“La Casa di Carta” come fenomeno mondiale: il simbolismo, i segreti e le curiosità sulla serie tv cult del momento

“La Casa di Carta” come fenomeno mondiale: il simbolismo, i segreti e le curiosità sulla serie tv cult del momento

La Casa di Carta è senza dubbio la serie tv cult del momento ed è diventata un vero e proprio fenomeno mondiale, soprattutto dopo l’ultima uscita della quarta stagione, attesissima dai fan e non solo. Tute rosse, maschere di Dalì, canti e una banda composta da diversi soggetti, appositamente scelti dalla “mente” del gruppo, il professore, che li ha fortemente voluti come complici – e istruiti mesi prima su ogni mossa – per realizzare una delle rapine più grandi della storia.

Introducendosi alla Zecca di Stato spagnola, infatti, dovranno riuscire a trascorrere lì dentro alcuni giorni per stampare banconote a dismisura per poi uscire “indisturbati” da un apposito tunnel scavato nel frattempo dagli ostaggi. Porteranno a termine il colpo e il bottino finale sarà di oltre 2.400 milioni di euro! L’operazione è stata messa a segno anche grazie alle competenze specifiche di ogni membro del gruppo: chi nel produrre denaro falso, chi nell’uso delle armi, chi nel prendere in pugno la situazione…

Quel che non tutti sanno, però, è che dietro gli intrecci dei personaggi e i fatti nudi e crudi c’è dell’altro: un simbolismo più o meno evidente che rende la serie tv affascinante e adatta a un pubblico che sa andare oltre, oltre gli amori nati sul campo, oltre il semplice “colpaccio“.

Se scaviamo più a fondo, il gesto di rapinare la Zecca di Stato spagnola prende le vesti di un’azione rivoluzionaria, un modo per manipolare lo Stato che non può fare altro che “arrendersi“. Ecco che tutti i componenti assumono una nuova identità e si chiameranno Tokyo, Nairobi, Rio, Berlino, Helsinki, Denver e Mosca. Proprio loro saranno il “braccio” che eseguirà quasi del tutto fedelmente quello che la “mente” aveva spiegato e progettato nei cinque mesi precedenti al colpo. C’è anche da dire che tutti hanno la loro individualità ma sono ribelli, vogliono arricchirsi ma senza rinunciare ai propri ideali. L’idea di fondo, che li accomuna, è quella di prendere con la forza ciò che lo Stato ha sempre negato loro. Ma cosa c’è sotto?

Il professore e la sua banda non lasciano nulla al caso, anche la scelta delle maschere da indossare ha una propria logicità. Per tutte le stagioni, infatti, sarà il volto di Salvator Dalì, con sorriso e baffi all’insù inconfondibili, che si mischierà con loro, seppur man mano la polizia scoprirà quasi tutti. Perché è stato scelto questo pittore e non altri? La risposta va cercata più che sul piano artistico su quello politico: proprio lui fu un sostenitore ferreo del regime autoritario di Francisco Franco, che contrastava di gran lunga la Resistenza, che invece è rappresentata in toto dai ragazzi protagonisti della serie.

Coprirsi il volto, infatti, è un modo per andare contro le idee che, per ben 36 anni, hanno messo a dura prova l’intera Spagna, per “prendersi gioco” di quelle scelte ideologiche del tutto folli e autoritarie. I ragazzi, così come anche noi a volte nella vita, combattono contro qualcosa di più grande di loro, lottano per un obiettivo comune. Inoltre, lo stesso Dalì era solito parlare di “creare confusione” senza porre limiti alla propria immaginazione ed è in pieno quello che intendono fare tutti i personaggi della storia.

Secondo quanto dichiarato dall’attore che interpreta il professore, Alvaro Morte, la maschera rappresenta, infatti, lo spirito di resistenza che tutti dovrebbero avere di fronte ad ogni ingiustizia. Il messaggio è proprio quello di reagire, “il piccolo pesce può vincere contro quello grosso“, in base a quello che ha svelato la mente del gruppo. Si realizza così un’inversione di rotta: il pubblico si affeziona ai rapinatori e “tifa” per loro, creando una sorta di empatia realizzata anche attraverso il fenomeno della maschera come forma di ribellione, indignazione e scetticismo verso il sistema.

A questo si collega anche l’utilizzo del rosso per le tute, che non è casuale. Il colore rappresenta la passione senza dubbio, dato che i membri sfateranno una delle regole imposte dal professore, “Nessun legame tra i componenti della banda“, e creeranno delle relazioni tra loro anche significative e durature nel tempo. Ma il rosso è anche il colore del peccato e che identifica la Resistenza, simbolo delle rivoluzioni nel mondo legato anche alla voglia di far valere le proprie ideologie a tutti i costi. Certo è che, in diverse occasioni, l’amore mescola le carte, fa vacillare le certezze e rende tutto più misterioso e precario, perché si sa, “l’amore è cieco” e non è facile essere razionali quando si è innamorati. Il professore lo sa bene, dato che aveva previsto ogni singola mossa tranne quella di poter provare qualcosa di forte per Raquel, ispettrice affidata al caso che rinuncia a tutto per seguire la banda, cambiando “fazione” e diventando Lisbona. In questo gesto, apparentemente folle, si rivede la stessa pazzia di Salvator Dalì, la sua voglia di rompere gli schemi per vedere il mondo in un modo diverso. Ecco che le maschere diventano un simbolo per coloro che sono stanchi dei prepotenti.

