QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.
-Buongiorno a tutti. Nell’articolo di oggi, andremo a capire cosa significa aerodinamica, quali sono le varie funzioni e le strategie aerodinamiche applicate ai vari autoveicoli stradali e da competizione, andremo a studiare i vari fenomeni aerodinamici e andremo a capire come funziona la “downforce” in curva.
MA PRIMA DI TUTTO…DA DOVE COMINCIARE?
-Prima di cominciare, dobbiamo assolutamente rinfrescare o, nel caso vi siano
sconosciute, andare a chiarire il concetto di forze aerodinamiche quali deportanza, lift, drag…
–Ma da dove nasce tutto?
-Tutto nasce dalla portanza, dallo studio degli aeroplani. I primi studi sull’aerodinamica furono fatti in ambito aeronautico, dove, appunto, si cercava di massimizzare la spinta verso l’alto (portanza) che va a vincere la forza di gravità esercitata dalla Terra su ogni corpo.
COS’E^ LA PORTANZA? COME SI FORMA?
Ma quindi cos’è la portanza e da cosa viene generata?
-Essa è una forza risultante, cioè una somma vettoriale di varie forze che agiscono in quel punto o corpo, e viene generata dal profilo alare, cioè dalla sezione di un’ala condotta verticalmente e parallelamente alla mezzeria di un aeromobile. Dalla rappresentazione affianco (fatta da me), si denota la forma del profilo alare, che genera questa spinta verso l’alto che fa volare l’aeroplano. Andiamo a chiamare il puntino rosso nell’immagine sopra “centro di pressione”, ovvero il punto in cui si applicano tutte le varie forze aerodinamiche esercitate sul profilo alare, andiamo a ottenere un sistema dove la portanza controbilancia la forza di gravità esercitata sul profilo alare.
Ogni volta che si va a generare portanza (o deportanza, ovvero la forza verso il basso di cui parleremo dopo), si genera in maniera quasi automatica, il così detto “drag” o resistenza aerodinamica, una caratteristica quasi implicita dei fenomeni aerodinamici. Essa andrà quindi a “frenare” la spinta del punto materiale in questione, cioè l’oggetto/corpo in cui le dimensioni siano trascurabili rispetto all’ambiente in cui si trova (in questo caso che sia una monoposto, una vettura stradale, da competizione oppure un aereo). La forza di resistenza sarà controbilanciata da una forza particolare, cioè la “spinta” del corpo, che sarà generata dai propulsori/motori di un aeroplano o di una vettura stradale o da competizione. Si creerà un “sistema” dove tutte le forze saranno in equilibrio tra di loro.
–Come si forma la portanza? Sostanzialmente è la differenza di pressione (immagine affianco) che si va a creare tra la superficie inferiore e superiore del profilo alare. Questo Delta fa si che si generi portanza (con direzione verso la zona di bassa pressione) non andando troppo nei dettagli, poiché fenomeni troppo complessi. Ci sono tante variabili, fondamentalmente in formazione geometrica, che vanno a caratterizzare un profilo alare ovviamente.
FORZE/GRANDEZZE AERODINAMICHE: CHE FORZE AGISCONO SU UNA MONOPOSTO IN MOVIMENTO?
-Andiamo a definire e capire cosa sono queste grandezze aerodinamiche ovvero: portanza “lift”, resistenza aerodinamica “drag” ed efficienza aerodinamica.
La portanza e la resistenza dipendono da più parametri. Nell’immagine affianco, abbiamo p che è la densità dell’aria, S che è la superficie del profilo alare (o dell’intero corpo), V che è la velocità dell’aria al quadrato e poi 2 coefficienti importantissimi, cP e cD, ovvero coefficiente di portanza e coefficiente di resistenza. Le formule sono praticamente identiche, cambiano solo i due coefficienti. Questi ultimi dipendono da tanti parametri, molto particolari. Altro elemento fondamentale è il concetto di efficienza aerodinamica, che è importantissimo, soprattutto a livello automobilistico, in quanto nelle vetture da competizione (ad esempio Formula 1) si cerca di generare la massima “downforce” o spinta verticale, e ora capiremo perché si cerca la massima spinta verso sotto, ma allo stesso tempo si cerca di generare il meno quantitativo di resistenza aerodinamica possibile.
