CATANIA – Sedici anni fa, un certo Carlo Mazzone, al tempo allenatore del Brescia, correva sotto la curva dell’Atalanta dopo il pareggio rocambolesco di Roberto Baggio che chiuse il match sul 3-3. Una corsa per tutto il campo che stette a significare una cosa sola: rinfacciare alla tifoseria avversaria che i fischi rifilatigli erano inutili.
Sempre di allenatori parliamo, anche se di dinamica e intenzioni totalmente diverse, quando ci rifacciamo alla corsa di Mario Petrone alla rete di Maks Barisic che ha portato al Catania tre fondamentali punti. Uno sprint sotto la propria tifoseria, quel pugno alzato che simboleggia la voglia e la grinta di portare il derby a casa. L’abbraccio con la squadra, simile al Simeone di turno. È anche per questo che il Catania di ieri era diverso.
I rossazzurri hanno sconfitto in rimonta il Messina, dopo l’espulsione dopo 7′ di Gil e al successivo rigore trasformato da Milinkovic. A rispondere sono stati Pozzebon e Barisic, correlati dalla parità numerica con il rosso di Da Silva per i peloritani. Il Catania ha vinto in trasferta, Petrone ha lasciato già il segno lì, fuori dalle mura amiche dove in pochi forse credevano che sarebbe potuto arrivare un successo così, al cardiopalmo è sicuramente inaspettato per l’andamento della partita.
In un terreno di gioco in pessime condizioni, sia Catania, sia Messina si sono date battaglia come meglio potevano: alla mezz’ora del primo tempo, il campo era impraticabile. I peloritani giocano bene e hanno le occasioni più importanti nella prima frazione e devono ringraziare Anastasi per l’iniziale espulsione di Gil. Tutti però si devono arrendere ad un Pisseri più che in giornata, da 8 pieno in pagella. La prima sorpresa del match è stata sicuramente non vedere Parisi entrare in campo subito dopo l’espulsione: Petrone ha infatti preferito cambiare modulo ma tenere gli stessi giocatori, senza sostituirne nessuno, perché quella partita era stata preparata bene da quei calciatori e quegli undici, divenuti dieci, dovevano rimanere tutti in campo. Il Catania si traveste quindi con un 3-5-2 arretrando Russotto e anche Tavares, che recitava il ruolo di una specie di trequartista incontrista, in grado di tenere i palloni e di giocarli per i compagni. C’è già equilibrio, anche se è comunque il Messina a dettare i ritmi del gioco.
La squadra corre, tutti si sacrificano in un modo e in un altro ma per impensierire Berardi serve qualcosa in più che il solo Pozzebon non può dare. Quindi, con un ragionamento per assurdo, l’episodio che cambia la partita in meglio per i rossazzurri è il vantaggio del Messina. Dubbio il contatto tra Russotto e Anastasi, ma l’arbitro in quel contesto può dare o non dare il calcio di rigore. Milinkovic trasforma e batte Pisseri, che stavolta non può nulla.
Ad Agrigento, il goal del vantaggio etneo aveva fatto l’effetto contrario e ieri a Messina è successa la stessa cosa ma invertendo i ruoli. Nonostante questo, Petrone inserisce Parisi per Russotto, troppo stanco ma comunque autore di un’ottima partita. Subito dopo dentro anche Barisic, l’uomo decisivo.
I giallorossi padroni di casa hanno perso la partita probabilmente per un cambio mancato da parte del tecnico Lucarelli, che nel post-partita ha ammesso che Da Silva andava tolto subito dopo il giallo. Ed invece resta in campo, si innervosisce e fa un fallaccio che gli costa la seconda ammonizione. E i rossazzurri corrono di più, capendo che è quello il momento giusto per colpire l’avversario.
Si dice che la fortuna aiuta gli audaci e Pozzebon evidentemente è uno di questi: solo per tutta la partita, trafigge un colpevole Berardi in quell’occasione con la scapola e tutti vanno sotto lo spicchio di tifosi rossazzurri, esultando e “smaltendo” la tensione venutasi a creare durante tutta la partita. Certo, il Messina era in controllo e non concedeva tanti spazi al Catania, il nervosismo era tanto in campo.
Sotto una pioggia battente però le due squadre, certamente stanche dopo una partita comunque combattuta e, lo ripetiamo, giocata dalle due squadre nel miglior modo possibile, si allungano e gli spazi vengono concessi. I giallorossi hanno delle occasioni importantissime per chiudere il discorso derby sull’1-1, in particolare con Rea, servito da Milinkovic. Ma il francese ha sulla coscienza l’azione prima del pari etneo, quando non serve il suo compagno in area tutto solo partendo in contropiede (bravissimo Djordjevic in quell’occasione a chiudere).
