Anche a Catania scrutini bloccati contro la Buona Scuola

Anche a Catania scrutini bloccati contro la Buona Scuola

CATANIA –  Nessuno può contestare che, se Renzi ha un merito, è quello di avere messo d’accordo tutti, indipendentemente da estrazione e appartenenza, nel combattere uniti la sua riforma. Non solo studenti, insegnanti di ruolo, precari, personale non docente e famiglie; ma anche tutti i sindacati, Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Cobas, sono di nuovo alla ribalta  per dire che la Buona Scuola del Primo Ministro e della sua Ministra Giannini, va cambiata, anzi ritirata.

Pare che la riforma non sia buona neppure per la commissione Affari Costituzionali del Senato. Infatti, non ha passato il vaglio del parere di costituzionalità. Con 10 voti contrari e 10 a favore il parere in commissione Affari Costituzionali non passa per il “voto determinante” di Mario Mauro, senatore di Gal che nei giorni scorsi ha annunciato l’uscita dalla maggioranza. Da un punto di vista costituzionale la riforma della buona scuola è scritta male – osserva Mauro – pertanto fermiamoci e riscriviamola meglio“.

L’ultima mossa è quella del blocco degli scrutini che sta avvenendo in tutto il Paese.

A Catania, Boggiolera, Ospedalieri, Gemmellaro, Cannizzaro e Lombardo Radice, sono solo alcune delle scuole che hanno aderito al blocco degli scrutini per continuare a manifestare dissenso contro la Riforma.



Non si tratta comunque di un vero blocco, ma soltanto di un rinvio di un paio di giorni, di un’azione simbolica per manifestare contro la riforma voluta dal presidente del Consiglio.

“Siamo speranzosi. I numeri, al Senato, non sono quelli della Camera. Continueremo a contestare l’impianto di questa Riforma e non ci accontenteremo di certo di qualche ritocco” – afferma  Teresa Modafferi, portavoce provinciale dei Cobas Scuola Catania che, contattata dalla nostra redazione, attacca: “È inaccettabile che  in cambio della dovuta stabilizzazione dei precari, il Governo proponga un modello di scuola retrivo, in cui il dirigente ha potere di scelta e di giudizio sui docenti, in cui a scuola si può modificare tutto (curriculum, distribuzione delle materie, gruppi classe) purché non si gravi ulteriormente sulla finanza pubblica, in cui genitori e studenti si configurano sempre più come clienti. Vogliamo tornare al dettato Costituzionale: lo Stato trovi le risorse economiche per la sua scuola, la smetta di regalare centinaia di milioni di euro alla scuola privata, ritiri questo disegno di legge e metta mano, invece, ad un serio piano di assunzione dei precari e ad un meditato intervento sull’emergenza educativa. Un preside che sta al comando – continua la Modafferi – premierà i suoi sudditi, verranno meno così spirito critico e libertà d’insegnamento. Con quale criterio valuterà i suoi docenti? E cosa insegnerà una  scuola così organizzata ai suoi studenti? L’obbedienza, la sudditanza, l’uniformità. Ci siamo opposti infatti anche ai test Invalsi che prediligono una scuola enciclopedica basata sui quiz. Questa riforma è il coronamento politico che trasforma la scuola in azienda, che affossa l’istituzione pubblica prediligendo quella privata. Non lo possiamo accettare! La scuola pubblica è un bene comune che deve appartenere a insegnanti e studenti nel totale rispetto dei principi della Costituzione e della democrazia”.

Ci chiediamo quindi, in un tale contesto, che fine farà quella bellissima realtà del “corpo docente”, che considera la scuola un “corpo unico” i cui valori imprescindibili sono la cooperazione e la collegialità. Era inevitabile che, una riforma che mette in campo pochi soldi, che non ha nulla di pedagogico e propone piccoli passi, in cambio dell’assunzione di qualche precario, scontentasse un po’ tutti. Poche scelte forti e molta mediazione.