Una storia di “trincea” durante una guerra, il bilancio dell’anno scolastico dell’I.C. “Commenda” di Brindisi

Una storia di “trincea” durante una guerra, il bilancio dell’anno scolastico dell’I.C. “Commenda” di Brindisi

BRINDISI – Non solo scuole siciliane ma anche oltre lo Stretto, è così che NewSicilia, legata all’istruzione e al mondo delle istituzioni scolastiche, resta accanto a chi – ogni giorno – proprio come un soldato, combatte e lotta per la “sopravvivenza”. Questa volta, a parlarci di un anno difficile e a stilare un bilancio di quello che è stato, è la Dirigente Scolastica Patrizia Carra.

Narrare ciò che è accaduto nell’I.C. ‘Commenda’ di Brindisi durante la pandemia è come raccontare una storia di una ‘trincea’ durante una guerra. Non sicuramente una ‘trincea’ di prima linea come i reparti di Terapia Intensiva, ma, indubbiamente, dopo il fronte dello scontro sanitario, viene la ‘trincea’ della scuola, il secondo pilastro istituzionale assieme alla salute, alla base di ogni democrazia.

La quotidianità di un istituto comprensivo durante la crisi pandemica è stata ancor più impattante di quanto forse sia accaduto nel secondo ciclo: a partire dalla scuola dell’infanzia, tutto il primo ciclo è stato quella drammatica “terra di mezzo” dove la didattica a distanza non poteva essere il salvagente per la continuità didattica, a causa dell’età e della capacità di apprendimento degli alunni. Le giovani generazioni di appena 5 o 6 anni sono ancora all’inizio del loro percorso con la lettura e la scrittura, si introducono a malapena nella sintassi grammaticale e algebrica, esplorano ancora il mondo sensoriale con il disegno, i suoni, la manualità. Non era possibile in alcun modo sostituire la presenza fisica dell’insegnante con uno schermo del telefonino o del computer, sempre che tutte le famiglie fossero in grado di avere fibra, tablet o computer sufficienti per rendere autonomi i singoli figli nel seguire le lezioni a distanza. Ma non era nemmeno lontanamente praticabile per le famiglie lasciare a casa i loro pargoli così piccoli, privi di autonomia e competenze digitali, senza intaccare la continuità lavorativa, già così messa a repentaglio dagli effetti economici perversi della crisi sanitaria a livello mondiale e locale e che, guarda caso, ha avuto come categoria più colpita proprio le donne, che il sistema economico, purtroppo ancora “scarica” prima degli uomini e a cui però viene chiesto di farsi carico dei figli a casa o degli anziani non più autosufficienti. Ipotesi poi ancor più impraticabile in caso di giovanissime generazioni BES, con particolarissime esigenze sia a livello psicomotorio che di apprendimento. La DAD non era in alcun modo attuabile, se non per sporadici casi, nel primo ciclo di istruzione“.

Ecco, quindi, che nell’I.C. “Commenda” a Brindisi, come forse in tutti gli istituti comprensivi d’Italia, è stato necessario realizzare l’impossibile durante tutte le diverse fasi della crisi pandemica. Mentre governo, regioni e comitati tecnici scientifici alzavano barriere in ogni dove riguardo alla presenza fisica in ambienti di lavoro, sino ad arrivare al primo e tremendo lockdown, nella trincea della scuola dovevano comunque essere garantite la presenza, l’attività didattica. E se lo smart working e lo streaming garantivano alla pubblica amministrazione e ad alcune attività produttive la via di fuga dal contagio, nella trincea della scuola “abbiamo dovuto combattere ogni giorno per trovare modalità efficaci di applicazione delle regole di distanziamento e prevenzione dei contagi, dovendo comunque garantire la presenza del corpo docente, quantomeno per gli alunni BES come minimo, spiega la Dirigente.

Ed ecco allora il balletto di decreti, ordinanze, circolari che imponevano distanze, comportamenti, protocolli di sicurezza, norme di igienizzazione. Una danza che variava di volta in volta “e che abbiamo fatto veramente fatica ad applicare, con regole che era chiaro fossero state elaborate da soggetti non proprio consapevoli di quello che accade all’interno delle mura scolastiche“.

