CALTANISSETTA – La partenza per Roma, un commando dai nomi “pesanti” e una missione: uccidere i giornalisti e Giovanni Falcone per allentare la pressione mediatica sulla Sicilia delle stragi di mafia perpetrate dalla Cosa Nostra di Totò Riina. Questo sarebbe, a grandi linee, quanto detto dal pentito Francesco Geraci, chiamato a deporre come teste questa mattina all’udienza del processo sulla strage di Capaci che si celebra in Corte d’Assise d’Appello a Caltanissetta.
Geraci sarebbe stato chiamato a deporre dalla Procura per fornire nuovi dettagli sulla cosiddetta “missione romana“, nella quale, oltre a Falcone (ai tempi direttore degli Affari penali al Ministero della Giustizia), sarebbero dovuti essere uccisi: Maurizio Costanzo, Michele Santoro e Pippo Baudo. Secondo le parole del collaboratore di giustizia, alla volta della Capitale sarebbe partito un commando composto, oltre Geraci, da: Matteo Messina Denaro, Renzo Tinnirello, Enzo Sinacori, Giuseppe Graviano e Fifetto Cristofaro.
Sempre secondo le dichiarazioni rilasciate da Geraci, l’obiettivo era la “testa” di Giovanni Falcone e dei tre sopracitati giornalisti di spicco, in modo da concentrare l’attenzione mediatica dalla Sicilia al centro Italia. I componenti del commando sarebbero sempre usciti in gruppi separati, con ogni coppia che aveva, sempre secondo le dichiarazioni, un compito ben preciso nel quadro criminoso. I giornalisti sarebbero dovuti essere uccisi mettendo del tritolo in un bidone dell’immondizia o in una macchina vicino al teatro dove si registrava il Maurizio Costanzo Show. Geraci avrebbe inoltre dichiarato, in tal senso, di essere andato a fare un sopralluogo assieme a Sinacori.
Per la “trasferta” romana, il pentito avrebbe dichiarato che Messina Denaro diede 5 milioni di lire a ciascun partecipante. Per quanto concerne il discorso relativo alle armi, Geraci avrebbe detto di averle viste solo a Mazara del Vallo (Trapani), durante i preparativi del “viaggio di lavoro”. Il collaboratore di giustizia avrebbe parlato di kalashnikov provati da Matteo Messina Denaro ed Enzo Sinacori, di pistole e di “moltissime armi“. Una trasferta che sarebbe durata 9 giorni, fino a quando non sarebbe arrivato l’ordine di tornare in Sicilia.
Nell’udienza di oggi era stato citato anche Giovanni Peluso, un ex poliziotto accusato di aver ricoperto un ruolo nella strage di Capaci, ma non si sarebbe presentato. Il processo riprenderà il 25 febbraio, quando verrà sentito proprio Peluso.
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