Ricerca di Messina Denaro: 25 indagati, arrestato reggente della famiglia di Mazara del Vallo – VIDEO

TRAPANI – Questa mattina, nei comuni di Castelvetrano, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Custonaci, i carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Trapani stanno svolgendo delle mirate attività di perquisizione nei confronti di 25 indagati, ritenuti a vario titolo fiancheggiatori e favoreggiatori della latitanza di Matteo Messina Denaro.

Le perquisizioni dei numerosi obiettivi individuati (tra cui abitazioni, proprietà rurali ed esercizi commerciali) hanno già permesso di:
arrestare due degli indagati, trovati rispettivamente in possesso di pistole illegalmente detenute (una Baby Browning cal. 635 munita di caricatore con 5 colpi e un revolver cal. 22 con 20 cartucce); sequestrare apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni e copiosa documentazione, materiale questo che è già al vaglio dei tecnici e degli analisti del Ros e che potrà fornire spunti utili per il proseguo delle investigazioni.

Hanno dato anche esecuzione al fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo nei confronti di Matteo Tamburello, 56enne, esponente di spicco della famiglia di cosa nostra di Mazara del Vallo, indagato per associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.

Matteo Tamburello, 56 anni

Al centro di questa indagine sono i mandamenti mafiosi di Mazara del Vallo e di Castelvetrano nel cui alveo sono state documentate qualificate interlocuzioni intrattenute da Tamburello con soggetti riconducibili al reggente del mandamento di Castelvetrano, Gaspare Como (a sinistra nella foto), 48enne, cognato del latitante, arrestato lo scorso aprile nell’ambito della indagine “Anno Zero”.

 

Nell’ambito della manovra sviluppata dal Ros per la ricerca e la cattura del latitante Matteo Messina Denaro, nel novembre del 2015, è stata avviata un’attività investigativa sul mandamento di Mazara del Vallo, storica roccaforte ed influente realtà di cosa nostra trapanese.

Matteo Tamburello, figlio di Salvatore (già autorevole esponente del mandamento fino al suo decesso avvenuto nell’agosto del 2017), era stato scarcerato nel novembre del 2015 dopo aver scontato la pena per aver diretto, in qualità di reggente, la famiglia mazarese di cosa nostrafino al 2006.



Le indagini hanno svelato sin da subito che, oltre a coordinare le attività all’interno della cava, era di fatto socio occulto dell’attività imprenditoriale in parola che, peraltro, era stata avviata solo grazie a somme di denaro reperite presso terzi esclusivamente in virtù della autorevolezza (mafiosa) di cui godeva a Mazara del Vallo.

Aveva nuovamente acquisito un ruolo molto attivo nella locale articolazione mafiosa la cui reggenza tuttavia era stata affidata a Dario Messina, con il quale ha avuto comunque contatti riservati.

 

Tra i soggetti in rapporti con Tamburello vi sono Vito Gondola (era stato reggente del mandamento mafioso mazarese, deceduto a luglio del 2017), Antonino Cuttone (storico affiliato alla famiglia mazarese e consigliere economico di Mariano Agate), Raffaele Urso (anche egli arrestato nell’operazione “Anno Zero”, poiché ritenuto al vertice della famigliamafiosa di Campobello di Mazara), e Dario Messina che lo incontrava dopo essersi visto poco prima con Gaspare Como (cognato di Matteo Messina Denaro e all’epoca reggente del mandamento di Castelvetrano).

Ulteriori elementi a carico di Matteo Tamburello sono emerse dalle indagini svolte sul conto di Fabrizio Vinci, imprenditore ritenuto affiliato alla famiglia di cosa nostra di Mazara del Vallo, arrestato a maggio del 2017 dal Ros nell’ambito della indagine “Visir”, poiché responsabile di partecipazione ad associazione mafiosa.

Dalle investigazioni è emerso, infatti, che l’uomo aveva sostenuto economicamente Matteo Tamburello quando era detenuto, acquistando da questi un bene strumentale a prezzo fortemente maggiorato. Il legame tra i due esponenti della medesima consorteria non si è mai interrotto e sono stati documentati diversi incontri avvenuti tra i due all’interno della cava di calcarenite di fatto riconducibile a Tmaburello.

Le indagini hanno, infine, permesso di appurare che Tamburello programmava di gestire, direttamente e grazie alla collaborazione di un imprenditore mazarese, cospicui lavori nell’ambito dell’eolico per l’ampliamento di un impianto a Mazara del Vallo, attraverso la palificazione di nuovi aereo generatori. Tale attività rappresentava l’occasione per poter ripartire e costituiva un vero e proprio programma di infiltrazione mafiosa in uno degli affari più importanti degli ultimi anni sul territorio siciliano e in particolare trapanese.