Varicocele: il punto di vista del chirurgo

Varicocele: il punto di vista del chirurgo

Prof. Diego Piazza

Il varicocele, dilatazione varicosa delle vene del testicolo e del funicolo spermatico, è una patologia molto frequente che ha rilevanza clinica nel 5-20% della popolazione maschile (15% della popolazione adulta, 2-11% degli adolescenti) ed è spesso associata a dispermia (alterazioni qualitative e quantitative dello sperma) ed infertilità. La sintomatologia nel maschio affetto da varicocele primitivo è in genere assai scarna. Solo una minoranza dei pazienti riferisce una sintomatologia di tipo gravativo o tensivo a livello dello scroto interessato, specialmente dopo protratta stazione eretta e durante gli sforzi fisici. Un certo numero di pazienti giunge all’osservazione del medico per un problema di infertilità di coppia.

Importante è la ricerca dell’ipotrofia testicolare ovvero la presenza di una riduzione volumetrica del testicolo interessato di almeno il 20% rispetto al testicolo controlaterale. L’ipotrofia testicolare rappresenta un elemento fondamentale per porre l’indicazione alla correzione chirurgica praticamente nella totalità dei casi, soprattutto nei pazienti al di sotto dei 17-18 anni, dove la scarsa attendibilità dello spermiogramma, rende l’ipotrofia testicolare l’unico criterio di orientamento terapeutico. Ecco perché il varicocele, anche nelle sue forme di minore entità, dovrebbe essere diagnosticato precocemente, in età adolescenziale, quando è già presente ma non ha avuto ancora il tempo di determinare un danno riproduttivo. La possibile associazione tra varicocele ed infertilità ha suggerito di intraprendere sulla popolazione adolescenziale programmi di diagnosi preventiva e di terapia precoce. Va sottolineato che non esistono a tutt’oggi fondamenti evidenti a sostenere un nesso tra entità del varicocele, gravità del danno seminale e predittività del recupero di tale danno dopo correzione del varicocele.

È stato osservato che il 50-70% dei soggetti con infertilità hanno un aumento della quantità/qualità della produzione di sperma se sottoposti a trattamento del varicocele. Per motivi prevalentemente anatomici il varicocele nell’ 85% dei casi è localizzato a sinistra, mentre nel 10-15% dei casi è localizzato a destra o bilateralmente. La sua patogenesi non è chiaramente conosciuta, anche se il fatto più probabile è che sia determinato da una congenita debolezza delle pareti venose associata ad una incontinenza delle valvole; la pressione del sangue determinata dalla posizione eretta a lungo andare determina la dilatazione delle vene del plesso pampiniforme con conseguente ipossia tissutale testicolare, aumento della temperatura intrascrotale e reflusso di sostanze prodotte dal rene e dal surrene. Si viene quindi a determinare un’inversione del flusso ematico nel sistema venoso del testicolo.

La comparsa repentina di un varicocele in un soggetto non giovane impone degli accertamenti necessari ad identificare la presenza di una massa occupante spazio renale o retroperitoneale che comprimendo il sistema venoso ne sia la causa. Anche se molte teorie sono state avanzate e possono essere plausibili, il meccanismo patogenetico della ipofertilità nel varicocele rimane poco chiaro soprattutto a causa delle scarse conoscenze sui più fini meccanismi di controllo della spermatogenesi. Possiamo certamente affermare che si tratti di un meccanismo multifattoriale. Rimane comunque sufficientemente dimostrato che esiste una correlazione statisticamente significativa tra varicocele e riduzione della fertilità e questa considerazione non può far altro che spingerci ad una diagnosi quanto più precoce possibile al fine di instaurare una terapia altrettanto precoce e per questo presumibilmente più efficace a prevenire o limitare tale danno.

