuto deve essere rimessa alla ponderata valutazione del Magistrato di Sorveglianza“.
La Consulta: “L’ergastolo ostativo è incostituzionale”
“Tornata sul nodo dell’ergastolo ostativo, con la celebre ordinanza del 15 aprile 2021 n. 97, la Consulta ha accertato l’incostituzionalità dell’ergastolo, ma non l’ha dichiarata, lasciando al Parlamento un anno di tempo per ‘affrontare la materia’ ed elaborare una modifica delle disposizioni di ordinamento penitenziario coerente con le censure della Corte al meccanismo e idonea a evitare le conseguenze di un intervento meramente ‘demolitorio’, tale da poter mettere a rischio, nell’ottica di quegli stessi giudici costituzionali, ‘il complessivo equilibrio della disciplina in esame e, soprattutto, le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva che essa persegue per contrastare il pervasivo e radicato fenomeno della criminalità mafiosa‘”.
“Dopo vari rinvii, dovuti anche allo scioglimento anticipato delle Camere, e con l’inaugurazione della nuova legislatura, l’intervento legislativo approvato dalla Camera il 31 marzo 2022, in vigenza del Governo Draghi, è stato trasposto nel decreto-legge 162/2022, convertito poi nella Legge n. 199 del 30 dicembre 2022“.
“All’udienza dell’8 novembre 2022, la Consulta ha deciso di restituire gli atti alla Corte di Cassazione, cui spetta di verificare gli effetti della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, nonché di procedere a una nuova valutazione della loro non manifesta infondatezza“.
Nuova normativa
Concentriamoci adesso sugli aggiornamenti più recenti a cui la misura carceraria è andata incontro ultimamente: “La modifica dei reati ostativi operata dal Governo Meloni con il D.l. n. 162/2022 ha eliminato (solo formalmente?) l’automatica esclusione dei benefici penitenziari per i condannati di reati ostativi che non collaborano con la giustizia“, ha spiegato Elena Cassella.
L’avvocato ha sottolineato una delle novità più consistenti della nuova normativa: “La presunzione di pericolosità che impedisce la concessione dei benefici e delle misure alternative a favore di tutti i condannati (anche all’ergastolo) per i cosiddetti reati ostativi, che non hanno collaborato con la giustizia, passa da assoluta a relativa“.
“Tuttavia, autorevoli giuristi non hanno perso tempo per evidenziare che la riforma sia stata tutt’altro che benevola, avendo provocato complessivamente un inasprimento piuttosto che un alleggerimento del regime dei delitti ostativi“.
Modifiche
Invitandoci a prestare attenzione a come l’ergastolo ostativo è stato modificato, la legale Cassella si è espressa così: “Da una prima analisi del decreto-legge n. 162/2022, emerge chiaramente che la collaborazione con la giustizia rimane la via maestra per ottenere i vari benefici penitenziari“.
“Tuttavia – ha aggiunto – vengono inserite delle nuove, stringenti e concomitanti condizioni, sulla scorta delle quali il condannato ostativo non collaborante può accedere ai benefici:
- il detenuto deve dimostrare di aver adempiuto alle obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o, comunque, dimostrare l’assoluta impossibilità di tale adempimento, allegando elementi specifici, diversi e ulteriori, rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza;
- il Giudice della Sorveglianza dovrà tenere conto anche delle circostanze personali e ambientali, nonché delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile;
- dovrà essere valutata anche l’esistenza di iniziative del detenuto a favore delle vittime, sia in forma di risarcimento che di percorso di giustizia riparativa“.
È stato comunque stabilito un limite di accesso alla liberazione condizionale, “nel caso di reati come associazione di stampo mafioso, scambio politico-elettorale di tipo mafioso, violenza sessuale su minori e di gruppo, tratta illecita di migranti, traffico illecito di sostanze stupefacenti, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile, detenzione e diffusione di pornografia minorile“.
