PALERMO – Maxi risarcimento agli eredi di una vittima del dovere, per un totale di un milione e 300mila euro: dopo una lunga battaglia, lo studio legale Leone-Fell ottiene giustizia per la famiglia del vigile del fuoco palermitano, morto sul lavoro.
Aveva terminato un’operazione di soccorso e stava rientrando nella caserma dei vigili del fuoco di Palermo, ma, per un guasto al mezzo sul quale viaggiava, è precipitato in un burrone, perdendo la vita.
I figli hanno avanzato al Ministero la richiesta di riconoscimento di familiari di vittima del dovere, ma hanno ottenuto un rigetto proprio perché l’operazione di soccorso, a loro dire, era terminata.
Consapevoli di aver subito un torto, gli eredi si sono rivolti allo studio legale Leone-Fell & C. per ottenere la dovuta tutela. Con un ricorso al giudice del lavoro di Palermo, gli eredi del vigile del fuoco deceduto durante lo svolgimento del proprio lavoro hanno ottenuto il riconoscimento dello status di vittima del dovere e i relativi bonus previsti dalla normativa vigente per un totale di un milione e 300mila euro.
L’ex capo squadra, nel 1979, era stato inviato sulla SS 13 per soccorrere alcuni colleghi rimasti bloccati sull’automezzo in panne. Rimorchiato l’automezzo, mentre stava ritornando in caserma, la rottura improvvisa dei freni ha fatto sì che il veicolo in avaria finisse nel burrone, trascinando con sé anche il mezzo di soccorso.
“L’attività di soccorso effettuata dalla vittima – spiegano i legali Francesco Leone, Simona Fell e Pierluigi Fauzia che hanno difeso i figli – rientra fra quelle previste dalla Legge 266 del 23 dicembre 2005. Non capiamo infatti come il Ministero abbia potuto negare l’evidenza, rigettando la richiesta di riconoscimento dello status di vittima del dovere. Siamo lieti che il giudice abbia compreso le ragioni e ripristinato un diritto che per troppo tempo era stato negato loro”.
“Ebbene, nella specie, il recupero di un furgone in panne, appartenente proprio ai vigili del fuoco, e su disposizione del capo rimessa dei vigili del fuoco – spiega infatti il giudice del lavoro – va ricompresa tra le attività di servizio e tra le attività di soccorso di cui all’art. 1 comma 563, l. 266/2005 e di cui alla lett. b) del comma 2 dell’art. 24 succitato”.
A seguito di tale sentenza, i figli della vittima hanno ottenuto il riconoscimento dello status e i benefit a esso correlati: 1.500 euro al mese per 15 anni a testa, per un totale di un milione e 300mila euro complessivi.