“Tutta colpa loro”: il fenomeno del capro espiatorio

“Tutta colpa loro”: il fenomeno del capro espiatorio

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

Perché l’essere umano cerca spesso qualcuno da incolpare per i mali che l’affliggono? 

Sia che si tratti di famiglia, lavoro, politica, sport o altro si cerca il cosiddetto capro espiatorio per assolvere se stessi. 

La domanda nasce spontanea: perché si sente la necessità di accusare qualcuno per qualsiasi disgrazia? 

Ebbene, frequentemente l’essere umano, in situazioni di estrema difficoltà, non ha la capacità di assumersi le proprie responsabilità e dimentica di essere l’artefice del proprio destino. È esattamente questo il momento in cui l’individuo decide di gettare le proprie angosce e frustrazioni su qualcun altro. Che sia un parente, un amico, un gruppo di persone con specifiche caratteristiche, poco importa: il colpevole di ogni misfatto è subito trovato e odiato.

Già la Bibbia testimonia di un antico rito ebraico che consisteva nel sacrificare un capro, il quale, caricato di tutti i peccati del popolo, veniva mandato nel deserto.

Analogo al capro espiatorio era il rito del Pharmacos, che mirava ad ottenere una purificazione mediante l’espulsione dalla città di un individuo chiamato pharmakos (qualcosa come “il maledetto”).

«Nella dinamica del capro espiatorio- afferma l’antropologo René Girard – si individua sommariamente qualcuno come portatore delle caratteristiche di un potenziale responsabile dei mali sofferti dalla collettività».

Perciò l’accusa, pur essendo quasi sempre istintiva, ha delle specifiche motivazioni. 

La storia ci consegna i più esemplari capri espiatori.

Gli Ebrei costituiscono l’esempio perfetto, infatti non li ricordiamo solo come la razza perseguitata dai nazisti durante la Seconda Guerra mondiale, bensì anche come il capro espiatorio della peste nel Trecento, quando a loro erano attribuiti il deicidio e i peccati che avevano causato la furia divina.

Anche gli Afroamericani sono caso esemplare di capro espiatorio quando, durante la guerra di secessione e fino al secolo scorso, venivano presi di mira e linciati da coloro che li consideravano la causa di crisi economiche e sociali.

Non allontaniamoci troppo, il capro espiatorio c’è anche oggi. In tv, per strada o al lavoro. 

Spesso si sente dire che “siamo tutti disoccupati perché gli immigrati ci rubano il lavoro”.

Come gli ebrei e gli afroamericani, gli immigrati sono il capro espiatorio della quotidianità, in quanto “marginali” e “diversi” rispetto agli Italiani. 

Certo se si ricercassero e raccogliessero i dati oggettivi, si capirebbe che gli immigrati non rubano il lavoro agli Italiani, poiché svolgono le mansioni che di solito un italiano rifiuta, come lavorare in fabbrica o nei campi. 

Evidentemente il capro espiatorio è la scorciatoia più comoda per chi non si assume le proprie responsabilità e non agisce per cambiare la propria esistenza.

Come disse Lev Tolstoj…“È difficile per un uomo scontento non rimproverare qualcun altro, e proprio chi gli è più vicino, di ciò che lo rende scontento.” 

Giulia La Rosa -Concetto Marchesi Mascalucia 3D