L’attacco degli Stati Uniti contro tre siti nucleari iraniani ha acceso ulteriormente la tensione in Medio Oriente, mettendo nel mirino la sicurezza delle truppe americane presenti nella regione. Sono oltre 40.000 i soldati statunitensi schierati nell’area, e secondo gli esperti Teheran potrebbe rispondere colpendo proprio le forze a stelle e strisce, ritenute gli obiettivi più vulnerabili.
Tra le principali aree a rischio c’è lo strategico Stretto di Hormuz, tramite cui passa un terzo del petrolio mondiale. L’Iran ha già minacciato di chiudere il passaggio, e c’è il timore che i Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione, possano minare lo stretto, costringendo la Marina statunitense a interventi complessi e pericolosi per rimuovere ordigni subacquei.
Gli Stati Uniti mantengono in Medio Oriente otto basi permanenti dislocate in sette Paesi: Egitto, Kuwait, Bahrain, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Tra queste, la più grande è la base di Al Udeid in Qatar, con oltre 10.000 militari e sede del Comando Centrale USA (US Central Command), punto nodale nelle operazioni in Iraq, Afghanistan e Siria.
Altre installazioni chiave includono la Naval Support Activity in Bahrain, Camp Arifjian in Kuwait, essenziale per il supporto logistico, la base di Al-Dhafra negli Emirati Arabi Uniti, cruciale per attività di intelligence e supporto aereo, dove sono schierati i caccia Raptor-22 e numerosi droni. Infine, la base di Erbil in Iraq serve per le operazioni nel nord Iraq e Siria.
L’area è quindi in uno stato di allerta massimo, con il possibile ampliamento del conflitto che potrebbe avere conseguenze significative per la stabilità regionale e per la sicurezza energetica globale.
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