Stato-Mafia, la deposizione di Lo Verso: “Per uscire da Cosa Nostra o muori o collabori”

Stato-Mafia, la deposizione di Lo Verso: “Per uscire da Cosa Nostra o muori o collabori”

PALERMO – “Io volevo parlare solo con il pm Di Matteo, perché era la persona più temuta dalla mafia villabatese e bagherese. Io avevo paura di parlare con altri, diffidavo di tutti, dai magistrati ai carabinieri. Avevo paura. Non è un caso che Bernardo Provenzano è rimasto libero così a lungo, non sono stato certo io bravo a garantire la sua latitanza…”.

Lo ha detto il pentito di mafia Stefano Lo Verso deponendo al processo d’appello a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, imputati per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra per la mancata cattura del boss Provenzano nel ’95.

In giacca e cravatta, con le sneakers ai piedi, Lo Verso depone nascosto dietro un paravento sanitario per non essere visto. Il pentito collabora dal 2011. “Ma già nel 2005 volevo iniziare a collaborare, però avevo paura per la mia famiglia – spiega oggi – Se avessi iniziato a collaborare nel 2005, Provenzano sarebbe stato arrestato già quell’anno, non nel 2006. Sapevo che era a Corleone, anche se non conoscevo il punto preciso in cui stava e conoscevo la strada per arrivarci”.

“Ho iniziato a collaborare con la giustizia da uomo libero, perché volevo dare un taglio al passato e dare un futuro migliore a mia moglie e ai miei figli. Solo con un taglio definitivo si può lasciare la mafia. O bisogna tagliare o si muore. Io ho scelto di chiudere con la mafia e di recidere il cordone ombelicale con Cosa nostra”.

Così il pentito di mafia Stefano Lo Verso racconta al processo d’appello a Mario Mori e a Mauro Obinu la decisione di collaborare con la giustizia. Lo Verso ha iniziato a collaborare con i magistrati nel febbraio 2011, da uomo libero. “Sono stato arrestato il 31 gennaio 2005 nel processo Grande mandamento per 416 bis e scarcerato nel maggio 2009. Mi contestavano di avere veicolato i pizzini e favorito la latitanza di Bernardo Provenzano e averlo assistito. Poi sono stato arrestato per detenzione di arma nel dicembre 2009 e scarcerato nell’aprile 2010”, dice Lo Verso.

Ma l’intenzione di collaborare risale al 2005. Come racconta, nascosto dietro un paravento lo stesso pentito: “Prima della collaborazione nel 2011, già nel 2005, quando fui arrestato, ero pentito per quello che avevo fatto. Quando fui portato nel carcere di massima sicurezza di Spoleto era un cimitero dei vivi. In quel momento ho iniziato a pensare di tagliare con la mafia. Io scrivevo al dottor Prestipino (ex pm di Palermo e oggi Procuratore aggiunto a Roma) per essere sentito, ma la notte pensavo e cambiavo idea e la mattina riprendevo la lettera perché avevo paura che la cosa si venisse a sapere. Non ho collaborato subito perché temevo per i miei familiari. Nel 2005 parlai con il cappellano del carcere di Spoleto al quale ho fatto capire la mia intenzione”.