Se si generasse tantissimo carico verticale, ma allo stesso tempo tantissimo drag, vi sarebbero vantaggi e svantaggi. Un esempio può essere una configurazione di un’ala posteriore di una monoposto di Formula 1. Qui affianco possiamo notare due configurazioni diverse della Mercedes W13, una con un angolo maggiore e una con un angolo minore. I vantaggi della prima è che si avranno prestazioni in curva migliori, ma si avranno delle prestazioni ridotte in velocità massima, mentre invece per quanto riguarda la seconda quindi con angolo minore, si avranno gli effetti opposti di quella più carica.
-L’ideale quindi sarebbe avere un’aerodinamica/profilo alare “efficiente”, ovvero che riesca a generare carico verticale senza generare troppa resistenza aerodinamica. Come si può vedere nell’immagine sopra (inizio quarto paragrafo), il parametro dell’efficienza E (epsilon) non è altro che il rapporto tra il coefficiente di portanza/deportanza e il coefficiente di resistenza. Essendo il rapporto tra due grandezze omogenee, l’efficienza aerodinamica è un valore adimensionale, cioè non ha un’unità di misura. A destra riportato un grafico sul rapporto tra i due coefficienti sopra citati.
-I profili alari sono degli oggetti molto complessi, essendo che ci possono essere altre parti attorno ad esso, ad esempio su un’ala anteriore di Formula 1 ci possono essere i flap, gli slot, delle fessure, dei deviatori di flusso…Tutto viene progettato affinché il corpo alare funzioni il più correttamente possibile.
Affianco vi è una rappresentazione grafica di metà dell’ala anteriore di una monoposto Formula 1 del 2022.
In giallo viene evidenziata la parte del mainplane, in verde la parte dei flap, e infine in rosso viene evidenziata l’endplate
COME RIDURRE IL DRAG?
-Per ridurre il coefficiente di resistenza aerodinamica, la forma di un profilo alare o più profili alari è importantissima e gioca un ruolo fondamentale. Come si potrebbe abbattere il “drag”, molto nocivo per le vetture?
-Le soluzioni stanno, nell’utilizzo di profili alari con forme molto efficienti e poco ingombranti, ad esempio la presenza di uno splitter anteriore nel musetto (immagine laterale), dove l’aria investe la vettura, o anche la presenza di un fondo piatto (immagine sotto), cioè che riesca a isolare il flusso sotto la vettura dal flusso laterale, che fa da “effetto sigillo “Questo flusso laterale deve essere di natura turbolenta ,poiché sennò andrebbe a disturbare il flusso sotto a bassa pressione. Quest’ultimo sarà un flusso di natura laminare, e non avrà nessuna turbolenza/resistenza. In sostanza, la forma “geometrica” è un fattore molto importante per la riduzione del drag.
Fondo piatto di una vettura di Formula 1. Nella rappresentazione grafica, a opera di Giorgio Piola, notiamo un’andatura quasi completamente lineare del flusso sottostante, con poche sezioni Venturi.
Nota: il fondo piatto è idealmente parlando una soluzione corretta ed efficiente, ma, dal 2022, i nuovi regolamenti aerodinamici a “effetto suolo”, hanno bandito la possibilità di rivedere un fondo piatto, cambiando così totalmente l’aerodinamica delle Formula 1 attuali.
PERCHE’ SI VUOLE GENERARE CARICO VERTICALE?
-Sia nelle vetture stradali (sportive o competitive) e sia nelle monoposto di Formula 1/prototipi, vi è una gran necessità di generare spinta verticale verso il suolo, e di solito si genera nelle zone di bassa pressione (esempio: ala posteriore).
Disequazione per il calcolo della quantità di “grip”.
–Ma perché vi è questo bisogno? La “downforce” o carico verticale è una forza fondamentale a livello aerodinamico poiché spinge la vettura verso sotto e, questa forza, entra in gioco a partire dai 150-160 km/h (a velocità inferiori non è nemmeno da prendere in considerazione).