Arriva il rigore per il Catania, Pozzebon potrebbe esultare ancora ma il tiro va fuori. I rossazzurri continuano a non demordere e alla fine ci voleva un goal d’istinto, forse dall’uomo meno atteso che però ha già timbrato due volte il cartellino con Mario Petrone: Maks Barisic si coordina in maniera splendida e sorprende Berardi, che lì non ha come respingerla. Nel frattempo i tifosi etnei gioiscono come probabilmente non hanno mai fatto in tutto questo campionato e si godono quella corsa di Petrone di cui parlavamo all’inizio.
Tanto criticato all’inizio, quanto elogiato adesso: è una vittoria importantissima per il Catania, ma ci sarà la “terza prova” per il tecnico rossazzurro in casa contro il Melfi e quella partita che nasconde tantissime insidie sarà quella della consacrazione per Petrone? Oppure ci sarà un passo falso? L’entusiasmo è tanto, ma c’è da rimanere saldi coi piedi per terra, perché l’undicesima piazza è staccata di sole tre lunghezze. La classifica dice che sei squadre sono imbottigliate in due punti e c’è ancora un mini campionato da giocare, quello che porta ai playoff.
Dall’altro braccio della bilancia c’è un Messina che ha lottato e ha sfiorato la vittoria, poi però dall’espulsione di Da Silva qualcosa non ha più funzionato, la squadra si è disunita e Lucarelli ha incassato la sua seconda sconfitta interna da quando è tecnico giallorosso. La zona playout dista tre punti e il prossimo match contro il Monopoli sarà fondamentale. Probabilmente, se i peloritani avessero giocato con un difensore in più avrebbero portato a casa almeno il pari. Con i se e i ma, però, non si fa calcio e il risultato è di 1-2.
Pietro Lo Monaco, ad rossazzurro, ha dichiarato a ISP che sono stati i più forti a vincere, venerdì invece aveva parlato di 20 punti di differenza tra le due squadre: un divario netto che il campo, con tutte le insidie che ha riportato, ha ridotto ma non ha cancellato del tutto.
La differenza l’ha fatta la grinta di un Catania che forse il Messina non aveva calcolato, il coraggio di lottare fino all’ultimo, con una mentalità diversa che tutti i tifosi etnei sperano sia di buon auspicio già per il prossimo match contro il Melfi ma anche per la successiva importantissima trasferta di Lecce. I rossazzurri non potevano sbagliare e Petrone lo sapeva benissimo. Le attese sono state rispettate e il Catania ha fatto suo un derby in trasferta, cosa che mancava da quel 4 marzo 2009: Palermo-Catania 0-4.
(foto: Filippo Galtieri)
Un epilogo batticuore manda il Catania in estasi: dopo 16 anni, Messina ko in casa nel derby
CATANIA – Sedici anni fa, un certo Carlo Mazzone, al tempo allenatore del Brescia, correva sotto la curva dell’Atalanta dopo il pareggio rocambolesco di Roberto Baggio che chiuse il match sul 3-3. Una corsa per tutto il campo che stette a significare una cosa sola: rinfacciare alla tifoseria avversaria che i fischi rifilatigli erano inutili.
Sempre di allenatori parliamo, anche se di dinamica e intenzioni totalmente diverse, quando ci rifacciamo alla corsa di Mario Petrone alla rete di Maks Barisic che ha portato al Catania tre fondamentali punti. Uno sprint sotto la propria tifoseria, quel pugno alzato che simboleggia la voglia e la grinta di portare il derby a casa. L’abbraccio con la squadra, simile al Simeone di turno. È anche per questo che il Catania di ieri era diverso.
I rossazzurri hanno sconfitto in rimonta il Messina, dopo l’espulsione dopo 7′ di Gil e al successivo rigore trasformato da Milinkovic. A rispondere sono stati Pozzebon e Barisic, correlati dalla parità numerica con il rosso di Da Silva per i peloritani. Il Catania ha vinto in trasferta, Petrone ha lasciato già il segno lì, fuori dalle mura amiche dove in pochi forse credevano che sarebbe potuto arrivare un successo così, al cardiopalmo è sicuramente inaspettato per l’andamento della partita.
In un terreno di gioco in pessime condizioni, sia Catania, sia Messina si sono date battaglia come meglio potevano: alla mezz’ora del primo tempo, il campo era impraticabile. I peloritani giocano bene e hanno le occasioni più importanti nella prima frazione e devono ringraziare Anastasi per l’iniziale espulsione di Gil. Tutti però si devono arrendere ad un Pisseri più che in giornata, da 8 pieno in pagella. La prima sorpresa del match è stata sicuramente non vedere Parisi entrare in campo subito dopo l’espulsione: Petrone ha infatti preferito cambiare modulo ma tenere gli stessi giocatori, senza sostituirne nessuno, perché quella partita era stata preparata bene da quei calciatori e quegli undici, divenuti dieci, dovevano rimanere tutti in campo. Il Catania si traveste quindi con un 3-5-2 arretrando Russotto e anche Tavares, che recitava il ruolo di una specie di trequartista incontrista, in grado di tenere i palloni e di giocarli per i compagni. C’è già equilibrio, anche se è comunque il Messina a dettare i ritmi del gioco.