Di recente, tra le altre cose, lo stesso costume è stato usato nella vita reale a Portorico dove alcuni protestanti hanno manifestato contro le dimissioni del governatore Ricardo Rosselló. Ben 500mila persone sono scese in strada per far sentire la loro voce con le tute rosse della Casa di Carta e in molti portavano un cartellone con su scritto: “Siamo la resistenza“.

Se tutto ciò non bastasse, a far quadrare il cerchio è senza dubbio il canto partigiano “Bella Ciao” che viene intonato più volte durante gli episodi. Questo “inno” quasi epico, nato prima della Liberazione, proprio durante la Seconda guerra mondiale, è diventato simbolo della Resistenza italiana contro Mussolini e i tedeschi. In tutto il mondo è conosciuto per essere un grido contro il fascismo, a favore dei diritti e della libertà del popolo. Rappresenta, ancora, un modo per raccontare quali sono gli ideali e le motivazioni alla base di tutte le azioni del professore e della sua “ciurma“. Il messaggio, infatti, è quello di dire che “finché c’è resistenza c’è speranza“, anche se i personaggi hanno tanti dubbi su come uscire dalla Zecca di Stato e su quale sarà il loro destino. Più che una presa di posizione politica, infatti, Bella Ciao vuole andare oltre, esprimendo anche uno stato d’animo.

Un altro simbolo della serie è la carta e ciò trapela dal nome stesso e da un gesto, quasi meccanico, che fa il professore, intento a realizzare, mentre parla con la polizia, degli origami. Il significato immediato è che si tratta di una rapina quasi folle, ben pianificata ma che può crollare da un momento all’altro, proprio come un “castello di carta“.

Ma non è tutto. Per molti il denaro, infatti, diventa quasi il motore della vita, mentre per il professore non è così: è molto più importante la carta che usa per realizzare delle gru che simboleggiano la purezza rispetto alle banconote. Ed è questo quello che cercano anche i componenti della banda: un equilibro tra la spietatezza del denaro, sporcato da chi lo crea e da chi lo utilizza, e la sacralità della carta, come quella usata per gli origami.

Dopo aver analizzato il simbolismo legato alla Casa di Carta, vediamo quali sono le curiosità e i segreti che la serie tv porta con sé. Innanzitutto, diciamo che tutti gli episodi sono stati girati in ordine cronologico e quasi a “sorpresa” anche per gli attori che, giorno per giorno, scoprivano quale sarebbe stato il destino del loro personaggio in modo tale da non aspettarsi nulla e vivere maggiormente il momento.

Per chi ha visto la serie, sa che Berlino, membro della banda nonché fratello del professore, ha una malattia terminale e gli sono stati diagnosticati pochi mesi di vita (nella vita reale non esiste questa patologia). Nella prima stesura della sceneggiatura, però, tutti i protagonisti avrebbero dovuto avere problematiche di salute importanti, in modo tale che si trattasse di persone “senza nulla da perdere“, giustificando in tal modo il “lancio nel vuoto“, ma alla fine così non è stato anche per evitare di “appesantire” la trama.

Per quanto riguarda l’ambientazione, sia esterna che interna, dobbiamo aggiungere che non riproduce fedelmente la Zecca di Stato spagnola (nelle prime due stagioni) né la Banca di Spagna (nelle altre stagioni) perché, a monte, i produttori non hanno ottenuto i permessi, per ragioni facilmente intuibili. Tutto quello che si vede nella serie, pertanto, sono luoghi limitrofi o inventati, un mondo a sé stante ma assolutamente ben riuscito.

La voce narrante è quella di Tokyo, una delle protagoniste femminili del colpo, ma, nelle originarie intenzioni, non doveva essere lei a illustrare/anticipare/mostrare elementi chiave e passaggi fondamentali. Si era scelto, infatti, il professore ma sarebbe stato troppo “egocentrico“: l’ideatore che parla del suo piano perfetto. Questa ipotesi così configurata mostrerebbe, tra le altre cose, una personalità sfacciata, caratteristica che non gli appartiene, dato che, in più occasioni, il professore è piuttosto timido e quasi sociopatico.

A parte questo, uno dei temi trattati è anche il femminismo e tutte le donne della serie hanno dei caratteri forti ma nello stesso tempo sensuali, sono furbe e intelligenti, dei veri treni in corsa. Affidare la narrazione a Tokyo risponde anche al rispetto di questa esigenza di mettere la donna sullo stesso piano dell’uomo e, infatti, nella Casa di Carta sarà spesso “il sesso debole” l’elemento trainante a 360°, non sarà solo un aiuto dei maschi ma, in certi casi, saranno proprio le donne a “dirigerli“, prendendo il comando.

Infine, una delle certezze e dei tratti indistinguibili della serie, come detto, sono le maschere ma, prima di scegliere Dalì, non si era escluso di usare il volto di Don Chisciotte, che rappresenta, in fondo, un po’ di quella sana follia nel compiere gesti quasi impossibili, tipica di tutti i personaggi della Casa di Carta.

Il vero punto di forza di questa serie tv è quello di riuscire a far rimanere “incollato allo schermo” il telespettatore dall’inizio alla fine garantendo quel clima di suspense misto ad adrenalina che solo il gusto dell’ignoto può dare. In più, oltre ai significati più o meno sottesi, ognuno può vedere una propria chiave di lettura personale e proprio questo ha fatto, fa e farà la differenza.