–Perché è importante? Consideriamo la formula dell’immagine riportata qui sopra, dove m è la massa della vettura, v è la sua velocità in curva, r è il raggio della curva, g è la costante di gravità (9,8 m/s^2), L è la portanza (Indicata con -L poiché parliamo di “portanza negativa”, ovvero deportanza) e poi kC, ovveero un coefficiente che dipende dalle proprietà delle sospensioni e degli pneumatici.
Nell’immagine sopra vi è una “disequazione” tra forza centrifuga, una forza esercitata su un corpo che si ritrova a percorrere un moto circolare a una velocità data, e grip meccanico, ovvero la quantità di aderenza che una vettura produce in funzione della sua deportanza e dalle proprietà dei suoi pneumatici/sospensioni.
-Trascuriamo il parametro kC, rendendolo una costante, abbiamo perciò il “lift” L che influenza il grip dello pneumatico in curva. Consideriamo di voler aumentare la massa della vettura, per cercare di aumentare le prestazioni di essa in curva. Andra ad aumentare la forza peso Fp (m*g), quindi anche il grip meccanico, ma aumenterà pure la quantità di forza centrifuga che verrà esercitata sulla vettura, e non ci sarà un bilanciamento (la forza centrifuga deve essere minore o uguale alla quantità di grip meccanico), il che non è buono per la vettura. Se, invece, andiamo ad aumentare -L, cioè la “deportanza”, andrà ad aumentare la quantità di grip meccanico ma non la forza centrifuga. Quindi si otterrà un aumento del carico effettivo e dei benefici enormi in curva, come ad esempio una prestazione migliore. Per questo vi è un’attenta ricerca nell’aumentare il carico verticale (a volte si parla anche di 1000 kg di carico in alcune curve!).
Ovviamente, la quantità di deportanza è distribuita in vari punti, non solo su una sola zona di bassa pressione, altrimenti ci sarebbe uno squilibrio dei pesi della vettura, che potrebbe essere pericoloso poiché creerebbe problemi come il decollo di una vettura.
-In Formula 1, la ricerca del massimo carico verticale ebbe inizio dagli anni 70 in poi. Prima le auto avevano la forma di siluri, poiché si cercava di ridurre al minimo la resistenza aerodinamica “drag”. Ovviamente le prestazioni di quelle auto ai tempi non sono paragonabili a quella delle vetture dagli anni 70 in poi. In Formula 1 si va a cercare il massimo quantitativo di downforce nella zona del fondo, poiché è la zona a bassa pressione che meno genera drag.
COME SIMULARE L’AERODINAMICA DI UNA VETTURA, PIU’ PRECISAMENTE FORMULA 1?
-Sappiamo bene che l’aerodinamica è la base della progettazione della vettura. Con il nuovo regolamento dal 2022 in poi, gli studi delle forze aerodinamiche e dei fenomeni stabili sono stati in un certo senso limitati. Ogni squadra ha diritto a un tot di ore per le simulazioni in fluidodinamica computazionale, dette simulazioni CFD, e per dei test in una particolare zona, chiamata galleria del vento.
-Questi “test” simulativi sono distribuiti in ore per ogni team, andando a prendere in considerazione la classifica dell’anno precedente. In genere si danno più ore al team ultimo classificato, fino ad arrivare alla prima classificata che ha meno ore a disposizione, questo viene fatto per equilibrare le forze in campionato (o almeno provarci)
-Le simulazioni CFD vengono compiute di solito con i calcoli delle equazioni di Navier-Stokes, sistemi di 3 equazioni di bilancio che descrivono un fluido viscoso laminare (dopo andremo a vedere che significa). Queste simulazioni andranno a definire le forze aerodinamiche precedentemente citate, ovvero deportanza e resistenza, dal quale si ricaverà l’efficienza E.
Nella pratica, il corpo in questione che si vuole studiare (la vettura) sarà suddivisa in
parti per aumentare la velocità del calcolo.
Essendo la vettura simmetrica, si andrà a studiare un solo lato (immagine a lato).
Risultato? Andremo a ottenere i campi di variabili come pressione e velocità, dalla quale calcoleremo i valori di deportanza e resistenza (sempre seguendo vari calcoli matematici precedentemente citati).
-Lo step successivo sarà la galleria del vento, una struttura dove si andranno a simulare i fluidi che investono la monoposto, con una velocità dettata dal regolamento. Nell’immagine a lato viene riportata la struttura di una galleria del vento.