La diagnostica per immagini ha un ruolo fondamentale nella diagnosi, nella stadiazione del varicocele e nella scelta del tipo di intervento da eseguire e si avvale delle seguenti tecniche: flussimetria Doppler, ecografia, ecocolordoppler e flebografia.

varicocele

La classificazione del varicocele primitivo su base clinica più utilizzata è quella proposta da Dubin e Amelar (1970):

  • Varicocele subclinico: non visibile né palpabile, evidenziabile solo su base strumentale.
  • Varicocele di I grado: varicocele evidenziabile alla palpazione soltanto durante una manovra di Valsalva.  
  • Varicocele di II grado: varicocele evidenziabile alla palpazione (palpabile).  
  • Varicocele di III grado: varicocele evidenziabile all’ispezione (visibile).

Altre classificazioni che vengono comunemente utilizzate nella pratica clinica sono quella “ecografica” e “flussimetrica” (sec. Hirsh). Indispensabile nella valutazione del paziente portatore di varicocele è l’esecuzione dello spermiogramma basale (prelievo effettuato tramite masturbazione dopo quattro giorni di astensione da rapporti sessuali ed osservazione immediata del materiale a fresco) per evidenziare i parametri seminologici (numero, morfologia, motilità degli spermatozoi) al fine di poterli raffrontare con quelli successivi all’intervento terapeutico.

L’attenzione viene focalizzata principalmente su tre variabili: la concentrazione degli spermatozoi (numero di spermatozoi per ml di sperma), la motilità degli spermatozoi (percentuale di forme mobili ad 1 ora dalla raccolta) e l’eventuale teratospermia (percentuale di forme immature e/o malformate rispetto alle totali). L’indicazione all’intervento chirurgico viene posta nello stadio III e IV di Hirsh (presenza di reflusso con e senza manovra di Valsalva) e nello stadio II (minimo reflusso) quando siano presenti alterazioni dello spermiogramma.

Poichè alla base di questa patologia e delle sue conseguenze sulla fertilità vi è una inversione del flusso ematico nel sistema venoso del testicolo, la terapia del varicocele non può che consistere nella interruzione di questo circolo anomalo del sangue. Lo scopo del chirurgo è quello di reperire le vene spermatiche, di legarle e di sezionarle. Il lungo decorso anatomico delle vene spermatiche, soprattutto a sinistra, fa sì che tante possano essere le strade e quindi gli accessi chirurgici per giungere alle vene in questione. Ognuno di questi accessi offre dei vantaggi e dei limiti rispetto agli altri e quindi ognuno di essi trova la sua indicazione a seconda dei casi.

I procedimenti chirurgici tradizionali più comunemente usati sono quelli descritti da Ivanissevich e da Palomo che prevedono l’aggressione delle vene spermatiche nella cavità addominale posteriore dopo la fuoriuscita dall’anello inguinale interno.

Legatura Retroperitoneale: è la tecnica chirurgica più largamente utilizzata. Presenta il vantaggio di essere abbastanza semplice e gravata da poche complicanze. Si esegue un’incisione di circa 4-5 cm in fossa iliaca. L’accesso retroperitoneale alto prevede l’apertura della parete muscolare con anestesia generale. Può essere eseguita una legatura solo della vena (Ivanissevich), o una legatura in blocco di tutto il fascio vascolare (Palomo).

Le legature retroperitoneali oggi possono essere eseguite in laparoscopia; in questo caso sull’addome vengono eseguite 3 incisioni di circa 2 cm attraverso le quali si fanno passare una telecamera e dei lunghi strumenti che vengono manovrati dall’esterno. Va sottolineato che la terapia non è sempre risolutiva e una recidiva può comparire fino al 15% dei casi riportati in letteratura.

Varicocele 1

L’avvento della chirurgia laparoscopica del varicocele ha diminuito il tasso di recidiva al di sotto del 2% poiché questa consente di effettuare la legatura delle vene spermatiche molto vicino all’orifizio interno del canale inguinale e, grazie all’ingrandimento dell’immagine, permette l’identificazione di vene di calibro anche molto piccolo. Ha inoltre il vantaggio di poter risparmiare la legatura dell’arteria spermatica. La complicanza post-operatoria più frequente è l’idrocele, dovuto alla sezione dei vasi linfatici testicolari: può provocare lo sviluppo di una raccolta fluida attorno al testicolo, con aumento di volume dello scroto, che appare gonfio. Talora l’idrocele può essere transitorio e scomparire, ma se persiste e raggiunge dimensioni notevoli, si rende necessario un nuovo intervento chirurgico.

