“Non ce lo vogliono dire”: personalità del complottista e come difendersi

“Non ce lo vogliono dire”: personalità del complottista e come difendersi

L’emergenza sanitaria che ha colpito tutto il mondo e che ci vede ancora oggi impegnati nella lotta contro il COVID-19 ha portato alla ribalta una figura particolare ma che, ahimè, risulta sempre più facile incontrare a lavoro, tra gli amici, perfino in luoghi che dovrebbero essere “protetti” come le scuole e gli ospedali. Si tratta del cosiddetto “complottista” che ama diffondere le sue strampalate teorie pseudoscientifiche sui social network e che accusa chi non condivide le sue “verità” di essere schiavo dei poteri forti o addirittura un “lobotomizzato”.

Questa figura che sembra appartenere solo al mondo dei social o che al massimo si pensa di incontrare in qualche manifestazione no-vax o no-mask è in realtà molto più diffusa di quanto possiamo pensare.

È solo di qualche giorno fa la notizia di un’insegnante di Palermo che ha rifiutato di indossare la mascherina in ospedale nonostante i ripetuti inviti del personale sanitario o, ancora, dei genitori di Teramo che hanno rifiutato di sottoporre a tampone la loro bimba con la febbre, accusando la pediatra di essere una terrorista.

Come spiegare l’escalation di questo fenomeno? Perché la tendenza al “complottismo” si sta così diffondendo nella popolazione?

Proviamo ad analizzare alcuni dati scientifici sull’argomento per tracciare una sorta di identikit del complottista, al fine di evitare di cadere in queste dinamiche disfunzionali e saperci difendere da chi diffonde fake news mettendo a rischio la salute e la sicurezza di tutti.

Due psichiatri inglesi, Daniel Freeman dell’Università di Oxford e Richard P. Bentall dell’Università di Liverpool hanno recentemente pubblicato uno studio dal titolo “The concomitants of conspiracy concerns” sulla prestigiosa rivista scientifica Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology. Gli autori hanno analizzato quali tratti di personalità accomunano le persone con tendenze complottiste e se è possibile riscontrare comorbidità con altre patologie. In base ai loro risultati, i complottisti sono prevalentemente maschi single provenienti da bassi livelli socio-economici. Inoltre, le persone che tendono più facilmente a credere a complotti e fake news soffrono maggiormente di disturbi d’ansia e da deficit dell’attenzione, e spesso fanno uso eccessivo di alcol e droghe. Altro dato importante è la presenza di relazioni sociali deboli e di frequenti conflitti familiari. In questi casi, la logica del complottista è espressione di una dinamica prettamente persecutoria, basata sul sospetto e su una sfiducia di base verso il prossimo. Questi soggetti, dunque, presentano generalmente una bassa autostima e una scarsa fiducia verso gli altri e verso l’autorità in particolare: come affermato da Freeman, “sentendo che la società le ha rifiutate, queste persone imparano a respingere i convincimenti che la società condivide”.

Ma tutto questo non basta a spiegare una così ampia diffusione di convincimenti complottisti anche tra persone che, in apparenza, non dovrebbero essere esposte al rischio di rimanere vittime di fake news e teorie antiscientifiche, come ad esempio l’insegnante di Palermo.

Quali altri fattori dunque possiamo individuare alla base di questo fenomeno? Il complottismo, in alcuni casi, può rappresentare un meccanismo di difesa per far fronte a una situazione imprevista che sfugge al proprio controllo, come appunto la pandemia. Di fronte a un nemico sconosciuto e invisibile, l’unico modo per controllare la paura è quello di dargli un nome o, al contrario, di negarne l’esistenza nell’illusione che così facendo la minaccia scompaia. Da qui nascono le teorie più bislacche sulle origini del virus e il conseguente rifiuto di rispettare le norme di prevenzione del contagio. Il complottista, cercando un capro espiatorio che di volta in volta può essere il 5G, il vaccino, la mascherina e così via, si difende dall’imprevedibilità degli eventi in quanto ne ha paura. “Se è colpa di qualcuno, combattendo contro questo qualcuno, posso avere il controllo della situazione”: questa è la logica del complottista. Si tratta dunque di uno stile di personalità disfunzionale che può rivelarsi molto pericoloso non solo per sé ma anche per la comunità, in quanto deresponsabilizza il singolo individuo rispetto al dovere di adottare gli adeguati comportamenti di prevenzione e di rispetto del prossimo.

Per questi motivi, il complottismo può rivelarsi un nemico altrettanto insidioso quanto lo stesso virus e va dunque combattuto con il buon esempio e con un’informazione seria e corretta.