Emoticon, emoji e i cambiamenti nella comunicazione: i simboli hanno sostituito davvero le parole?

Emoticon, emoji e i cambiamenti nella comunicazione: i simboli hanno sostituito davvero le parole?

Oggi, in un mondo tecnologico che cambia senza sosta, anche il nostro modo di comunicare si è notevolmente modificato e, in alcuni casi, ampliato. Dato l’uso quotidiano di tutti i social network, infatti, non possiamo fare altro che ammettere che ognuno di noi interagisce con l’altro molto di più tramite scrittura. Da qui sorge, tra le altre cose, la “necessità” di aggiungere delle “faccine” per arricchire la conversazione, renderla meno “anonima” e per far trasparire meglio le nostre intenzioni.

Ad onor del vero, però, questo modo relativamente “nuovo” di esprimersi, che ormai è alla portata di tutti, pur facilitando le interazioni, potrebbe creare dei “muri” o aprire la strada a fraintendimenti. A chiarire il tutto potrebbero venirci in aiuto proprio le nostre amate e stra-usate emoticon” ed “emoji che, badate bene, non sono la stessa cosa. Ma, prima di vedere la differenza tra questi due “mondi” spesso assimilati, facciamo un esempio: se analizziamo la frase “Oggi devo studiare“, questa può aprirsi a una marea di interpretazioni. Se voglio dare un’accezione positiva, nell’era tecnologica in cui viviamo, mi basterà inserire una faccina di gioia, viceversa, nel caso opposto, una triste sarà sufficiente.

Con il termine “emoticon” si intende semplicemente una rappresentazione grafica di un viso usando la classica punteggiatura. In sintesi, se vogliamo indicare un sorriso, basterà scrivere: “🙂” dove i due punti simbolicamente raffigurano gli occhi, il trattino il naso e la parentesi la bocca. Correva l’anno 1982 quando Scott Fahlman inserì proprio 🙂 e 🙁 come simboli rapidi per distinguere una battuta da un’affermazione.

Di più recente introduzione (1990), invece, le “emoji” (“e” immagine + “mo” scrittura + “ji” catattere) che tradotto è “pittogramma“. Queste altro non sono che immagini che sostituiscono parole o raffigurano il significato di alcuni termini. Ogni azienda, poi, ha il suo “modo” di leggerli, tramite dei software appositi che le fanno comparire e, anche ad impatto, rendono sicuramente meglio l’idea che vogliamo trasmettere col messaggio.

C’è da dire, inoltre, che pc, smartphone, tablet eliminano – per quanto possibile e da un certo punto di vista – le distanze e, in questo, contribuisce tantissimo la comunicazione. Avere un linguaggio “universale, composto da “faccine” che sono ben note a tutti, fa avvicinare popoli e culture anche totalmente diversi che, pur non parlando la stessa lingua, si capiscono proprio grazie all’utilizzo di tali simboli.



Se ci pensiamo bene, tra l’altro, in certe occasioni, emoticon ed emoji ci fanno comodo perché evitiamo di esprimere concetti contorti, alleggeriamo il peso di certe affermazioni e risparmiamo indubbiamente tempo, non contando la fatica di dover sempre “spiegare tutto“. Probabilmente, sono solo un segno dei tempi, espressioni concise, rappresentative e sbrigative. Un ottimo aiuto per le persone più timide o per i pigri che, solo inserendo una faccina, avranno mandato il messaggio sperato.

Occorre, quindi, a questo punto fare una riflessione. Quanto valgono, allo stato attuale, il valore delle parole, il contatto faccia a faccia con le persone? Si tratta di tutta un’altra storia. Dal semplice linguaggio del corpo e dal modo (tono, espressione…) di pronunciare determinate locuzioni, si percepiscono anche sensazioni che è impossibile far trapelare tramite uno schermo, seppur usando la “faccina” più idonea tra tutte quelle a disposizione.

Abbandonandoci ai simboli che “parlano al posto nostro (e non sempre in modo veritiero), forse, ci stiamo un po’ disabituando alle parole, a provare a far mente locale nel più breve tempo possibile per conoscere e scoprire l’altro. L’idea di fondo dell’utilizzo di questo modo di comunicare, però, non è errata, ma è come se ci autorizzasse implicitamente a non sforzarci troppo perché la fatica più grande risiede soltanto nella scelta tra i tanti simboli a disposizione, su quali inserire e, invece, non dovrebbe essere così.

Guardiamo, quindi, emoticon, emoji e quant’altro come un “quid pluris“, un elemento in più, in un mondo che, sempre più velocemente, ci induce a ridurre i contatti sociali “fisici” a favore di altre tipologie di interazioni che, anche tramite un semplice like, possono trasmettere tanto ma, ricordiamoci, ancora una volta, che nulla sostituirà mai le parole che sono uno strumento potentissimo e non valgono nemmeno tutte le “faccine” del mondo.

Immagine di repertorio