“Ei fu”, è l’inizio di una delle più celebri poesie della letteratura italiana. Quel verso, così lapidario, Alessandro Manzoni lo dedicava a Napoleone Bonaparte, deceduto il 5 maggio 1821. Oggi ricorre il bicentenario della morte del generale francese, uno dei personaggi storici che ha segnato la storia contemporanea.
Ebbe una vita segnata dai successi, eppure esalò l’ultimo respiro in esilio, lontano dal lusso e dalla fama che avevano caratterizzato i suoi giorni migliori. “Semi-divinità” nella vita, uomo comune nella morte: è questo il ritratto che Manzoni riproduce in un testo ricco di riflessione e protagonista in ogni libro di letteratura italiana.
Se è vero che la letteratura offre uno sguardo sul mondo e i suoi abitanti, la poesia di Manzoni garantisce un ritratto di Napoleone che completa in modo singolare il quadro delle informazioni riportate sui libri di storia.
Chi era Napoleone? Dai successi da generale all’esilio
Di fronte al nome “Napoleone”, la mente di chiunque rievoca l’immagine di un generale fiero, in groppa al suo amato cavallo, consapevole di essere degno di un posto sui libri di storia. Nato ad Ajaccio (Corsica) il 15 agosto del 1769, dedicò la propria vita all’arte militare, alle politiche di conquista e all’Impero “plasmato” grazie alle tante vittorie. In una Francia sconvolta dalla Rivoluzione del 1789, Napoleone riuscì a prendere il controllo del Paese con il colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre 1799) e ad assumere il titolo di “Imperatore dei francesi” nel 1804.
Dalla campagna d’Egitto al potere in Italia, i successi militari del generale Bonaparte furono innumerevoli. Tanti nemici e “colleghi” temevano Napoleone, altri trovavano ammirevole la forza e la determinazione, spesso violenta, con la quale si imponeva sullo scenario europeo in una fase molto delicata della storia.
La sua potenza non fu solo militare, però. Napoleone ebbe un impatto non indifferente sulla cultura e sulla società: il Codice Civile Napoleonico, considerato da modello di molti prodotti legislativi successivi, fu un compendio di idee dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese che ancora oggi non lascia indifferenti gli appassionati di storia e di legge.
La disastrosa campagna in Russia e la sconfitta nella battaglia di Lipsia (1813) segnarono il declino del potere napoleonico in Europa. Costretto ad abdicare e ad andare in esilio nell’isola d’Elba, Napoleone si trovò per la prima volta privo della potenza che aveva bramato dalla gioventù. Non durò molto: il generale riuscì a sfuggire al primo esilio, riconquistando il potere in Francia.
Cento giorni… Fu il tempo trascorso tra la “resurrezione” e la sconfitta definitiva a Waterloo nel 1815. Dopo venne il crudele destino: morire a Longwood (isola di Sant’Elena, in mezzo all’Oceano Pacifico), circondato da un piccolo gruppo di fedeli e sorvegliato costantemente dai disprezzati militari inglesi.
Il 5 maggio di Alessandro Manzoni
Scritta di getto nell’arco di appena tre giorni, il “5 maggio” di Alessandro Manzoni rappresenta un capolavoro inestimabile della poesia italiana.
Si parla sì della morte di Napoleone, quel generale che con i suoi successi militari tenne letteralmente “sotto scacco” l’Europa per diversi anni, ma nelle parole di Manzoni c’è molto di più che un resoconto: c’è la storia di una vita umana, segnata dal successo ma anche dal crollo repentino, conclusa dall’azione inesorabile della Provvidenza, unica vera “regina” della storia.
Il nome del generale non viene mai fatto esplicitamente, non è importante: Napoleone non è “Napoleone” nel testo manzoniano, ma un uomo “travolto” dal disegno divino, che lo rese grande in vita ma umile nella morte. La poesia è sempre emozione, ma in questo caso la sensibilità manzoniana trasforma le parole in fonte di riflessione, valida in ogni tempo e luogo.
Conclusione: “Fu vera gloria?”
“Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar”.
È questa una delle frasi più celebri dell’intero poema di Alessandro Manzoni. Nella sua semplicità, la domanda “Fu vera gloria?” tormenta chiunque ancora oggi. Possiamo dire che Napoleone conservò la sua potenza anche nell’umile morte? E come si misura il potere? Forse la corona e le armi da generale lo resero più forte di fronte alla morte?
Le riflessioni sono talmente tante che, forse, tentando di rispondere si rischierebbe di scadere nel banale. Quel che è certo è che 200 anni fa moriva un personaggio storico, ma prima di tutto un uomo.
E che siano le sue azioni storiche o il ricordo manzoniano a rendere la figura di Napoleone così curiosa poco importa: di sicuro, si tratta di un uomo il cui impatto difficilmente cadrà nell’oblio con il trascorrere del tempo.
Immagine di Jacques-Louis David da Wikimedia Commons