CATANIA – “The Day after“.
Il giorno dopo una sconfitta bruciante, ma meritata, nel derby contro l’Akragas all’Esseneto è traumatico. Alcuni non ci credono ancora, ad altri la rabbia non è passata e si continua ad inveire contro squadra e allenatore.
La vittoria dei Giganti, che hanno rispecchiato al meglio il loro soprannome, è stata schiacciante specialmente nel secondo tempo, dove il Catania non è proprio sceso in campo. Bisognerebbe andare per ordine, ma ci sono in realtà così tanto punti da chiarire che è impossibile trovarne uno di partenza. O forse sì: il rendimento esterno.
No, non ci riferiamo ai risultati, alla mancanza di vittorie e via dicendo, parliamo di una squadra che “gioca” in maniera totalmente diversa. Prendiamo spunto da quanto scritto da Nicola Legrottaglie su Facebook alla vigilia del match tra Cagliari e Juventus: “La differenza tra lo sconfitto ed il perdente è che il primo può diventare un vincente, perché ha perso solo una sfida, lottando; il perdente resterà tale per sempre, perché la sfida non l’ha mai iniziata, sentendosi battuto in partenza“.
I tifosi rossazzurri si augurano che non si resti “perdenti” per sempre come scrive Legrottaglie, ma sicuramente queste parole rispecchiano ciò che è stata la prestazione del Catania. Da perdenti. Rientrare dallo spogliatoio, in vantaggio, psicologicamente surclassati dalla pressione dell’Akragas in attacco, impensabile che tutta quella qualità venga sprecata in questo modo. E allora viene da dire: erano Calil e Paolucci i problemi? Il 4-3-3 o il 3-5-2? Dov’è il cambiamento se il Catania continua a non fare risultato in trasferta?
Il Massimino è davvero la marcia in più di questa squadra, poiché l’apporto del pubblico evidentemente è più che essenziale per portare a casa una vittoria. Non ci sono le stesse motivazioni quando si gioca fuori, delle povere trame di gioco viste nelle partite interne spariscono come se nulla fosse. Molti li hanno chiamati “fantasmi” e non si può biasimare questo.
Primi quindici minuti perfetti, su quelli non si può rimproverare nulla: corsa, grinta, atteggiamento giusto e puntualmente è arrivato il rigore che Mazzarani ha trasformato portando in vantaggio il Catania. Poi un blocco improvviso: non c’è più un collante tra i reparti, troppo disuniti (ci rifacciamo alle parole di Bergamelli). La difesa si scopre troppo facilmente ed i rossazzurri perdono di lucidità, concentrazione e giocano con sufficienza.
Nulla può Pisseri su quel pallone, su quell’eurogoal di Bruno Pezzella che da distanza siderale realizza la rete del pareggio. Il portiere rossazzurro è l’unico che si è davvero salvato in tutte le partite giocate finora, seppur subendo qualche goal. Ha intuito il rigore, salvato il risultato quando era ancora sullo 0-1 per ben due volte su Salvemini, cosa doveva fare di più? Proprio lui nulla. Gli altri, sicuramente avrebbero dovuto dare qualcosa in più. Anzi, avrebbero dovuto dare tutto.
Si prenda come esempio la Virtus Francavilla, ieri vittoriosa a Matera, non a Melfi (con tutto il rispetto, dove il Catania comunque non è riuscito a vincere), con un 3-2 incredibile fatto di coraggio, forza e gioco. Tanto gioco, palleggio e determinazione. Tutto quello che manca a Rigoli. L’esempio non è casuale, visto che il Francavilla è sempre più quinto a 42 punti, Catania a -7, con la Juve Stabia quarta ormai a soli tre punti. I rossazzurri potrebbero staccarsi anche dal Cosenza, che oggi giocherà in casa contro la Reggina e tenterà di vincere per stare al passo con i pugliesi. Perché loro sì ed una squadra con un organico che potrebbe tranquillamente giocare un campionato di B no? Perché questo abisso? Perché ancora dove 25 giornate non si è ancora capito qual è il problema? Quanto si deve aspettare per un cambiamento effettivo?
