La sindrome metabolica

La sindrome metabolica

Massimo Buscema

La sindrome metabolica (SM) è una condizione clinica multifattoriale ad alto rischio cardiovascolare. Ciò significa che chi ne soffre ha un rischio superiore alla media di andare incontro a infarto e a malattie cardiovascolari. Non è una patologia specifica, ma un insieme di fattori di rischio presenti contemporaneamente in un individuo, tali da predisporre la persona che ne soffre a patologie gravi. Oltre all’aumentato rischio di infarto, infatti, la probabilità di sviluppare per esempio il diabete di tipo 2 e la steatosi epatica (fegato grasso) è più alta che nella popolazione generale.

Per poter parlare di sindrome metabolica è necessario che siano presenti, contemporaneamente, tre o più fattori di rischio, quali:

• un’elevata quantità di tessuto adiposo addominale valutata mediante il riscontro di una circonferenza vita di valori superiori o uguali a 94 cm nell’uomo e 80 cm nella donna o per entrambi i sessi il riscontro di obesità valutato con valori di indice di massa corporea (BMI) superiore a 30 kg/m2 (peso in kg/altezza in m al quadrato)

basse concentrazioni ematiche di colesterolo HDL, il cosiddetto “colesterolo buono”: meno di 40 mg/dl nell’uomo e 50 mg/dl nella donna o in terapia per questa dislipidemia

elevate concentrazioni di trigliceridi: più di 150 mg/dl o in terapia per questa dislipidemia

ipertensione arteriosa con valori pressori superiori a 130/85 mmHg o in terapia antipertensiva

elevati livelli di glicemia: un valore a digiuno superiore a 100 mg/dl o in terapia con farmaci antidiabetici.

Quando in un soggetto si diagnostica la presenza di uno degli elementi costitutivi la SM, tutti gli altri dovranno essere adeguatamente ricercati, anche quando non immediatamente evidenti, perché uno o più di essi sono spesso presenti o possono comparire in futuro. La Sindrome Metabolica è divenuta nei paesi occidentali una delle entità di maggiore rilevanza sia per la diffusione che per l’impatto socio-sanitario. Secondo alcune stime, la sindrome metabolica sembra interessare quasi la metà degli adulti di età superiore a 50-60 anni. Secondo altri studi condotti sulla popolazione generale, invece, questa sindrome colpisce in Italia circa il 25 per cento degli uomini e il 27 per cento delle donne, il che significa circa 14 milioni di individui coinvolti.

La prevalenza della sindrome metabolica aumenta con l’età ed è strettamente correlata al costante aumento, in tutto il mondo, dell’obesità, legato alle mutate condizioni di vita della popolazione generale (urbanizzazione, sedentarietà, maggiore accesso al cibo) e a stili di vita errati.

Come si evince dai fattori di rischio, l’alimentazione e l’attività fisica giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione della sindrome metabolica. Il modo migliore per prevenirla è infatti, aumentare l’attività fisica regolare e ridurre il peso corporeo, associando agli esercizi una dieta regolare, povera di grassi e ricca di frutta e verdura.

Le terapie della sindrome metabolica variano da caso a caso, soprattutto in ragione dei fattori di rischio presenti. Se è presente una condizione di eccesso ponderale verrà prescritta una dieta ipocalorica con limitazione degli zuccheri semplici, degli amidi ad elevato indice glicemico, dell’apporto proteico e degli acidi grassi saturi, con aumento del consumo di frutta, vegetali, cereali e pesce, associata allo svolgimento costante di una attività fisica moderata; questo rappresenta uno strumento di indubbia efficacia nel migliorare tutte le componenti della SM. La riduzione del peso corporeo si correla, infatti, a una diminuzione dei livelli di trigliceridi e colesterolo, a un incremento delle concentrazioni del colesterolo HDL, a una riduzione dei livelli della pressione arteriosa e a una riduzione dell’insulino-resistenza.

Nel caso in cui l’approccio descritto non sia sufficiente, dovrà essere considerata la possibilità di un intervento terapeutico plurifarmacologico, da valutare e modulare in relazione al rischio cardiovascolare globale del singolo paziente. Possono per esempio essere prescritti farmaci ipoglicemizzanti orali quali metformina o rosiglitazone che condizionano la diminuzione dell’insulino-resistenza; le statine e i fibrati per le modificazioni indotte sui parametri lipidici, dell’infiammazione e della trombosi; alcuni antipertensivi con benefici anche indipendenti dal solo controllo pressorio.

La Sindrome Metabolica offre un semplice concetto di salute pubblica e un punto di partenza facilmente identificabile per interventi clinici capaci di ridurre il rischio dell’epidemia montante di diabete tipo 2 correlato all’obesità e delle patologie cardiovascolari. Questo è un aspetto di grande interesse per il Medico di famiglia. La possibilità di individuare soggetti ad alto rischio soltanto con un metro da sarto, i valori pressori e 3 esami di routine, ha dei vantaggi enormi. Un dato da nessuno contestato è, infatti, la capacità della SM di predire lo sviluppo di diabete di tipo 2, fino al 50% dei soggetti sviluppano il diabete nel giro di 3 anni. La possibilità di individuare il soggetto a rischio con una modalità ancora più semplice della curva da carico è un’opportunità che non va trascurata. Se da un lato ha poco senso utilizzare la SM nel diabete conclamato, dove non aggiunge nulla in termini di predizione cardiovascolare, è indiscutibile che il soggetto con SM è il principale bersaglio del Medico di famiglia sensibile alla prevenzione del diabete di tipo 2.