TRAPANI – Sono trascorsi 25 anni da quando Giuseppe Montalto, agente scelto di Polizia penitenziaria è stato brutalmente assassinato da Cosa Nostra.
Il “regalo di Natale” per i capi mafia detenuti al 41-bis dell’Ucciardone di Palermo: questa la brutale definizione dei killer di uno dei loro più efferati assassini.
Una vita lunga appena 30 anni, dedicata alla legalità come quella di tante altre vittime di mafia e strappata improvvisamente da 2 assassini senza pietà, esponenti della criminalità organizzata di Trapani.
Dopo qualche tempo trascorso in servizio al carcere Le Vallette di Torino come agente di Polizia penitenziaria, Montalto era tornato nella sua natìa Sicilia, iniziando prestare servizio nella sezione di massima sicurezza dell’Ucciardone a Palermo.
Lì viveva fianco a fianco con i peggiori estorsori e criminali siciliani, che in genere non perdonano nemmeno uno “sgarro” ai loro danni. Era un continuo scontro Polizia-mafia, una lotta quotidiana tra chi contro i reati la combatte dalla parte della legge e chi mantiene un sistema fatto di omertà e illegalità.
Probabilmente all’origine della morte di Giuseppe Montalto vi fu proprio un trattamento non gradito da parte dei carcerati del 41-bis: uno scambio di “pizzini” intercettato e denunciato con senso del dovere e onestà dal 30enne. Un “disonore” che i vertici di Cosa Nostra hanno deciso di punire col sangue.
L’agente Montalto si trovava in contrada Palma (Trapani), a pochi passi dalla casa del suocero, quando venne “fatto fuori”. In auto con lui c’erano la moglie incinta e la figlia piccola. Due bambine che non hanno mai conosciuto il padre, un Natale che ha perso ogni gioia per una famiglia distrutta, un uomo di valore sottratto allo Stato… Questo è ciò che è rimasto del 23 dicembre di 25 anni fa.
Fu chiaro quasi da subito che l’assassinio dell’agente portava la firma dei vertici di Cosa Nostra. Anni dopo, fu il pentito Giovanni Brusca a confessare alcuni retroscena di quanto accaduto.
“Questa eliminazione aveva un valore simbolico di monito nei confronti delle altre guardie carcerarie in quanto in quel periodo circolava la voce che nelle carceri di Pianosa e dell’Asinara si verificassero maltrattamenti ai danni dei detenuti. I mafiosi trapanesi con un passa parola decisero di uccidere una guardia carceraria, così potevano fare un regalo a qualche amico che è in carcere”, spiegò Brusca durante un interrogatorio, parzialmente riportato in un documento del Ministero dell’Interno.
A raccontare la motivazione dietro l’omicidio, però, fu un altro pentito, Francesco Milazzo, che rivelò che l’agente era stato ucciso per aver intercettato e sequestrato un bigliettino destinato ai boss Mariano Agate, Raffaele Ganci e Giuseppe Graviano.
Del primo killer si conosce il nome: si tratta di Vito Mazzara ed è un ex campione di tiro a volo, condannato all’ergastolo. Del secondo non si conoscono nome e volto.
“Preposto al servizio di sorveglianza di esponenti del clan mafioso denominato ‘Cosa Nostra’, nonché di criminali sottoposti al regime carcerario 41 bis, assolveva il proprio compito con fermezza, abnegazione e alto senso del dovere. Proditoriamente fatto segno a colpi d’arma da fuoco in un vile attentato tesogli con efferata ferocia da appartenenti all’organizzazione criminosa, sacrificava la vita a difesa dello Stato e delle istituzioni”, si legge come ragione dell’assegnazione della Medaglia d’oro al valor civile all’agente ucciso.
Nel 2007, la Provincia regionale di Trapani ha istituito una borsa di studio che porta il nome di Giuseppe Montalto, destinata a vittime di mafia o incidenti sul lavoro.
Fonte immagine: Telejato
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