Vaccinazioni, mito e controversia

 

Si avvicina la stagione autunnale e a seguire quella invernale e ci prepariamo alla solita questione “vaccinarsi sì o no”. I giocatori in campo che devono misurarsi su questo problema sono: le persone da vaccinarsi, i medici, i mass media con i giornalisti, le aziende produttrici dei vaccini ed infine i decisori politico-amministrativi della sanità. In sostanza più squadre in un unico campo, in cui chi arriva prima e chi investe di più vince la partita. In realtà lo spunto dei vaccini antinfluenzali mi serve per introdurre l’argomento citato nel titolo.

Alla fine del 1700 il vaiolo era una malattia simile alla peste di manzoniana memoria o all’epidemia di virus Ebola dei nostri giorni e di cui, purtroppo, oggi non se ne parla più. Chi però ebbe l’intuizione che qualcosa si poteva fare fu un medico inglese, Edward Jenner, che senza EBM o altra forma di scienza quasi esatta, osservando che gli allevatori di bovini affetti dal ”vaiolo bovino” erano resistenti al vaiolo umano mortale, pensò bene di vaccinare le persone, e i bambini in particolare, inoculando il materiale infetto del virus bovino. Da quel momento iniziò la battaglia contro questa malattia, fino ad eradicarla completamente. Oggi il vaiolo è scomparso o quasi, e il vaccino antivaioloso che sino a qualche anno fa era obbligatorio per essere ammessi a scuola, adesso è un ricordo solo per i cinquantenni che portano la cicatrice sul braccio ed è sconosciuto dai più giovani, compresi i medici. Se però si pensa che Jenner si sia arricchito o la sua fama si sia subito espansa, sbaglia. Infatti, come spesso succede, l’invidia, l’ignoranza e i giornali di allora trascinarono Jenner in tribunale a patire il disprezzo della comunità che lo isolò, complici appunto anche tanti medici. Nel 1801, data della prima vaccinazione, i morti che in Inghilterra erano 40.000, nel giro di poco tempo diminuirono fino alla scomparsa.

Anche Louis Pasteur, padre della moderna microbiologia, e ricercatore delle cause del carbonchio, della rabbia e del colera dei polli, ebbe una vita difficile e piena di amarezze. Persino Robert Kock, scopritore del bacillo tubercolare, si oppose alla sua visione a favore dei vaccini, e il povero Pasteur dovette difendersi in tribunale dalle false convinzioni che i vaccini potessero far male. In ogni modo, senza gli antibiotici che ancora non esistevano, molte malattie sono state vinte e debellate, non per ultima la poliomielite, di cui ancora oggi alcune persone portano i segni. Tutti i vaccini son dovuti passare sotto il giogo della ignoranza, degli interessi economici e di prestigio e del disinteresse per tutto ciò che non si vede o non si parla. Mi riferisco al morbillo e alla varicella, che purtroppo trovando giovani adulti non immunizzati, in questi anni hanno provocato morti e malattie serie, senza che i soliti giornalisti ignoranti, sudditi di altri interessi ne abbiano fatto cenno.

Quanto rumore hanno fatto le morti registrate l’anno scorso nel periodo influenzale, addossando subito colpe ai vaccini e con titoli giornalistici in prima pagina, relegando poi a un trafiletto la non causalità del vaccino! Serviva far rumore, ma a chi? Serviva a qualcuno dare la prima notizia, anche se errata? Questo non si sa! Di certo anche tanti colleghi, più o meno illustri, ricordo la diatriba Pasteur-Kock, hanno fatto la loro parte. E i decisori della politica sanitaria cosa hanno fatto? Campagne di stampa? Pochi leggono queste campagne se non sono supportate da una educazione generale alla salute e da un investimento economico. Più tagli si effettuano sulla sanità, più ignoranza si produce, ma se questo si vuole ebbene sia!

Svegliamoci! Mi rivolgo ai medici, riprendiamo la guida del timone e che il medico faccia il medico con la formulazione della diagnosi, terapia, prognosi e indirizzo alla riabilitazione, assumendosi la responsabilità di educazione che una laurea gli ha conferito.