-Che cosa succede in questa galleria?
Il modello 3D della vettura è dotato di vari sensori che vanno a misurare e raccogliere tutti i dati necessari. Il modello è immesso nella camera di prova, e sarà sostenuto dai vari supporti, che sono pensati per influenzare il meno possibile il campo esterno. Una cosa da sapere è che all’interno di tali simulazioni, si vanno a ipotizzare situazioni stabili a una velocità inferiore ai circa 250-260 km/h.
-Di fianco riportati degli esempi di moto laminare e turbolento.
FLUSSO DI UN FLUIDO CHE INVESTE UNA VETTURA DI FORMULA 1 O UN CORPO IN GENERALE
-In genere il fluido, si può suddividere in 2 importanti “andamenti” o “regimi”, che sono molto importanti da studiare in fase di progettazione di una vettura. Si può suddividere quindi in laminare e turbolento.
-Si parla di regime laminare quando il flusso di quel fluido è caratterizzato da un moto ordinato, con lo scorrimento per strati paralleli e infinitesimi gli uni sugli altri. Non vi è nessun tipo di rimescolamento del fluido. Vi è quindi una costanza di velocità e pressione nel tempo, poiché il flusso viene governato da forze viscose, e non sono presenti fenomeni “caotici”.
-In modo quasi opposto, il flusso di natura turbolenta di un fluido viene descritto da un moto caotico delle particelle del fluido, non seguono quindi una velocità ordinata.Lla velocità non è costante nel tempo, poiché in questo caso le forze inerziali superano quelle viscose, andando a creare dei vortici.
-In che modo investono questi regimi le vetture?
Ci sono dei corpi più aerodinamici? Assolutamente. I flussi e la resistenza, dipendono molto anche dalla forma di un oggetto (resistenza di forma) e dal distacco dello strato limite, ovvero una zona ideale di un flusso dove gli effetti di tale flusso vengono marcati di più rispetto a una superficie esterna. Suddividiamo i corpi in: corpi aerodinamici e corpi tozzi.
–I corpi aerodinamici, fanno si che il flusso segua in maniera laminare la superficie senza separarlo da essa. Il flusso segue, per effetto Coanda, la geometria del corpo, il distacco avviene in zone limitate e la scia turbolenta è minima.
–I corpi tozzi, invece, si comportano come un ostacolo per il flusso, separandolo e creando turbolenze. Lo strato limite non rimane attaccato al corpo, e si crea una grossa scia turbolenta.
-In Formula 1, un corpo tozzo per eccellenza è lo pneumatico anteriore, che separa il flusso d’aria, rendendolo turbolento, creando vortici e aumentando la scia turbolenta. Questo è oggetto di grande studio per i progettisti, che cercano di reindirizzare i vortici nocivi all’esterno della monoposto (effetto outwash).
Esempio di effetto outwash. Guardate come vengono spostati i flussi (freccia rossa)
-Se il regime è turbolento, aumenterà la quantità di turbolenze nell’aria, e ci sarà più attrito con le parti della macchina. Ecco perché un regime turbolento aumenta il “drag”, cioè la resistenza aerodinamica. Per questo i progettisti mirano al far scorrere il flusso in maniera laminare il più a lungo possibile.
–Per prevedere il passaggio tra regime laminare a turbolento, gli aerodinamici usano il numero di Reynolds, ovvero un valore adimensionale che dipende dal rapporto tra forze viscose e inerziali.
-Prendendo l’immagine affianco, possiamo vedere che v0 è la velocità del fluido. Essa maggiore sarà, più ci sono possibilità che il flusso sia turbolento, poiché i valori inerziali saranno maggiori di quelli viscosi. Invece, “l” è la lunghezza del corpo che viene investito dal flusso del fluido. Il valore di Reynolds dipende molto da questa grandezza. Infine abbiamo v, cioè la resistenza allo scorrimento del fluido. Maggiore sarà questo valore, minore sarà la velocità del flusso.
Formula di calcolo del numero adimensionale di Reynolds. Questo è il più conosciuto per le simulazioni aerodinamiche in CFD
EFFETTO VENTURI: IMPORTANTE SAPERE COS’E’.