Quello che il Catania ha affrontato, è stato il miglior Akragas di tutta la stagione: è giusto dare onore ad una squadra che ha lottato e che è valsa più di tutti i 25 Catania della stagione. “Non si capisce cosa succede, atteggiamento sbagliato” detto sia da Rigoli, sia da Mazzarani e sia da Bergamelli fa scattare un campanello d’allarme molto preoccupante. Per questa ragione Rigoli è stato messo seriamente in discussione, perché i calciatori sembrano non seguirlo (lo testimonia la “pseudo lite” con Marchese a bordo campo), perché il carattere questa squadra soprattutto in trasferta non sembra averlo, perché con questa squadra il Catania non poteva, non doveva perdere. L’Akragas ha fatto la partita della vita, com’era giusto che fosse, e ribadiamo che è stata una grandissima partita, che senza dubbio non ha rubato nulla. Anzi, nel finale è parso proprio che con quel rigore fossero i rossazzurri a passare per ladri: come un finale di un film che si rispetti, però, Mazzarani il rigore lo ha sbagliato, decretando la sconfitta etnea. In fondo non è nemmeno colpa sua, un penalty si può sbagliare specie se ha un peso particolare ed è calciato all’ultimo secondo, la pressione in quel momento era tanta: quello che non si capisce è perché soltanto dopo il rigore trasformato da Salvemini, il Catania abbia accennato ad una reazione.
Così non va proprio: non c’è bisogno di aggiungere altro, il campo ha parlato abbastanza e se Lo Monaco auspicava ad una vittoria, è chiaro che non è certo soddisfatto. Prima la squadra non era ritenuta all’altezza, il mercato è stato più che ottimo: no, non si poteva sbagliare.
Peggio di Francavilla Fontana, peggio di Siracusa, peggio di Castellammare di Stabia: Agrigento resta fatale per il Catania, ma potrebbe esserlo anche per Pino Rigoli, bocciato da tutti e che se resterà dovrà conquistarsi la fiducia del pubblico, perché non è più seguito.
Chi vivrà, vedrà. E chi vedrà, spera di assistere ad uno spettacolo migliore, che quanto meno valga il prezzo del biglietto.
La prestazione da perdenti nella prova più importante. Rigoli, corsa finita?
CATANIA – “The Day after“.
Il giorno dopo una sconfitta bruciante, ma meritata, nel derby contro l’Akragas all’Esseneto è traumatico. Alcuni non ci credono ancora, ad altri la rabbia non è passata e si continua ad inveire contro squadra e allenatore.
La vittoria dei Giganti, che hanno rispecchiato al meglio il loro soprannome, è stata schiacciante specialmente nel secondo tempo, dove il Catania non è proprio sceso in campo. Bisognerebbe andare per ordine, ma ci sono in realtà così tanto punti da chiarire che è impossibile trovarne uno di partenza. O forse sì: il rendimento esterno.
No, non ci riferiamo ai risultati, alla mancanza di vittorie e via dicendo, parliamo di una squadra che “gioca” in maniera totalmente diversa. Prendiamo spunto da quanto scritto da Nicola Legrottaglie su Facebook alla vigilia del match tra Cagliari e Juventus: “La differenza tra lo sconfitto ed il perdente è che il primo può diventare un vincente, perché ha perso solo una sfida, lottando; il perdente resterà tale per sempre, perché la sfida non l’ha mai iniziata, sentendosi battuto in partenza“.
I tifosi rossazzurri si augurano che non si resti “perdenti” per sempre come scrive Legrottaglie, ma sicuramente queste parole rispecchiano ciò che è stata la prestazione del Catania. Da perdenti. Rientrare dallo spogliatoio, in vantaggio, psicologicamente surclassati dalla pressione dell’Akragas in attacco, impensabile che tutta quella qualità venga sprecata in questo modo. E allora viene da dire: erano Calil e Paolucci i problemi? Il 4-3-3 o il 3-5-2? Dov’è il cambiamento se il Catania continua a non fare risultato in trasferta?
Il Massimino è davvero la marcia in più di questa squadra, poiché l’apporto del pubblico evidentemente è più che essenziale per portare a casa una vittoria. Non ci sono le stesse motivazioni quando si gioca fuori, delle povere trame di gioco viste nelle partite interne spariscono come se nulla fosse. Molti li hanno chiamati “fantasmi” e non si può biasimare questo.
