Che futuro ci aspetta?

Che futuro ci aspetta?

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

Bronte, maggio 2015. Dopo periodi di crisi e mancanza di lavoro, sia in questo paese, che in molti comuni d’Italia, sono prossime le elezioni amministrative. Tutti gli aspiranti a una carica, improvvisamente, si interessano del proprio paese, fanno promesse ai cittadini, e di ritengono di riuscire a portare un po’ di lavoro in città. Ma come si fa a riconoscere se le intenzioni rimarranno soltanto parole? Si chiedono i giovani: “Come facciamo a sapere se costoro porteranno aria nuova nel paese?” Al giorno d’oggi, potremmo asserire, si candida chiunque. C’è chi crede di poter cambiare qualcosa e forse chi solo per prendere denaro e “sistemarsi”.

Ci sarebbe da chiedersi se i giovani votano una persona perché credono abbia i requisiti morali e le competenze necessarie, o soltanto perché abbindolati da aspetti esteriori o perchè taluni promettono di agevolarli nel trovare un lavoro, o ancora favori che magari non saranno in grado di adempiere.

Queste sono le domande più frequenti che in generale un po’ tutti i neoelettori si pongono, anche se nessuno – in realtà – alla fine riesce a trovare la soluzione concreta per cambiare qualcosa. Dunque “Che futuro avremo noi giovani? Noi che dovremmo essere già il futuro. E come facciamo a essere il futuro, se i politici non ci danno la possibilità di crearlo?”

Non è morale, né quantomeno dignitoso che al giorno d’oggi ci siano famiglie senza un membro che lavori, e uomini che non riescono neanche a comprarsi il cibo. Perché, verrebbe da chiedersi?

I disillusi radicali risponderebbero: ”La fotografia di molti politici in Italia sembra rispondente a quella di una mandria di arrivisti e la società sembra modellata sui individui “raccomandati” che vanno avanti e si assicurano un impiego. Buona parte di questi senza aver mai fatto sforzi.

Non è inverosimile pensare che ci siano anche persone che non sanno dichiarare neppure che lavoro svolgono. A questi fanno da contraltare quelli che, invece, con tanti sacrifici e tanto sforzo hanno cercato di portarsi avanti e poi vengono bloccati da persone che si credono di valore, quando poi riescono ad ottenere soltanto risultati mediocri!  E allora, è forte la voglia nei giovani di chiedersi: “Perchè non partecipare a queste elezioni, dando un voto concreto e non ricorrere all’imbonitore di turno, cercando di iniziare a sistemare  le cose, partendo da noi e stare alla larga dalle promesse di comodo?”

Un segnale che darebbe la dimensione giovane, la primavera di chi vuol reagire alla sfiducia massificante.