PALERMO – Nel corso del processo a carico di Pietro Morreale, 20enne accusato di aver ucciso la fidanzata Roberta Siragusa, sarebbe emerso il tentativo del giovane di depistare le indagini sulla morte della giovane, uccisa a Caccamo la notte tra il 23 e il 24 gennaio dello scorso anno.
L’imputato avrebbe cercato di crearsi un alibi poche ore dopo il delitto quando inviò messaggi al telefono di Roberta fingendo, secondo gli investigatori, preoccupazione perché non era tornata a casa e dicendo che la famiglia la cercava disperatamente.
“Vita, Amo”, “Non ho potuto dormire”, “Mi hanno fatto mille chiamate tua madre e tuo frate”, “Dove sei?”, “Un’ora di sonno ho”. Questi alcuni messaggi che ha mandato Pietro Morreale a Roberta che, secondo i pm, era stata assassinata e bruciata vicino il campo sportivo di Caccamo.
Il maresciallo Cuccia, sentito in aula, ha riferito di avere incontrato Pietro Morreale, in compagnia del padre, davanti alla caserma di Caccamo.
Il giovane avrebbe riferito che Roberta, dopo una lite, si era data fuoco utilizzando della benzina che si trovava all’interno della propria autovettura.
Un racconto che sarebbe stato poi smentito dallo stesso padre che aveva riferito ai carabinieri che il figlio era rientrato a casa alle quattro e che alla notizia della morte di Roberta era svenuto.
Da quel momento sono iniziate le ricerche del corpo della giovane che poi venne trovato a Monte Rotondo in un dirupo.
Fonte foto: Facebook – Roberta Siragusa