Primi quindici minuti perfetti, su quelli non si può rimproverare nulla: corsa, grinta, atteggiamento giusto e puntualmente è arrivato il rigore che Mazzarani ha trasformato portando in vantaggio il Catania. Poi un blocco improvviso: non c’è più un collante tra i reparti, troppo disuniti (ci rifacciamo alle parole di Bergamelli). La difesa si scopre troppo facilmente ed i rossazzurri perdono di lucidità, concentrazione e giocano con sufficienza.
Nulla può Pisseri su quel pallone, su quell’eurogoal di Bruno Pezzella che da distanza siderale realizza la rete del pareggio. Il portiere rossazzurro è l’unico che si è davvero salvato in tutte le partite giocate finora, seppur subendo qualche goal. Ha intuito il rigore, salvato il risultato quando era ancora sullo 0-1 per ben due volte su Salvemini, cosa doveva fare di più? Proprio lui nulla. Gli altri, sicuramente avrebbero dovuto dare qualcosa in più. Anzi, avrebbero dovuto dare tutto.
Si prenda come esempio la Virtus Francavilla, ieri vittoriosa a Matera, non a Melfi (con tutto il rispetto, dove il Catania comunque non è riuscito a vincere), con un 3-2 incredibile fatto di coraggio, forza e gioco. Tanto gioco, palleggio e determinazione. Tutto quello che manca a Rigoli. L’esempio non è casuale, visto che il Francavilla è sempre più quinto a 42 punti, Catania a -7, con la Juve Stabia quarta ormai a soli tre punti. I rossazzurri potrebbero staccarsi anche dal Cosenza, che oggi giocherà in casa contro la Reggina e tenterà di vincere per stare al passo con i pugliesi. Perché loro sì ed una squadra con un organico che potrebbe tranquillamente giocare un campionato di B no? Perché questo abisso? Perché ancora dove 25 giornate non si è ancora capito qual è il problema? Quanto si deve aspettare per un cambiamento effettivo?
Quello che il Catania ha affrontato, è stato il miglior Akragas di tutta la stagione: è giusto dare onore ad una squadra che ha lottato e che è valsa più di tutti i 25 Catania della stagione. “Non si capisce cosa succede, atteggiamento sbagliato” detto sia da Rigoli, sia da Mazzarani e sia da Bergamelli fa scattare un campanello d’allarme molto preoccupante. Per questa ragione Rigoli è stato messo seriamente in discussione, perché i calciatori sembrano non seguirlo (lo testimonia la “pseudo lite” con Marchese a bordo campo), perché il carattere questa squadra soprattutto in trasferta non sembra averlo, perché con questa squadra il Catania non poteva, non doveva perdere. L’Akragas ha fatto la partita della vita, com’era giusto che fosse, e ribadiamo che è stata una grandissima partita, che senza dubbio non ha rubato nulla. Anzi, nel finale è parso proprio che con quel rigore fossero i rossazzurri a passare per ladri: come un finale di un film che si rispetti, però, Mazzarani il rigore lo ha sbagliato, decretando la sconfitta etnea. In fondo non è nemmeno colpa sua, un penalty si può sbagliare specie se ha un peso particolare ed è calciato all’ultimo secondo, la pressione in quel momento era tanta: quello che non si capisce è perché soltanto dopo il rigore trasformato da Salvemini, il Catania abbia accennato ad una reazione.
Così non va proprio: non c’è bisogno di aggiungere altro, il campo ha parlato abbastanza e se Lo Monaco auspicava ad una vittoria, è chiaro che non è certo soddisfatto. Prima la squadra non era ritenuta all’altezza, il mercato è stato più che ottimo: no, non si poteva sbagliare.
Peggio di Francavilla Fontana, peggio di Siracusa, peggio di Castellammare di Stabia: Agrigento resta fatale per il Catania, ma potrebbe esserlo anche per Pino Rigoli, bocciato da tutti e che se resterà dovrà conquistarsi la fiducia del pubblico, perché non è più seguito.
Chi vivrà, vedrà. E chi vedrà, spera di assistere ad uno spettacolo migliore, che quanto meno valga il prezzo del biglietto.