TRAPANI – Sei condanne e tre assoluzioni: è l’esito pronunciato dal gup di Palermo, Ivana Vassallo, nel giudizio abbreviato nato dall’inchiesta della Guardia di finanza che, il 16 dicembre dello scorso anno, aveva portato a 18 misure cautelari per presunti mafiosi e favoreggiatori dei clan di Marsala e Mazara del Vallo.
La condanna a Domenico Centonze
La condanna più pesante, 12 anni di reclusione, in linea con la richiesta della pm della Dda Francesca Dessì, è stata inflitta a Domenico Centonze, 50 anni, allevatore di Marsala.
Sono stati poi condannati:
- Alessandro Messina, a 9 anni e 8 mesi;
- Pietro Burzotta e Paolo Apollo, entrambi a 8 anni, con Apollo assolto dal capo d’accusa relativo al danneggiamento.
Burzotta è genero del defunto boss mazarese Vito Gondola.
Gli altri due condannati, entrambi marsalesi, sono:
- Pietro Centonze, 75 anni, padre di Domenico, che ha ricevuto 4 anni e mezzo per turbativa d’asta giudiziaria e tentata estorsione, ed è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa;
- Antonino Giovanni Bilello, condannato a 2 anni e 8 mesi.
Gli assolti
Sono stati invece assolti:
- Pietro Centonze, 66 anni, cugino di Domenico;
- i mazaresi Ignazio Di Vita e Lorenzo Buscaino.
Il pm Dessì aveva chiesto la condanna per tutti gli imputati.
Per altri sette indagati, che hanno scelto il rito ordinario, il processo è iniziato tre giorni fa davanti al Tribunale di Marsala. Si tratta di: Giancarlo Nicolò Angileri, Giovanni Piccione, Michele Marino, Giuseppe Prenci, Vito Ferrantello, Gaspare Tumbarello e Massimo Antonino Sfraga.
L’accusa
Secondo l’accusa, Pietro Burzotta avrebbe ereditato il ruolo di comando già ricoperto dal suocero Vito Gondola, assumendo una posizione centrale nella gestione delle attività illecite del clan. Le indagini hanno riguardato soprattutto il controllo dei pascoli, portando alla luce anche un presunto caso di turbativa d’asta relativo alla vendita giudiziaria di un terreno tra Mazara e Petrosino.
La Procura sostiene che presunti affiliati e fiancheggiatori avrebbero tentato di manipolare la procedura per favorire l’acquisto del terreno da parte di soggetti vicini all’organizzazione criminale.



