Esistono evidenti disuguaglianze nell’accesso al servizio sanitario ed è scontato come in genere i più deboli rischiano una maggiore penalizzazione nel far valere i loro diritti. L’efficacia dell’azione sanitaria non può avere solo dimensione scientifica, ma anche etica ed organizzativa. A ciascuno, al di là delle condizioni economiche e culturali, va garantita la migliore risposta possibile, basata sull’evoluzione delle conoscenze in ogni singolo caso. Per essere equi ed efficaci occorre fare le cose veramente utili alle singole persone, il che significa solo essere appropriati.
Il valore fondamentale che è alla base del rispetto dell’uomo emerge solo da un’azione che sia veramente appropriata sia in campo sanitario che sociale. Lavorare in maniera appropriata significa molte cose fra le quali di certo vi è un agire professionale che sia aggiornato e che tenga conto anche dell’aspetto umano. Non può un professionista, se medico, eccellere in tecnica se non si accompagna la partecipazione umana alla vicenda personale del malato. Avere riguardo alla alta specializzazione ed alla tecnologia senza curarsi dell’aspetto umano del rapporto favorisce una medicina fredda e lontana dalla sofferenza, indifferente ai bisogni della persona sofferente.
Il medico deve ispirare la sua azione al principio di beneficialità, tuttavia non può non considerare le preferenze del malato. Essere professionali oggi è sempre più complesso tanto che non può non essere decisiva la capacità di esercitare una leadership morale, anche per evitare che il primato della scienza prevalga sull’essere uomo. Non trascurare le radici umane è fondamentale per riportare tutto nel giusto alveo. Riprendere in mano l’atto professionale è necessario per non esaltare ancora di più la tecnologia, considerata con enfasi eccessiva.
È tempo di restituire anche al dubbio ed all’incertezza il giusto ruolo e valore.