La sindrome dell’ovaio policistico

La sindrome dell’ovaio policistico

Massimo Buscema

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), che rappresenta la causa più frequente di disordini ovulatori nelle donne (presente fino al 70-90% di queste pazienti), è un’alterazione funzionale dell’ovaio con un aumento della produzione di androgeni, con ipo-anovularietà in cui spesso l’iperinsulinemia e l’insulino-resistenza giocano un ruolo patogenetico. 

La diagnosi viene fatta quando almeno due delle tre alterazioni che caratterizzano questa sindrome sono presenti, ossia l’iperandrogenismo (eccesso di ormoni androgeni, ad esempio il testosterone, normalmente presenti a basse concentrazioni anche nelle donne), le alterazioni dell’ovulazione (che spesso si manifestano con alterazioni della frequenza dei cicli mestruali ) e l’aspetto policistico dell’ovaio all’ecografia.

Per fare la diagnosi inoltre è necessario escludere altre cause di iperandrogenismo e di irregolarità dei cicli mestruali, ad esempio le patologie tiroidee, l’iperprolattinemia, l’ipercortisolismo, l’iperplasia surrenalica congenica, (carenza di un enzima con conseguente aumento degli androgeni surrenalici) o più raramente alcuni tumori ormono-secernenti.

La sindrome dell’ovaio policistico presenta quadri clinici eterogenei, nei quali a volte prevalgono le irregolarità del ciclo con l’oligo-anovularietà, l’infertilità o quadri in cui prevalgono le manifestazioni dell’iperandrogenismo con aumento della peluria (aumento dei peli terminali che si presentano più scuri e spessi, fisiologicamente localizzati in sede ascellare o pubica), comparsa di acne o di alopecia androgenica; uno studio condotto su un elevato numero di pazienti con segni clinici di iperandrogenismo ha evidenziato che nel 72% dei casi questo era secondario alla PCOS. Attraverso l’anamnesi, l’esame obiettivo e le indagini ormonali è importante ricercare queste alterazioni.

Bisogna però sottolineare che la sindrome dell’ovaio policistico non è caratterizzata soltanto dalle problematiche cliniche correlate al ciclo mestruale e all’eccesso di androgeni ma si associa ad un maggiore rischio di sviluppare alterazioni del metabolismo dei carboidrati come l’alterata glicemia a digiuno o l’intolleranza ai carboidrati (che configurano quadri di pre-diabete) o addirittura il diabete mellito tipo II; si stima ad esempio che la diagnosi di PCOS aumenta il rischio di DM tipo 2 dalle 5 alle 10 volte.

Dal 15% fino al 60% delle pazienti con PCOS presentano anche un quadro di steatosi epatica; se le pazienti sono anche affette da obesità è maggiore il rischio di sviluppare la sindrome delle apnee ostruttive del sonno.

Proprio per tale motivo le linee guida proposte dall’Endocrine Society consigliano di studiare le pazienti con PCOS anche dal punto di vista metabolico e più in generale del rischio cardiovascolare.  Consigliano di calcolare l’indice di massa corporea, BMI (che si ricava conoscendo il peso e dall’altezza) per classificare l’eventuale eccesso ponderale, di misurare la circonferenza vita espressione dell’accumulo di tessuto adiposo a livello viscerale, un importante fattore di rischio cardiovascolare, di misurare la pressione arteriosa, ed ancora di indagare la familiarità per malattie cardiovascolari e l’abitudine al fumo. Bisogna inoltre richiedere esami di laboratorio quali l’assetto lipidico e studiare il metabolismo dei carboidrati eseguendo la curva da carico orale di glucosio.

Le pazienti con la PCOS sono esposte anche ad un rischio tre volte maggiore rispetto alle altre donne di sviluppare il carcinoma endometriale; anche il rischio di depressione è maggiore nelle pazienti con PCOS.

Data l’eterogeneità dei quadri di presentazione della PCOS la terapia sarà differente in relazione a quale sia l’aspetto clinico più importante per la paziente.

Le modifiche dello stile di vita (attività fisica e la terapia dietetica) possono indurre un miglioramento del quadro metabolico, del rischio cardiovascolare e delle irregolarità del ciclo nelle pazienti con PCOS in sovrappeso ed obese.

La terapia di prima linea per le manifestazioni dell’iperandrogenismo e le irregolarità dei cicli è rappresentata dagli estro-progestinici; anche la metformina migliora la regolarità dei cicli e l’ovulazione; inoltre la metformina è da preferire nelle pazienti che presentano anche alterazioni del metabolismo dei carboidrati.

Il clomifene citrato (modulatore estrogenico) può essere il farmaco di scelta nelle pazienti con infertilità da anovularietà desiderose di intraprendere una gravidanza.

La PCOS è una sindrome complessa con una presentazione eterogena che necessita di un preciso inquadramento endocrino-metabolico, di una valutazione del rischio cardiovascolare della paziente e riconosce degli approcci terapeutici scelti in rapporto allo specifico quadro clinico della paziente.