Una complicanza molto rara è il danno testicolare da legatura dell’arteria che lo nutre, con conseguente sofferenza acuta dell’organo con conseguente atrofia testicolare. Edema scrotale, arrossamento e/o dolore testicolare sono possibili dopo terapia chirurgica e normalmente si risolvono con terapia antinfiammatoria. Altre complicanze possibili sono: la comparsa di ematomi, le parestesie a livello scrotale e della faccia interna della coscia, le trombosi dei monconi distali venosi, le cicatrici antiestetiche (pigmentate e/o cheloidi) e le infezioni della ferita.

I rischi operatori possono essere accresciuti dalle eventuali patologie associate dalle quali il paziente è affetto. Dopo l’intervento chirurgico il paziente può essere dimesso normalmente la mattina successiva, valutando individualmente le condizioni del paziente.

Altre tecniche chirurgiche, meno utilizzate, sono la legatura inguinale e quella subinguinale. Queste a confronto con gli interventi di legatura retroperitoneale, riducono l’incidenza delle recidive ma riportano maggiore incidenza di idrocele reattivo da lesione dei vasi linfatici e di lesione dell’arteria spermatica. Altre possibilità terapeutiche sono offerte dalla Radiologia interventistica ed effettuate per via percutanea.

Per terapia percutanea del varicocele si intende l’occlusione della vena spermatica attraverso un accesso vascolare e con l’uso di apparecchiature radiologiche. L’occlusione delle vene spermatiche si può ottenere per sclerotizzazione (iniettando nel lume sostanze dall’effetto tossico locale che provocano una lesione definitiva della parete vasale) o per embolizzazione (liberando nel lume del vaso delle sostanze o del materiale estraneo la cui presenza occluda il lume della vena). Nelle forme molto avanzate, in cui vi è una concomitante ectasia del plesso pampiniforme posteriore tributario del sistema iliaco, l’unico trattamento proponibile è quello chirurgico per l’impossibilità di cateterizzare selettivamente i rispettivi collettori venosi.

Il trattamento radiologico percutaneo del varicocele è una tecnica mini-invasiva, ripetibile, ben tollerata dal paziente, e può rappresentare, in alcune varianti anatomiche di varicocele, una alternativa valida all’intervento chirurgico. Le difficoltà al cateterismo selettivo della vena spermatica interna correlate a problematiche anatomiche, fenomeni di vasospasmo e dissezioni intimali rappresentano le principali limitazioni tecniche della terapia radiologica percutanea. Riteniamo inoltre che le manovre radiologiche siano controindicate ed ingiustificate nei casi in cui si rendano necessari prolungati cateterismi con elevata irradiazione delle gonadi.

Conclusioni: il varicocele essenziale rappresenta una condizione patologica in costante aumento come frequenza di presentazione e costituisce una delle principali cause di infertilità maschile. Non ancora del tutto chiari sono i meccanismi con i quali tale patologia possa influenzare la spermatogenesi. Purtuttavia la diagnosi e quindi il trattamento precoci sembrano essere accompagnati da un’efficacia terapeutica statisticamente rilevante. Utile aggiungere che, in caso di intervento per infertilità, la soluzione del problema non può essere sempre conseguita con un mero trattamento chirurgico, ma spesso deve risultare dalla collaborazione tra andrologo, endocrinologo, ginecologo e chirurgo. Il trattamento più efficace del varicocele recidivo è la scleroembolizzazione, riservando il trattamento laparoscopico nei casi di concomitanza di varicocele primitivo controlaterale alla recidiva, nei casi di varicocele recidivo a dx e nei casi in cui non è possibile effettuare la scleroembolizzazione.

Con la collaborazione della dott.ssa Valentina Sperandeo