Quel killer silenzioso… il cancro ovarico!

Quel killer silenzioso… il cancro ovarico!

Giuseppe_Ettore

Il cancro ovarico rappresenta circa il 30% di tutti i tumori maligni dell’apparato genitale femminile e occupa il decimo posto tra tutti i tumori nelle donne, con il 3% di tutti i casi. Si stima che nel corso della vita una donna ogni 74 sviluppi un carcinoma ovarico. L’incidenza del tumore dell’ovaio mostra una discreta riduzione dalla metà degli anni ’90 (-2,2%/anno), al netto dell’effetto causato dall’invecchiamento progressivo della popolazione. L’incidenza di questo tumore non presenta un gradiente Nord-Sud: rispettivamente sono diagnosticati al Nord 12,3, al Centro 9,9 e nel Meridione 10,0 casi ogni 100.000 donne/anno.

Il carcinoma ovarico rientra tra le prime 5 cause di morte per tumore solo tra le donne in età 50-69 (7% del totale dei decessi). L’aggressività e la diagnosi spesso tardiva di questi tumori condizionano la prognosi: il 37% delle donne che hanno contratto un tumore dell’ovaio nella seconda metà degli anni 2000 risulta ancora in vita a 5 anni dalla diagnosi. Analizzando i dati riguardanti il decennio precedente, la sopravvivenza a 5 anni appare modestamente migliorata (+4-5 punti percentuali).

L’eziologia e la patogenesi di questa neoplasia sono ancora incerte. La multiparità, l’uso prolungato di estroprogestinici orali e l’allattamento al seno sono fattori associati a una diminuzione del rischio, mentre la nulliparità, l’uso di farmaci per l’induzione dell’ovulazione e una storia familiare di tumore dell’ovaio, della mammella e del colon rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo della malattia. Il carcinoma ovarico colpisce principalmente le donne in menopausa e raggiunge il picco massimo di incidenza nelle donne con età di 50-60 anni.

È un tumore difficile da diagnosticare precocemente perché nelle fasi iniziali è asintomatico o presenta manifestazioni spesso sfumate e aspecifiche. Non esiste a oggi una procedura standardizzata per lo screening di questa patologia (come il Pap-test per il tumore all’utero) o di diagnosi precoce (come la mammografia per quello al seno) la conoscenza della malattia e dei suoi sintomi è la migliore strategia per evitare diagnosi tardive quando ormai le possibilità di cura sono molto limitate.

Alcune mutazioni genetiche sono associate ad un maggior rischio di sviluppare determinati tipi di tumore. Ad esempio, specifiche alterazioni, tra cui quelle dei geni BRCA1 o BRCA2, aumentano in maniera significativa il rischio di cancro al seno e all’ovaio. In generale, parlando in termini probabilistici, essere portatrici di specifiche mutazioni genetiche può aumentare il rischio di sviluppare la malattia.

Cosa può fare la donna? È opportuno che la popolazione femminile in età fertile e non sappia che ci sono dei sintomi aspecifici come dolenzia e gonfiore addominale, stitichezza o difficoltà digestive che se perdurano per settimane e, soprattutto, se non sono mai stati presenti è opportuno indagare. È richiesta particolare attenzione alle donne in cui si evince familiarità per tale patologia (ovvero con madri, sorelle, nonne che hanno avuto un tumore ovarico). Alcuni studi hanno dimostrato che una visita annuale dal ginecologo che esegue la palpazione bimanuale dell’ovaio e l’ecografia transvaginale può facilitare una diagnosi precoce. Un ulteriore indicatore è il marker CA 125, che tuttavia non risulta affidabile al 100%.