“Questi soggetti – ha spiegato l’avvocato – non potranno essere ammessi alla liberazione condizionale se non hanno scontato almeno due terzi della pena temporanea o almeno 30 anni di pena, in caso di condanna all’ergastolo“.
Critiche
Sembra però che, per alcuni, i cambiamenti a cui è stato sottoposto il regime carcerario abbiano solo peggiorato la situazione: “Secondo alcuni commentatori, sarebbe peggiorativa, ad esempio, la scelta del legislatore governativo di estendere il regime ostativo anche ai delitti che non rientrano nel novero di quelli ‘ostativi’, previsti dall’art. 4 bis comma 1 o.p., ma che sono legati a questi da un nesso teleologico“.
“Secondo alcuni, troppo stringenti sembrerebbero anche i requisiti richiesti a chi non collabora con la giustizia, per poter accedere ai benefici penitenziari“.
“Altra critica – aggiunge – rileva l’irragionevolezza di aver previsto un identico iter istruttorio tanto per la richiesta di benefici ‘minori’ come i permessi premio quanto per il beneficio più ‘corposo’ della liberazione condizionale“.
“A proposito di liberazione condizionale, il decreto-legge aggrava i presupposti per la sua concessione, prevedendo che i detenuti ergastolani debbano aver scontato almeno trent’anni di carcere invece dei precedenti ventisei anni“.
“Si osserva che in questo modo il legislatore ha creato una marcata disparità di trattamento tra il condannato all’ergastolo che collabora con la giustizia, che può essere ammesso alla liberazione condizionale dopo 10 anni di pena e il detenuto che non collabora che dovrà attendere, per la stessa misura, il triplo del tempo“.
“Criticato anche il fatto di aver introdotto requisiti più gravosi di quelli previsti dalla Corte Costituzionale e non richiesti dalla Consulta, che aveva suggerito la strada di un iter istruttorio per il non collaborante, finalizzato a sondare le ragioni della non collaborazione e a verificare che il silenzio del condannato non fosse imputabile al perdurante legame con l’associazione criminale“.
“L’istruttoria prevista dal decreto-legge del Governo – continua l’avvocato – si estende invece all’esame di elementi ulteriori e diversi, come la riparazione pecuniaria, le iniziative a favore delle vittime e l’adempimento delle obbligazioni civili, che nulla hanno a che fare con la prova della dissociazione dall’organizzazione criminale“.
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Oggi, alla luce della novella legislativa, si può dare più speranza agli ergastolani “ostativi”? Ci sono davvero gli strumenti per uscire dal meccanismo delle “ostatività”?
“Bisognerà attendere specialmente la decisione della Cassazione che, semmai – ha risposto Elena Cassella – dovesse stabilire che la questione appare ancora rilevante e non manifestamente infondata, potrebbe ripassare la palla alla Consulta, dando la possibilità di pronunciarsi sull’incostituzionalità dell’intera disciplina“.
“L’ergastolo ostativo è un nodo giuridico da trattare con cura e da sciogliere: se il fine della pena è la risocializzazione del reo, la reclusione in carcere non può essere senza una fine“.
“L’ergastolo ostativo, come il carcere duro ex art. 41 bis ord. penitenziaro, solleva problemi di contemperamento e di limiti tra gli interessi primari in gioco: tutela dell’identità e della libertà personale e tutela della sicurezza collettiva“.
“Sono problemi di estrema gravità da affrontare in maniera responsabile ma seria, visto che, come sottolineato da Papa Francesco, è inumano punire per sempre, senza un fine pena certo e scritto“.
“Una punizione eterna è ‘una pena di morte nascosta‘, una morte civile che – conclude – ti tiene in uno stato di sofferenza insopportabile, perché è crudele far coincidere la fine della pena con la fine della vita“.
Ergastolo ostativo, come si è evoluto e perché non rispetta i principi costituzionali: intervista a Elena Cassella
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