Tumore al seno: si muore di meno ma l’assistenza non è al top

Tumore al seno: si muore di meno ma l’assistenza non è al top

Giuseppe_Ettore

La prevenzione dei tumori è fatta di ambienti e stili di vita sani e soprattutto di diagnosi precoce. Quest’ultima permette di scoprire il cancro nelle sue fasi iniziali permettendo migliori cure e con maggiori probabilità di successo e un minor rischio di effetti collaterali e conseguenze a lungo termine.

La diagnosi precoce è rappresentata dai test di screening oncologici, in modo da poter individuare la malattia in soggetti che non manifestano sintomi o disturbi. Per le donne un esempio di test di screening è la mammografia che ha senza dubbio contribuito a ridurre la mortalità per il tumore al seno negli ultimi decenni.

L’esame mammografico è rivolto alle donne tra i 50 e i 69 anni, da ripetere ogni due anni; esso permette la visualizzazione precoce di eventuali noduli non ancora palpabili che possono essere dovuti alla presenza di un tumore. Dai 70 anni in poi le pazienti non possono più usufruire del percorso di screening, ma devono provvedere autonomamente al percorso di prevenzione e diagnosi precoce; questo è un punto sicuramente da approfondire a livello nazionale per dare un’assistenza migliore qui in Italia dove l’aspettativa di vita è aumentata.

Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 48.000 nuovi casi ed il tumore al seno è il più frequente nel sesso femminile. Ciononostante grazie ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce la mortalità è diminuita. Sono stati individuati vari fattori di rischio di cui alcuni modificabili come lo stile di vita ed altri non modificabili come l’età (> 40 anni). Le caratteristiche dell’attività riproduttiva possono influenzare il rischio di tumore al seno, in modo protettivo come nel caso di un periodo fertile breve (tardivo menarca, precoce menopausa) o di una gravidanza in giovane età.

Il 5-7% circa dei tumori è ereditario e quindi imputabile a mutazioni a carico dei gene BRCA1 e BRCA2 nel DNA. Per una diagnosi precoce delle patologie a carico del seno non bisogna certo attendere i 50 anni ma è opportuno dai 20 anni compiuti eseguire l’autopalpazione delle mammelle con regolarità. Nel momento in cui l’autopalpazione dovesse essere positiva è opportuno sottoporsi a visita senologica durante la quale viene eseguita l’anamnesi ovvero la raccolta di informazioni che potranno essere utili per formulare la diagnosi finale (eventuale presenza di casi di tumore del seno in famiglia, età di comparsa del primo ciclo mestruale e della menopausa, gravidanze, alimentazione, terapie ormonali, contraccettivi orali, terapie ormonali sostitutive in menopausa) e il successivo esame obiettivo.

L’autopalpazione è costituita da due fasi:

• l’osservazione permette di individuare mutazioni nella forma del seno o del capezzolo;

• la palpazione può far scoprire la presenza di piccoli noduli che prima non c’erano.

Dai 20 anni l’esame può essere effettuato una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo. Rispettare questi tempi è importante perché la struttura del seno si modifica in base ai cambiamenti ormonali mensili, e si potrebbero di conseguenza creare, in alcuni casi, confusioni o falsi allarmi. Così come per altre patologie neoplastiche adottare sane abitudini possa evitare la comparsa di un cancro su tre.

Per raggiungere questo importante traguardo di prevenzione le regole da applicare sono molto semplici e riguardano in modo particolare:

• alimentazione;

• esercizio fisico;

• un’attività fisica moderata per almeno 30 minuti al giorno e per almeno cinque giorni alla settimana;

• abitudini voluttuarie, cioè quelle abitudini che danno piacere ma sono pericolose per la salute come il fumo o il consumo eccessivo di alcol.

Gli ormoni, e in particolare gli estrogeni, hanno un ruolo fondamentale nel regolare i processi legati alla fertilità e possono influenzare il rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro. Ogni fase della vita della donna è caratterizzata da un preciso quadro ormonale e quindi anche il rischio di tumore cambia con l’età. Tra i 20 e i 40 anni, per esempio, l’utilizzo della pillola contraccettiva e le eventuali gravidanze sono gli eventi più importanti dal punto di vista ormonale. In particolare gli ormoni assunti con la pillola potrebbero diminuire il rischio di tumore ovarico (di cui sono, di fatto, l’unico mezzo preventivo) a costo di un lievissimo aumento del rischio di tumore al seno (più con le vecchie pillole ad alto dosaggio che con quelle attuali, a basso dosaggio), mentre le gravidanze, che generano un blocco della produzione di estrogeni, hanno un effetto protettivo sul tumore del seno e dell’ovaio.

Anche gli ormoni assunti per le cure contro l’infertilità influenzano il rischio di sviluppare tumori dell’ovaio, ma i dati non sono ancora completi e definitivi. La fascia di età compresa tra i 50 e i 60 anni è in genere caratterizzata da un vero e proprio terremoto dal punto vista ormonale: la menopausa. Le ovaie smettono di produrre ormoni e quindi l’organismo è meno esposto all’azione degli estrogeni, in genere responsabili di un aumento del rischio di cancro. In questo senso la terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni, utilizzata per contrastare gli effetti negativi della menopausa (per esempio vampate di calore e osteoporosi) sembra essere un fattore di rischio per alcuni tumori come quello dell’endometrio e del seno, anche se l’utilizzo per non più di cinque anni sembra ancora accettabile. Dovendo scegliere è quindi consigliabile assumere una terapia sostitutiva che contenga anche un progestinico, anche se in genere è di utilizzo più complesso.

La maggior parte dei tumori è di origine “sporadica” ovvero si manifesta senza nessun tipo di legame con la trasmissione ereditaria dei geni. Sono stati definiti alcuni test genetici, metodiche complesse in grado di stimare il rischio di contrarre un tumore sulla base del corredo genetico. Uno dei tumori per i quali esiste la possibilità di sottoporsi a un test è quello del seno, il tumore più frequente nelle donne. È stato dimostrato che chi ha una madre o una sorella con questa patologia, soprattutto se contratta in giovane età, corre un rischio maggiore di svilupparla nel corso della vita rispetto a chi non ha mai avuto casi di tumore del seno in famiglia. I geni BRCA1 e BRCA2 predispongono a questo tipo di cancro (e anche a quello dell’ovaio). È importante sottolineare che avere ereditato la mutazione non significa essere certi di contrarre prima o poi la malattia, piuttosto equivale ad avere un rischio più elevato rispetto a chi non ha la mutazione.