La squadra corre, tutti si sacrificano in un modo e in un altro ma per impensierire Berardi serve qualcosa in più che il solo Pozzebon non può dare. Quindi, con un ragionamento per assurdo, l’episodio che cambia la partita in meglio per i rossazzurri è il vantaggio del Messina. Dubbio il contatto tra Russotto e Anastasi, ma l’arbitro in quel contesto può dare o non dare il calcio di rigore. Milinkovic trasforma e batte Pisseri, che stavolta non può nulla.
Ad Agrigento, il goal del vantaggio etneo aveva fatto l’effetto contrario e ieri a Messina è successa la stessa cosa ma invertendo i ruoli. Nonostante questo, Petrone inserisce Parisi per Russotto, troppo stanco ma comunque autore di un’ottima partita. Subito dopo dentro anche Barisic, l’uomo decisivo.
I giallorossi padroni di casa hanno perso la partita probabilmente per un cambio mancato da parte del tecnico Lucarelli, che nel post-partita ha ammesso che Da Silva andava tolto subito dopo il giallo. Ed invece resta in campo, si innervosisce e fa un fallaccio che gli costa la seconda ammonizione. E i rossazzurri corrono di più, capendo che è quello il momento giusto per colpire l’avversario.
Si dice che la fortuna aiuta gli audaci e Pozzebon evidentemente è uno di questi: solo per tutta la partita, trafigge un colpevole Berardi in quell’occasione con la scapola e tutti vanno sotto lo spicchio di tifosi rossazzurri, esultando e “smaltendo” la tensione venutasi a creare durante tutta la partita. Certo, il Messina era in controllo e non concedeva tanti spazi al Catania, il nervosismo era tanto in campo.
Sotto una pioggia battente però le due squadre, certamente stanche dopo una partita comunque combattuta e, lo ripetiamo, giocata dalle due squadre nel miglior modo possibile, si allungano e gli spazi vengono concessi. I giallorossi hanno delle occasioni importantissime per chiudere il discorso derby sull’1-1, in particolare con Rea, servito da Milinkovic. Ma il francese ha sulla coscienza l’azione prima del pari etneo, quando non serve il suo compagno in area tutto solo partendo in contropiede (bravissimo Djordjevic in quell’occasione a chiudere).
Arriva il rigore per il Catania, Pozzebon potrebbe esultare ancora ma il tiro va fuori. I rossazzurri continuano a non demordere e alla fine ci voleva un goal d’istinto, forse dall’uomo meno atteso che però ha già timbrato due volte il cartellino con Mario Petrone: Maks Barisic si coordina in maniera splendida e sorprende Berardi, che lì non ha come respingerla. Nel frattempo i tifosi etnei gioiscono come probabilmente non hanno mai fatto in tutto questo campionato e si godono quella corsa di Petrone di cui parlavamo all’inizio.
Tanto criticato all’inizio, quanto elogiato adesso: è una vittoria importantissima per il Catania, ma ci sarà la “terza prova” per il tecnico rossazzurro in casa contro il Melfi e quella partita che nasconde tantissime insidie sarà quella della consacrazione per Petrone? Oppure ci sarà un passo falso? L’entusiasmo è tanto, ma c’è da rimanere saldi coi piedi per terra, perché l’undicesima piazza è staccata di sole tre lunghezze. La classifica dice che sei squadre sono imbottigliate in due punti e c’è ancora un mini campionato da giocare, quello che porta ai playoff.
Dall’altro braccio della bilancia c’è un Messina che ha lottato e ha sfiorato la vittoria, poi però dall’espulsione di Da Silva qualcosa non ha più funzionato, la squadra si è disunita e Lucarelli ha incassato la sua seconda sconfitta interna da quando è tecnico giallorosso. La zona playout dista tre punti e il prossimo match contro il Monopoli sarà fondamentale. Probabilmente, se i peloritani avessero giocato con un difensore in più avrebbero portato a casa almeno il pari. Con i se e i ma, però, non si fa calcio e il risultato è di 1-2.
Pietro Lo Monaco, ad rossazzurro, ha dichiarato a ISP che sono stati i più forti a vincere, venerdì invece aveva parlato di 20 punti di differenza tra le due squadre: un divario netto che il campo, con tutte le insidie che ha riportato, ha ridotto ma non ha cancellato del tutto.
La differenza l’ha fatta la grinta di un Catania che forse il Messina non aveva calcolato, il coraggio di lottare fino all’ultimo, con una mentalità diversa che tutti i tifosi etnei sperano sia di buon auspicio già per il prossimo match contro il Melfi ma anche per la successiva importantissima trasferta di Lecce. I rossazzurri non potevano sbagliare e Petrone lo sapeva benissimo. Le attese sono state rispettate e il Catania ha fatto suo un derby in trasferta, cosa che mancava da quel 4 marzo 2009: Palermo-Catania 0-4.
(foto: Filippo Galtieri)