Ed è in questo caos perenne, di “stop&go”, che la scuola, il corpo docente, la comunità educante tutta ha potuto esprimere al massimo la sua resilienza. La sua capacità di assorbire shock esogeni e, ciò nonostante, trovare nuovi equilibri e modalità di adattamento; proprio come un ecosistema, i cui anticorpi al virus erano il coraggio e l’inventiva dei suoi membri, in grado di trovare il miracolo della “quadratura” tra le esigenze di continuità didattica in presenza e le complesse regole di prevenzione e protezione sanitaria.

Una “famiglia” – interna ed esterna – che si è compattata nel proteggere le nuove generazioni, andando anche oltre la mera attività nozionistica. Le iniziative? Non tutte, ma tante… “Come nella prima fase del lockdown quando, grazie al supporto e alla solidarietà di tutta la comunità educante, è stata la scuola uno dei principali centri dove è stato possibile organizzare una grande raccolta alimentare per le famiglie e gli alunni in maggiori difficoltà economiche. E dove, progressivamente, tra chiusure e riaperture, è stato possibile organizzare per gli alunni anche un percorso sulla gentilezza, sebbene il mondo intorno mandasse segnali di profonda violenza; percorso che ha avuto il suo apice con la donazione della “panchina rossa”, il simbolo iconico contro la violenza sulle donne, a testimoniare nella scuola il rifiuto della violenza familiare e dei femminicidi a cui a abbiamo assistito in questi mesi“.

E sebbene cambiassero governi e ministri, “nella scuola abbiamo continuato anche a partecipare a concorsi di poesia e di letteratura, a progetti e-twinning, a coinvolgere la comunità educante in eventi – streaming – di cultura e di informazione. E di legalità assieme alle istituzioni del territorio. Sino ad arrivare, sfiancati ma sempre attivi, agli ultimi giorni di progressiva normalizzazione post vaccino, in cui la ripresa del contatto fisico è avvenuta non solo in classe come da tradizione, ma anche contaminando l’istituto brindisino con progetti sportivi, coinvolgendo le principali categorie agonistiche che tanto lustro stanno dando alla città: il basket e la scherma“.

Tutto ciò non sarebbe potuto avvenire senza il coraggio e la determinazione di tutta la comunità educante. Compatta come una famiglia nell’affrontare le difficoltà quotidiane della “trincea”, della prima linea operativa per proteggere tutti, senza lasciare nessuno dietro.

E se da una parte non si può che essere orgogliosi di quanto realizzato in questo anno e mezzo di ‘trincea’ pandemica della comunità educante del ‘Commenda’, dall’altra non si può non sentire l’amaro in bocca della solitudine delle scelte. Del sentirsi soli nei momenti più drammatici della crisi sanitaria. Se è stata la comunità educante locale a reagire, lo ha fatto come scelta personale propria ed ha agito come una famiglia, proteggendo i suoi membri e cercando di definire una “strategia” di sopravvivenza allo tsunami che l’ha colpita. E sono consapevole che ogni singola comunità educante in tutta Italia abbia trovato, alla fine, una sua resilienza, una sua capacità di adattarsi e sopravvivere.

Ma non eravamo una famiglia tutta a livello nazionale. Non abbiamo sentito la vicinanza e la sussidiarietà dell’intero sistema educativo. Siamo stati lasciati soli nelle nostre scelte e nelle nostre responsabilità nel gestire la ‘trincea’. Molte comunità educanti non sono state protette. Molte comunità educanti sono state lasciate indietro e, soprattutto, si è continuato ad utilizzare strumenti, modelli e procedure che forse andavano bene per la precedente normalità, ma che erano del tutto obsoleti e inadeguati per il ‘new normal’ pandemico.

Mi auguro che nel post pandemia del ‘Recovery Plan’ si faccia tesoro dell’esperienza e dell’innovazione accumulata in questi mesi di emergenza per riprogettare una nuova normalità scolastica per le nuove generazioni. Che si parta proprio dal valore aggiunto creato dalle comunità educanti locali per riprogettare il sistema scolastico. Avendo come bussola imprescindibile che occorra educare e non solo istruire. Perché consegniamo alle nuove generazioni un futuro dall’orizzonte cupo, fatto di crisi sanitarie, ambientali e socioeconomiche e per affrontarlo non basterà solo conoscere la grammatica dei verbi o delle tabelline, ma anche la storia della propria ‘trincea’ e dei valori che ne sono nati“, conclude la Dirigente Scolastica.

E noi restiamo qui, disponibili a chiunque voglia avvicinarsi al nostro quotidiano, presente, vicino e legato al mondo della scuola.

Nella foto in evidenza l’Istituto e la Dirigente Scolastica