MAZARA DEL VALLO – Colpo di scena al processo all’ex pm Maria Angioni, imputata davanti al giudice monocratico, di false informazioni a pubblico ministero.
L’ex magistrata, che indagò sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone sparita da Mazara del Vallo il primo settembre del 2004, e che a distanza di anni ha denunciato depistaggi nell’inchiesta, è accusata di aver mentito in più circostanze ai colleghi di Marsala.
Tra le contestazioni fatte ad Angioni quella di aver detto il falso a proposito dell’esistenza di una telecamera di sorveglianza che avrebbe potuto intercettare le conversazioni di Jessica Pulizzi, sorellastra della bambina all’epoca indagata, e che sarebbe stata disattivata dalla polizia dolosamente.
Al processo, come teste della difesa, ha deposto l’ex maresciallo dei carabinieri Francesco Lombardo, all’epoca della scomparsa di Denise, a capo della Polizia giudiziaria.
Lombardo l’anno scorso lavorava come consulente allo studio dell’avvocato Giacomo Frazzitta, legale di Piera Maggio, madre della bambina.
L’ex maresciallo ad aprile mandò un messaggio alla Angioni rivelandole l’esistenza di una seconda telecamera posizionata in via Pirandello il cui funzionamento non sarebbe stato prorogato.
Una mancanza che, a dire della difesa della Maggio e della stessa Angioni, avrebbe pregiudicato le indagini. Il messaggio è stato prodotto agli atti del processo.
Durante il controesame, su domanda del pm Roberto Piscitello, il teste ha invece ammesso di non sapere nulla della seconda telecamera e che le informazioni riferite erroneamente alla Angioni derivavano solo da quanto letto in alcune carte dello studio Frazzitta che però non è riuscito a indicare.
Al termine di un lungo processo Jessica è stata assolta dall’accusa di sequestro di persona. Un anno fa l’indagine sulla scomparsa di Denise è stata riaperta, anche sulla base della segnalazione della Angioni: nel registro degli indagati questa volta è stata iscritta la madre di Jessica, Anna Corona.
La Procura mesi fa ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta per mancanza di elementi sufficienti a chiedere il processo per la donna.