-L’effetto Venturi è un principio fisico secondo il quale un fluido che si muove all’interno di un condotto, aumenta o diminuisce la sua velocità in funzione della pressione (velocità e pressione inversamente proporzionali). Segue l’equazione di Bernoulli: pressione+1/2*densità*velocità^2=costante
-Per dimostrare l’effetto Venturi, è necessario approfondire il concetto di pressione. Se parliamo di pressione dobbiamo distinguere tra: pressione statica e pressione dinamica. La pressione statica è una pressione che l’aria esercita sulle pareti di un corpo senza muoversi. Se parliamo di pressione dinamica, è quando l’aria, posta in movimento, esercita una pressione che aumenta al diminuire della pressione statica. Il legame tra esse fu dimostrato da Daniele Bernoulli, che affermò che la somma tra pressione dinamica e statica è costante. Quando l’aria è ferma la pressione dinamica non esiste (è uguale a zero): tutta la pressione disponibile è in forma statica. Man mano che l’aria viene messa in movimento, si genera pressione dinamica. Se è vero che la somma di questa nuova pressione con quella statica non varia, significa che la pressione statica è diminuita, tanto quanto è aumentata quella dinamica.
-Esempio: 2 linee di fogli paralleli tra di loro, che formeranno una zona interna e 2 zone esterne. Se soffiamo all’interno, vedremo che le 2 linee si avvicinano. L’aria ha ridotto la sua pressione statica.
-L’effetto suolo si basa molto sulla rappresentazione di un tubo venturi, un condotto con una sezione d’ingresso, nel quale il fluido entra con velocità e pressione dette “indisturbate”, ricollegabili a quelle circostanze. Il fluido entra nella sezione iniziale, seguendo la superficie, converge (sezione convergente), cioè si restringe sempre di più verso la “sezione ristretta”, il punto in cui la pressione è minima e la velocità è massima, e dopo “esce” da una porzione del condotto, chiamata sezione divergente, facendo tornare la velocità ai valori iniziali. Per questo abbiamo parlato di differenze di velocità, poiché la variazione di sezione, farà aumentare la velocità del fluido.
DIMOSTRAZIONE EFFETTO VENTURI IN FORMULA 1
-Immaginiamo che la parte sottoscocca di una monoposto di Formula 1 si comporti in maniera simile a quella di un tubo Venturi, quindi non un fondo piatto e omogeneo (come ne ho parlato nell’esempio di prima), ma con sezioni convergenti e divergenti. È come se si realizzasse un tubo Venturi tra il fondo e l’asfalto.
-NOTA: nello schema del tubo di Venturi bisogna notare che l’angolo della porzione uscente del fluido, dov’è presente la sezione divergente, sia minore rispetto a quello della porzione convergente. Ma perché questo? Bisogna intanto fissare il concetto di Effetto Coanda e stallo aerodinamico, poiché c’entrano molto con quello che sto per dire. Quando un fluido ha la tendenza a seguire perfettamente la superficie del profilo alare, lo possiamo definire Effetto Coanda (l’immagine qua riportata con l’acqua che segue la superficie del cucchiaio è un classico esempio).
Torniamo alla questione dell’angolo della porzione divergente. Mettiamo caso che la velocità, con il quale il fluido “esce” dalla sezione ristretta, sia elevata. L’angolo non deve essere eccessivamente grande, non più di 8°-10° gradi, sennò avverrà il distacco del fluido dalla superficie alare, o “stallo aerodinamico”, e ci sarebbe di conseguenza una perdita di carico verticale.
Con questo, si è conclusa la lettura dell’articolo nella quale abbiamo parlato delle nozioni base dell’aerodinamica in generale, applicata alla Formula 1, che servono per sapere alcuni fondamenti fisici di una monoposto. Come abbiamo detto prima, l’aerodinamica in Formula 1 si è evoluta tantissimo, e continuerà a evolversi sempre. Chissà come si evolverà nel 2026, quando vi sarà l’introduzione dell’aerodinamica “attiva” …intanto godiamoci questa era a effetto suolo.
A cura di Mattia Turrisi 4as Liceo Scentifico Archimede – Acireale
[ratemypost]