TRAPANI – Sono state scoperte delle chat in cui Matteo Messina Denaro imprecava contro le commemorazioni del magistrato Giovanni Falcone, ucciso il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci.
Il boss era fortemente infastidito per essere rimasto bloccato nel traffico, a causa delle celebrazioni in memoria del giudice. Pertanto avrebbe deciso di lamentarsi con alcune pazienti conosciute durante la terapia oncologica.
“E io qua sono bloccato con le quattro gomme a terra, cioè a terra nel senso non di bucate. Sull’asfalto. E non si muove per le commemorazioni di ‘sta m…chia“. Con queste parole lui avrebbe manifestato il suo inequivocabile fastidio.
“Porco mondo“, ha imprecato in un messaggio, concludendo con “qua mi sono rotto i co.. di brutto“.
Le conversazioni del boss sono state anticipate al Corriere della Sera dalla trasmissione di Massimo Giletti “Non è l’Arena”, che questa sera su La7 farà ascoltare alcuni messaggi vocali inviati da Messina Denaro a due amiche.
Il boss non avrebbe mai rivelato alle donne la sua vera identità, ma ha raccontato loro le sue preoccupazioni: “Mi sento abbandonato. Come un randagino con una gamba spezzata in mezzo a una pozzanghera durante questa notte di Natale. Tutto questo per me è lo squallido ‘avrei bisogno di affetto’. Ma è giusto elemosinare affetto?“.
In una delle chat il capomafia avrebbe raccontato di essere un imprenditore divorziato e di un desiderio espresso dalla madre: “C’è Anna, sarebbe la ragazza che sta assieme a mia madre. Ieri sera mi cerca, ha trovato un foglio scritto di pugno di mia madre. Si rivolge a me e dicendo che quando sarà morta, al suo funerale ma chi lo dice che io muoio dopo di lei, lei non lo sa questo ma lo so io, – commenta – vuole la banda musicale che deve suonare un unico motivo la marcia del kaiser quella che fanno a Vienna per il capodanno. E quindi ora vuole sta cosa, allora si deve fare perché le volontà delle persone si mantengono“.
Carte d’identità false nel covo del boss
Potrebbero essere state rubate le cinque carte d’identità, intestate ad altrettanti cittadini incensurati e trovate nel primo covo di Matteo Messina Denaro, quello di vicolo San Vito.
I documenti falsi sembrerebbero provenire da due furti messi a segno a Trapani nel 2015 e nel 2018. Secondo quest’ultima pista investigativa degli inquirenti, le carte rubate era tutte in bianco. Solo successivamente sarebbero poi state compilate con le generalità dei cinque individui originari di Campobello di Mazara.
In ognuna di quelle sarebbe stata aggiunta la foto tessera del boss, insieme al timbro del Comune di Campobello. È chiaro che per portare a termine operazioni tanto complesse, il capomafia non può aver agito da solo: si sospetta quindi, senza troppi dubbi, la complicità di altri soggetti.
Intanto gli investigatori hanno individuato un’altra donna che avrebbe frequentato l’ultima casa dove il boss ha trascorso l’ultimo periodo di latitanza.