La triade al servizio di Messina Denaro e Riina: Crimi, Gucciardi e Scandariato – VIDEO

TRAPANI – Una società agricola acquistata a poco in un’asta giudiziaria e poi rivenduta a un’altra azienda per ottenere una grande plusvalenza attraverso atti notarili falsi. Tutti soldi usati per alimentare Cosa Nostra e favorire la latitanza di Matteo Messina Denaro.

Due i nomi che balzano agli occhi, quello di Salvatore Crimi e Michele Gucciardi, capi delle famiglie mafiose di Vita e Salemi. I due sono sono riusciti a ottenere una grande speculazione economica, dato che l’azienda agricola, di proprietà della moglie di Antonio Salvo, nipote dei cugini mafiosi Nino e Ignazio Salvo, era stata comprata in un’asta giudiziaria da Roberto Nicastri. Quest’ultimo era prestanome del fratello Vito, pregiudicato imprenditore nel settore eolico.

Questo terreno, quindi, è stato venduto successivamente alla Vieffe per 530mila euro, cifra superiore di almeno 200mila euro rispetto a quella dichiarata negli atti notarili.

Una somma che, secondo quanto dichiarato dal defunto collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, sarebbe stata utilizzata in buona parte per il mantenimento del latitante Matteo Messina Denaro. I soldi sarebbero stati ricevuti dallo stesso proprio da Cimarosa, oltre che dal nipote di Messina Denaro, Francesco Guttadauro.



 

Non solo, perché il vantaggio economico è venuto anche da alcuni finanziamenti ottenuti per alcuni presunti lavori da fare sul terreno agricolo (circa 600mila euro) e che, in precedenza, non erano stati effettuati per l’influenza negativa di Michele Gucciardi nei confronti della proprietaria.

Oltre Gucciardi, anche Crimi ha svolto il suo ruolo fondamentale, aprendo il ristorante “La Pergola” ad Ummari attraverso la società Aerre.

Insieme a loro, un altro ruolo importante è stato ricoperto da Girolamo Scandariato, proprietario della Agri Innovazioni, attraverso la quale ha investito in colture innovative per la produzione di legname. Scandariato, sempre secondo quanto emerso, sarebbe stato protagonista di alcune estorsioni nei confronti di alcuni imprenditori a Castelvetrano. Questi erano in possesso di un terreno agricolo sul quale aveva dei diritti il defunto boss Totò Riina.

Le società sono state sequestrate in attesa della confisca.