La sfida comune più importante per noi tutti è salvare ad ogni costo il nostro servizio sanitario nazionale, universale e solidaristico, sottoposto oggettivamente a depotenziamento, causato da continue aggressioni esterne ed interne, con diminuzione continua dei finanziamenti al punto da rendere la sanità pubblica in molte regioni non più in grado di assicurare adeguati livelli di assistenza sanitaria. L’unico modo, vista l’attuale tendenza, è quello naturalmente per la parte di nostra competenza, di renderlo sostenibile attraverso una più coerente ed efficace gestione delle cronicità, complessità e fragilità strettamente collegate all’allungamento della vita e all’invecchiamento.
L’incremento della popolazione anziana, spesso purtroppo non in buona salute a causa di carenze culturali con frequente mancata prevenzione e promozione della salute nei tempi dovuti, ha recato con sè un notevole incremento di malati cronici, anziani, frequentemente non attivi, con trasferimento di un numero consistente di persone, con vario grado di disabilità, dovute a malattie, non solo ad invecchiamento, in un territorio non organizzato, non preparato a prendere in carico persone malate così fragili e complesse. Tale questione, seppur nota, non è stata ad oggi sistematicamente governata considerando che le risposte invero sono state frammentarie e in una logica di attesa degli eventi di salute con risposte singole, non integrate e inidonee a superare tale gravissimo problema sociale e sanitario.
Non possiamo più accettare la logica delle risposte parziali, anche se di qualità, che consistono in interventi su riacutizzazioni di malati cronici in quanto è giunto piuttosto il tempo di controllare a monte la progressione delle varie condizioni di malattia, rallentandone il corso ed evitando il più possibile le complicanze e le disabilità consequenziali. In atto non si agisce per prevenire concretamente le complicanze, ma si agisce a posteriori quando si è già manifestata una riacuzie o una complicanza che determina limitazione alla qualità di vita della persona malata.
Il costo sociale e sanitario è naturalmente notevole, con dispiegamento di non sempre utili esami e procedure anche con dispendio di risorse, a fronte di soggetti che non vanno per vari motivi a controllo pur avendone reale bisogno. Si deve ricordare che un malato può non avere la reale percezione di essere ammalato cronicamente oppure può non desiderare di essere ritenuto tale aggravando la sua condizione. Il crescente numero di persone anziane affette da malattie croniche ha bisogno di attiva presa in carico da parte di un territorio che abbia la capacità di un approccio multidisciplinare integrato partendo dalle reali condizioni di ciascuno ed evitando o rallentando la progressione di malattia. Da questo deriva la urgenza di transitare verso una medicina più organizzata, proattiva, con gestione condivisa multi professionale, nel territorio, di percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali.
Si deve adattare la professione ai necessari cambiamenti culturali ed organizzativi creando modelli a supporto non più differibili. Non può da questo derivare la scomparsa del basilare rapporto di fiducia medico paziente nè può immaginarsi la eliminazione della presenza capillare della medicina generale nel territorio, tuttavia dovrà realizzarsi un modello organizzativo comune, seppur contestualizzato in rapporto alle esigenze del territorio.