La salute, come è noto, non è solo assenza di malattia, ma benessere globale sia fisico che mentale. Il concetto di salute riguarda quindi anche l’aspetto psicologico, sociale, la vita familiare,l a condizione culturale, economica, lavorativa e abitativa.
Anche se non sovrapponibili, salute e qualità di vita sono di sicuro correlati.La medicina generale si occupa dell’uomo nel suo complesso e, di fronte alla sua specificità, nonché singolarità, risponde con approcci caratterizzati da tentativi guidati da esperienza, da opinioni e suggestioni, piuttosto che da certezze assolute.
Una persona che entra nello studio di un medico di cure primarie diviene paziente per la durata della consultazione, accettando di essere oggetto di valutazione clinica. La sua presenza in studio con la richiesta di ottenere una soluzione adeguata ai problemi segnalati dà il consenso alla clinica. Riaffiora nella mente del medico la storia personale, viene aggiunto ogni nuovo dato a un racconto che si dipana fra biologia e biografia.
Si riapre una relazione comunicativa fra due persone che devono convenire sui fatti prima ancora di iniziare la ricerca delle cause della richiesta di aiuto. Per ogni paziente che si presenta allo studio c’è una diversa sintonia, questo decine di volte al giorno, con grande flessibilità e giusto atteggiamento mentale, navigando quotidianamente fra banalità e malattia grave, fra rischio e incertezza.
Ogni condizione clinica di apparente banale presentazione può essere un rischio o può nascondere ansie e fenomeni più complessi. Il medico deve capire, mostrando di aver compreso e reinterpretando il problema segnalato, dovrà prendere in carico la persona malata, negoziando le decisioni che dovranno essere prese. Ascoltare è fondamentale, rappresenta una guida a una possibile diagnosi, è un modo unico per capire il rapporto della persona con la sua malattia, con i suoi disturbi.
Occorrerà, di volta in volta, collegare quanto raccontato alle nostre conoscenze, alla epidemiologia, al riscontro obiettivo, si dovrà fare delle ipotesi per poi scartarle, approfittando che il malato è un esperto della sua condizione di malattia. Ecco perché è importante sapere ascoltare senza schemi precostituiti, adottando una strategia professionale che sia adatta al raggiungimento di un fine condiviso. Non dobbiamo perdere di vista che abbiamo un singolo uomo con le sue singolari specificità, che non sempre può essere ricondotto alla media della popolazione cui fa riferimento.
Riconoscere la specificità del singolo uomo serve, in fondo, a comprendere la normalità di una popolazione. Ci vuole un medico flessibile, che sappia ascoltare, negoziare sul da farsi, evitando concezioni rigide della professione, affinando la capacità di stabilire delle strategie personalizzate. Il paziente è portatore di idee che possono portare fuori strada, ma occorre saper raggiungere il giusto equilibrio fra aspettative e preferenze con le strategie diagnostiche razionali in quel singolo uomo ammalato.
Si dovrà allora sviluppare a tutti i costi una forte relazione di fiducia che non solo va conquistata, ma, cosa molto più difficile, mantenuta nel tempo. Una forte relazione col malato rappresenta la chiave per risolvere molti dei problemi aperti derivanti spesso da una medicina tecnologica troppo poco umana e solidale. La relazione col paziente è assolutamente centrale e viene richiesta a viva voce da tutte le persone sofferenti nonché dai loro familiari.
Questo è il vero motore di ogni possibile cura. Si deve porre la relazione al centro del rapporto, capovolgendo il classico punto di vista del medico. Non più un medico che vede, al di là della volontà della persona sofferente, l’obiettivo delle sue cure, a ogni costo, ma un professionista uomo che assume come riferimento centrale la condivisione con il malato, mettendo in discussione le stesse fondamenta del fare il medico.
Coltivare le competenze di relazione è fondamentale così come comunicare bene con la persona ammalata. Anche se comunicare è un abilità che può essere appresa, si deve dire che è anche attitudine personale, disposizione psicologica personale. Le possibili configurazioni relazionali sono infinite, in quanto infinite sono le combinazioni delle personalità di medico e malato.
Le tattiche relazionali, i conflitti e le negoziazioni sono alla base della centralità della relazione medico paziente. Saper condurre una buona consultazione è una delle abilità più importanti di un medico. Ogni incontro è scambio relazionale, atto centrale dell’essere medico.
Bisogna spostare l’attenzione dalla malattia alla persona ammalata, al suo contesto familiare, lavorativo e sociale, tenendo conto delle credenze e delle preoccupazioni. Dal colloquio relazionale deve venir fuori non solo l’anamnesi, ma anche la biografia del malato e questo può, anzi deve essere fatto sempre, in ogni sede, anche specialistica e ospedaliera, oltre che nelle cure primarie. Ogni medico deve avere ben chiara la sua interazione col malato, riconoscendo sia i buoni che i cattivi sentimenti.
Ogni emozione che nasce dal rapporto medico paziente è naturalmente legata alla storia personale dei due protagonisti, tuttavia rendere centrale la relazione è l’unica chiave che abbiamo per integrare realmente e non a parole i vari professionisti che in ogni sede territoriale od ospedaliera si occupano dell’uomo ammalato. Non leggi, né regolamenti, né tantomeno convegni e linee di indirizzo potranno far maturare rapidamente, come è necessario, la cultura della integrazione per la vera centralità del malato.
L’unica possibilità vera, concreta, che abbiamo è stabilire noi tutti, in ogni sede, una relazione forte col paziente, soluzione a portata di mano per una reale integrazione al servizio della centralità del cittadino ammalato.