La sfida più complessa per il nostro sistema sanitario

La sfida più complessa per il nostro sistema sanitario

La sfida più complessa per il nostro sistema sanitario è quella di prendersi cura di una persona anziana, affetta da più malattie croniche, nella difficile quotidiana ricerca di una corretta sintesi fra qualità delle cure e compatibilità economica del sistema sanitario. La nostra quotidiana realtà professionale risente, sempre più pesantemente, di questa esigenza tanto che, in ogni contesto, viene a viva voce richiesta appropriatezza, che non può essere vista solo sotto l’aspetto economico, non tenendo in considerazione la qualità di vita della persona malata, le sue prospettive e la unicità di ogni singolo malato, di cui dobbiamo aver cura. Di sicuro occorre un nesso fra la diagnosi e la terapia, tuttavia al di là di ogni altra considerazione, deve esserci sempre una motivazione delle scelte di cura effettuate sulla base delle singole situazioni cliniche.

L’enfasi del problema delle risorse destinate alla sanità ed alla persona malata non può determinare una prepotente egemonia dell’economia sulla vita dell’uomo, impedendo di fatto di mettere al centro del sistema l’uomo ed il bene comune. Non possiamo non rispettare l’unicità delle persone, ciascuno di noi è soggetto di diritti e doveri per cui si deve promuovere un equilibrio fra i due aspetti. Non si scopre nulla di nuovo nel dire che a causa della disuguaglianza nell’uso del servizio sanitario, i più deboli sono più penalizzati nel far valere i propri diritti costituzionalmente garantiti.

Mi pare di poter affermare che nonostante le condizioni economiche, culturali e sociali, a ciascuno si deve garantire la migliore risposta possibile ai bisogni di salute senza differenze causate da problemi di natura economica. Dobbiamo, certamente, ottimizzare l’uso delle risorse con la sistematica ricerca della migliore efficacia, tuttavia tutti gli attori del servizio sanitario devono collaborare attivamente al raggiungimento dei migliori risultati, al minor costo possibile, senza delegare ad altri le proprie oggettive responsabilità, con l’intento di non essere controllabili circa l’appropriatezza d’uso delle stesse risorse, in violazione costante di leggi e norme regolamentari, a danno dei colleghi che operano quotidianamente in prossimità dei malati.

In assenza di responsabilità sulle scelte effettuate, in carenza di collaborazione fra le professioni, in considerazione della scarsa comunicazione fra gli attori, siamo ben lontani dall’operare con la necessaria sinergia per rendere veramente centrale la persona malata, realizzando il miglior uso possibile delle risorse. Nonostante le leggi, i regolamenti ed il buon senso sembra che molti abbiano deciso di non assumersi le responsabilità dovute al ruolo ricoperto, ribaltando le proprie responsabilità in ogni sede ad altri, con l’intento di sfuggire ad eventuali controlli di metodo e di merito.

Non può essere sottaciuto che pur essendo noti i problemi, nessuno di quelli che ne hanno responsabilità, per il ruolo ricoperto nel servizio pubblico, sembra abbia voglia di cimentarsi, pur avendone gli strumenti, in questa basilare battaglia di principi e di cultura, ormai inderogabile. Mi sembra allora inevitabile che, al di là di altre considerazioni possibili, i professionisti che caricano sulle loro spalle il peso di una quotidiana attività, a contatto con i malati, possano essere gli unici a dover sostenere l’applicazione di norme, non sempre agevolmente interpretabili ed applicabili, che non tengono conto del contesto e della mancata sinergia degli altri attori senza considerare che a volte tali norme sono inique e scarsamente applicabili perché dimostrano avere in scarsa comprensione l’uomo, senza considerare la assente o quasi nulla partecipazione alle vicende personali del malato.

Un medico in ogni caso non può non rispettare la persona umana, in quanto l’uomo è un essere sociale e la medicina non può evitare di tenere conto dei valori su cui si fondano i rapporti della società umana. L’appropriatezza non può limitarsi quindi a considerare solo alcuni aspetti meramente contabili dell’attività medica, ma deve tenere conto di tutti gli elementi in gioco.

Una buona pratica medica deve essere aggiornata, basata su conoscenze consolidate, ma un medico vero non può non considerare l’aspetto umano nel rapporto col malato. Occorre fare ogni utile sforzo per comprendere la vicenda personale del malato, non basta l’accuratezza nel rispetto delle norme, in quanto spesso la loro logica è esclusivamente economica. La medicina è sorta dal desiderio umano di soccorrere un altro uomo sofferente, per cui il medico deve partecipare ai problemi di un malato, debole per la sua sfortunata condizione, che quotidianamente incontra ostacoli, spesso insuperabili, nell’accesso alle migliori cure.

Il medico, da clinico, deve allora preoccuparsi, prima di ogni altra cosa, dell’uomo pur tenendo conto delle esigenze di compatibilità economica di certo non favorendo gli sprechi, ma assicurando la migliore terapia possibile al di là di norme e regole non applicabili a quel singolo uomo.

Domenico Grimaldi