Qual è il ruolo dello psicologo in un reparto di Ostetricia-Ginecologia e soprattutto nell’emergenza COVID-19

Qual è il ruolo dello psicologo in un reparto di Ostetricia-Ginecologia e soprattutto nell’emergenza COVID-19

Sono felice di inaugurare un nuovo spazio della mia rubrica dedicata alla psicologia in cui cercherò di raccontarvi le tante facce della psicologia e i diversi contesti in cui uno psicologo può operare per la promozione del benessere e il miglioramento della qualità di vita. Oggi a raccontare la sua esperienza ai lettori di NewSicilia è la dottoressa Maria Pistillo, psicologa perinatale e psicoterapeuta che lavora nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Umberto I di Enna e ci parlerà del ruolo dello psicologo nel supporto alle donne in gravidanza, soprattutto in un periodo delicato come quello del Covid-19.

Il ruolo dello psicologo nel supporto alle donne in gravidanza

La gravidanza è un evento che comporta un grande cambiamento nella vita di una donna e della coppia, ed è fra i cambiamenti quello più marcato da un’intensa pregnanza affettiva.

Si tratta di un vero e proprio passaggio centrale nell’esistenza di una donna. Talvolta però può accadere che la donna vada incontro a problemi organici legati alla sfera ostetrica e/o ginecologica, che mettono alla prova l’equilibrio emotivo e relazionale. Interventi chirurgici, patologie ginecologiche o ostetriche, puerperio, e post partum difficili, possono compromettere la qualità della vita di una donna e dell’intera famiglia. Dunque, l’intervento psicologico in un reparto di ostetricia e ginecologia può aiutare la paziente ad affrontare meglio le difficoltà emotive che possono insorgere in queste situazioni, permettendole di riacquistare nuovamente un equilibrio psicofisico.

La responsabilità che abbiamo noi psicologi è veramente grande, rispetto a quello che si può pensare; spesso, oltre le ansie che queste donne fanno emergere sul contrarre il Coronavirus, c’è anche una forma di negazione che un pò crea una forma di protezione dal sentirsi troppo angosciate. Soprattutto in questi casi, è necessario attenzionare alcuni segnali sottintesi, perché spesso possono essere sottaciuti e messi in ombra dalla maternità/ genitorialità. Questi possono compromettere l’equilibrio emotivo e relazionale della donna, perché la maternità slatentizza le fragilità e punta i riflettori su zone d’ombra costringendo la donna a fare i conti con le proprie parti più fragili.



Un altro aspetto è lo stress a cui le donne in gravidanza e post partum potrebbero essere sottoposte in questo periodo così instabile e privo di sicurezze. Oggi sappiamo che dalla salute psicologica gravidica e postnatale della madre (e del padre), dipende la salute psicologica del bambino e più piccolo è il bambino più questo è evidente e le conseguenze rischiano di essere pesanti (Stein et al. 2014, Weng et al. 2015). Sappiamo che lo stress prolungato in gravidanza e nel post partum può alterare i profili di alcuni parametri materno fetali, quindi avere conseguenze sia sulla condizione psicologica materna che sullo sviluppo emotivo, cognitivo e relazionale del bambino (Kingston e Mughal, 2018).

Le donne che stanno partorendo in questo periodo di emergenza hanno ulteriori ansie del tipo che l’ospedale non è più un luogo sicuro, divise tra quelle che reclamano la presenza del partner al parto e quelle che hanno paura che il partner di un’altra donna possa essere positivo; donne che hanno paura per il loro figlio e per se stesse, che dovranno partorire in completa solitudine, che dovranno purtroppo contare solo su se stesse. Alla luce di tutto ciò, tutte le donne hanno bisogno del supporto di una figura specifica con competenze perinatali, affinché possa risollevare le sue insicurezze e far puntare il tutto sulle risorse personali.

Il Coronavirus può essere pericoloso per chi è fragile e questo è evidente che non vale solo per il corpo ma anche per la mente. Di conseguenza, grazie allo psicologo perinatale in reparto prima e poi attraverso l’utilizzo dei dispositivi elettronici come forma di supporto dopo la dimissione ospedaliera, si possono evitare le burrasche che talvolta la maternità pone innanzi alle donne. In un periodo come questo, con una pandemia e un’emergenza in corso, è veramente molto difficile pensare al divenire genitori. In particolare, donne che hanno sintomi ansiosi o un disturbo d’ansia e/ o di depressione rischiano di far emergere addirittura comportamenti estremi per sé e per il proprio bambino.

Oggi ci possiamo avvalere anche dei dispositivi elettronici che facilitano la tracciabilità di tutte quelle donne vulnerabili a partire dagli ambulatori di ostetricia, durante il ricovero ospedaliero e anche nella fase del post partum, strutturando una nuova forma di home-visiting attraverso i dispositivi elettronici che ci consentono di accorciare del tutto le distanze, avendo la possibilità di agire sia in virtù della prevenzione che del trattamento ove vi sia la necessità”.