I giovani che hanno smesso di sognare. Lo specchio di una società “malata”, ma non senza speranze

I giovani che hanno smesso di sognare. Lo specchio di una società “malata”, ma non senza speranze

PALERMO – Sono tempi duri, inutile nasconderlo. Tempi duri per il lavoro, i valori, la serenità. I problemi che ogni giorno si devono affrontare, soprattutto in ambito economico, demotivano la gente e, in particolar modo, i giovani, la principale speranza per il futuro. Un futuro che, però, è sempre più incerto per tutti.

Se da un lato ci sono giovani che credono in qualcosa e fanno di tutto per portarla avanti e portarsi avanti, il rovescio della medaglia vede un’altra grande fetta di teenagers svogliati e senza motivazioni; fatto grave, soprattutto perché l’età adolescenziale è il periodo di vita in cui i sogni e le aspirazioni, unite al coraggio e alla sana ingenuità giovanile, dovrebbero essere un motore inesauribile di speranza e voglia di fare.

Ma quali sono i motivi e le problematiche, oltre al fatto economico, che spingono un numero sempre maggiore di giovani a perdere quella voglia, quel coraggio, quei valori e quei sogni che, in un modo o nell’altro, aiutano ad affrontare ogni difficoltà? A rispondere a questa domanda ci ha pensato lo psicologo dottor Davide Ferlito, il quale ha sfruttato la sua esperienza e il suo sapere, soprattutto in ambito psicologico, per affrontare e cercare una spiegazione al problema: “I cambiamenti socio-culturali a cui abbiamo assistito e continuiamo ad assistere svolgono un ruolo significativo sul modo con cui i giovani, ma non solo, vivono la propria progettualità e si confrontano con i propri ideali. Ognuno di noi, infatti, deve scontrarsi contro una condizione di incertezza del proprio futuro, sia da un punto di vista economico che emozionale. Da un lato, infatti, oggi più di ieri, del domani non c’è certezza, viste le scarse prospettive lavorative a cui si va incontro e, dall’altro, tuttavia, viene richiesto di diventare rapidamente persone di successo. In questa ambivalenza si perde la connessione tra passato, presente e futuro, che vengono vissuti come incontrollabili”.

“Le zone di confort – prosegue Ferlito – diventano sempre più oggetto di desiderio, spingendo, talvolta, a lunghe permanenze in famiglia, e ad evitare tutte quelle novità che possono rompere l’idillio. Di fronte a tali condizioni, i propri valori assumono una diversa connotazione, scontrandosi contro una dura realtà a cui sembra di non poter porre rimedio. Si smette di lottare perché si finisce per rifugiarsi in una condizione che, pur essendo oggetto di potenziale sofferenza, è allo stesso tempo nota e, quindi, confortevole. I propri valori vengono, di conseguenza, rintanati all’interno di una dimensione ideale ma non fattuale, in modo da poter credere senza cambiare”.

Forse è la paura a spingere gli adolescenti a non andare avanti; una paura indotta da ciò che ogni giorno arriva all’orecchio dei più, che spinge chi dovrebbe e potrebbe ancora andare avanti a rimanere indietro, attaccato a ciò che lo fa sentire più protetto, la famiglia, ma che, allo stesso tempo e indirettamente, lo frena. In tal senso, i sogni, oltre che la famiglia stessa, dovrebbero aiutare chi vive in questa condizione psicologica a “svegliarsi” da questa sorta di limbo. Ma non sempre i sogni riescono nel loro intento: “Di fronte a un presente e a un futuro vissuto come pericoloso e incerto – continua il dottor Ferlito –, i propri sogni e desideri vengono messi in stand by. Ci si rifugia nell’idea che essi rimarranno ipotetici e ciò, inevitabilmente, va a inficiare la motivazione nel perseguirli. In sostanza, di fronte a una condizione che si reputa insuperabile si alza bandiera bianca ma, così facendo, si finisce per renderla tale, andando a confermare proprio tale premessa. Tale forma di mancato intervento garantisce, inoltre, il venir meno delle proprie responsabilità e il mantenimento della propria zona di confort. Sebbene ogni caso vada valutato nelle sue specificità, possiamo considerare tale processo circolare come una delle cause dello sconforto e della demotivazione che ha invaso la società contemporanea”.

Ovviamente non deve passare l’idea secondo la quale “tutto è perduto“. Le soluzioni ci sono e chi vive in questa situazione di sconforto (tra giovani e non i casi, purtroppo, sono tanti), va aiutato. Non sono però solo gli affetti a dovere dare una spinta in più. Bisogna lavorare anche e soprattutto su se stessi, “Occorre lavorare – ha dichiarato Ferlito – per creare una nuova connessione tra passato, presente e futuro, una narrazione innovativa di sé che veda quei valori non solo come idee fragili di fronte a una realtà insormontabile, ma come obiettivi perseguiti e perseguibili attraverso i propri mezzi. D’altronde, se questi valori sono parte indiscussa della propria identità, bisogna, però, contrastarne la premessa secondo la quale non si abbiamo le possibilità o le capacità per portarli avanti. Capire in che momento della propria vita si è insidiata l’idea secondo la quale non si abbiano le forze per lottare, sottolineando quelle ‘eccezioni’ che non suscitano la nostra curiosità, per ripartire da un presente più modellabile, è la base per costruire un futuro diverso, lontano da quello previsto”.

E solo dopo aver lavorato su se stessi, automotivandosi e trovando la serenità interiore, si può parlare di cosa può fare la stessa società che ci circonda per dare speranze a chiunque, dai più giovani ai meno. Perché le soluzioni ci sono, nonostante il periodo storico difficile. Come invogliare i giovani, dunque, a non abbattersi? “Andrebbero spronati – ha concluso Ferlito – a partecipare ad attività che facilitino la messa in gioco e la conseguente scoperta delle proprie capacità. Che si tratti di volontariato, di eventi culturali e sociali o solamente di momenti di svago, è importante che gli adulti, in generale, e i genitori, nello specifico, promuovano nei più piccoli un processo di sperimentazione, evitando di sostituirsi a loro e rimanendo in una posizione di guida non partecipante. Trasmettere il messaggio che sia possibile svolgere delle attività con successo, crea le premesse per rendere tangibili quei valori che si vanno a strutturare nel corso del tempo. Tutto ciò permetterà di passare dal vorrei ma non posso, al posso perché voglio, facilitando l’idea di un futuro ricco di fiducia e speranza, dove sia possibile porsi e realizzare mete ambiziose e lottare per quel che si crede“.

Gli esempi ci sono, come l’iniziativa LAB, una mostra che può essere vista come un’ancora per chi non crede in un futuro migliore o nelle proprie capacità. La speranza, soprattutto a una certa età, non può lasciarci. I sogni sono il motore, noi stessi la macchina e i nostri affetti le ruote che ci aiutano a seguire la giusta via. Crederci è l’imperativo, il verbo “mollare” deve essere bandito.

Immagine di repertorio