CATANIA – Duro, anzi durissimo colpo per cosa nostra.
Scatta il decreto di fermo di indiziato di delitto per 28 persone, residenti nelle province di Catania, Siracusa, Ragusa e Enna, tutte gravemente indiziate di appartenere alle famiglie mafiose Santapaola-Ercolano, alla famiglia di Caltagirone e al clan Nardo.
Le accuse sono di associazione mafiosa, omicidio, estorsione e reati in materia di armi.
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Il provvedimento è stato emesso a conclusione di articolata attività investigativa, condotta dai carabinieri del Ros di Catania, nei confronti della famiglia calatina.
L’indagine, denominata Kronos, è stata avviata nel 2015 ed incentrata sulla figura di Salvatore Seminara, già noto per il suo coinvolgimento in altre operazioni come “Dioniso” e “Iblis”.
La penetrante attività di indagine proprio sul reggente del clan mafioso ha consentito di ricostruire la struttura della famiglia, individuarne gli affiliati, gli ambiti di competenza e gli schemi relazionali sia con la famiglia Santapaola che col clan Nardo di Lentini.
L’esame delle relazioni tra le due famiglie ha reso possibile l’individuazione di Francesco Santapaola – figlio di Salvatore, detto “Turi colluccio”, a suo volta cugino del più noto Benedetto, capo della famiglia catanese dal 1978 – quale attuale reggente dell’omonima famiglia.
Dalle indagini sono emersi, inoltre, diversi momenti relazionali tra i clan, dettati dall’esigenza di individuare comuni linee di azione strategiche. In particolare, nel corso di un summit – che si è tenuto a Catania il 28 agosto dello scorso anno – è emersa la necessità di individuare un nuovo rappresentante provinciale (l’ultimo noto è stato Vincenzo Aiello).
Nei successivi appuntamenti – che si sono tenuti a Carlentini e Paternò – venne fuori che la famiglia Santapaola, in accordo con gli esponenti del clan Nardo, pretendeva di partecipare alla divisione dei proventi delle estorsioni, fino a quel momento appannaggio esclusivo della famiglia calatina.
Da qui una serie di attriti che approdano i altrettanti summit per cercare di ristabilire gli equilibri compromessi.
Nel frattempo la sete di potere aumenta e gli animi sono tesissimi. In poco tempo si passa dalle parole ai fatti con Alfonso Fiammetta (Santapaola-Ercolano) e Pippo Floridia (Nardo) che commissionano l’uccisione di Salvatore Di Benedetto e di Giovanni Pappalardo, entrambi appartenenti al “clan Seminara” di Caltagirone.
I due escono illesi dall’attentato ma si innesca tra le famiglie un meccanismo di diffidenza molto pericoloso per la scia di sangue in grado di provocare.
I proposti ritorsivi di Di Benedetto e Pappalardo sono stati sopiti dall’intervento provvidenziale delle forze dell’ordine che hanno permesso di scongiurare ulteriori delitti e la fuga dei soggetti implicati nella vicenda.
Nello stesso provvedimento viene contestato a Salvatore Seminara, Salvatore Di Benedetto e Rino Simonte il duplice omicidio di Salvatore Cutrona e Giovanni Turrisi, avvenuto a Raddusa il 5 aprile del 2015.
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Il delitto è riconducibile a vicende interne alla famiglia calatina e, segnatamente, alla minor affidabilità di Cutrona, al quale è succeduto, nel ruolo di responsabile di Raddusa proprio Rino Simonte, quest’ultimo individuato quale esecutore materiale mentre Seminara e Di Benedetto quali mandanti.