Si tratta di una questione molto complessa, derivando da molteplici fattori, di cui dovere tener conto.
Innanzi tutto si deve segnalare una scarsa e trascurata educazione alla salute ed una modesta attitudine culturale al buon uso, in generale, dei servizi sanitari.
Vi è poi da considerare anche una non sempre coerente organizzazione del pronto soccorso nel contesto territoriale in cui opera, con carente comunicazione dello stesso sia all’interno del presidio ospedaliero in cui è allocato che a maggior ragione all’esterno col territorio.
Anche la mancata integrazione fra ospedale e territorio nel cui contesto è inserito il P.S.
è un fattore di rilevante importanza. È inoltre comune convinzione di poter avere un veloce inquadramento clinico e terapeutico, altrimenti non possibile se non a pagamento, date le lunghe liste di attesa, l’aumento della popolazione anziana con poli morbilità e multi trattamento. Si tratta di soggetti fragili e complessi che spesso hanno instabilità e riacuzie, anche prevedibili, non intercettate e governate dalla gestione integrata territoriale, quindi forti consumatori di accessi ai p.s., mentre sarebbero più appropriatamente da trattare nel territorio.
Altra motivazione è la presenza nei p.s. di frequente medicina difensivistica, di varia origine e motivazione, che comunque conferma ai cittadini di potere nel p.s. avere le risposte tecnologiche richieste in tempi più che brevi, per non dire dei ricoveri non appropriati. Vi è ancora la persistenza della cultura ospedalocentrica, confermata da inadeguata conoscenza delle realtà territoriali, anche dove esistono, senza considerare di molti territori scoperti di visibili e utilizzabili strutture territoriali.
Non si può non considerare che il cittadino percepisce come urgenti i suoi bisogni sanitari anche se tecnicamente in realtà non lo sono, per cui i p.s. continuano ad essere punto di riferimento per prestazioni inappropriate, determinandosi condizioni di notevole pressione sul sistema, disagio per le persone con criticità, con incremento dei costi.
Si sono in tal senso determinati dei meccanismi legali di dissuasione come il pagamento di Tikets per i codici bianchi, tuttavia al di là delle condizioni socio economiche del territorio in realtà si verifica che il numero enorme dei codici bianchi dichiarato come causa degli intasamenti, non viene confortata dai dati del triade in uscita dal p.s. dove il codice bianco in ingresso diventa verde quando non giallo.
Si tratta di escamotages per non far pagare la gente o medicina difensivistica o altro, è comunque un dato sicuro che a fronte delle dichiarazioni sull’eccesso dei codici bianchi non si riscontrano corrispondenti Tikets pagati al servizio reso in ospedale, nonostante la norma. Si dovrà allora affrontare la questione in maniera ampia agendo sull’aspetto culturale, su quello organizzativo dei p.s. tenendo in considerazione la dovuta e necessaria flessibilità dei modelli organizzativi da contestualizzare.
Si potrà scegliere di fare gli ambulatori dei codici bianchi nei p.s. che hanno numeri elevati di accessi (25 o 30 mila anno), in ospedale o appena fuori, a secondo dello stato organizzativo del contesto in cui si opera, con un triage comune ed un accesso differenziato, oppure utilizzare le scelte organizzative esclusivamente territoriali per intercettare i bisogni, anche se non e’ certo poi che diano risultati, vista la comune cultura corrente, anche per la semplice considerazione che non sono i modelli a migliorare la qualità dei risultati di salute, ma gli uomini che li applicano o li fanno applicare. In tal senso la realizzazione dei Pta o presidi territoriali di assistenza, i punti di primo intervento, i punti di emergenza territoriale, la continuità assistenziale, la gestione integrata dei malati cronici, l’associazionismo più o meno complesso, la integrazione multi professionale e quant’altro rappresentano delle scelte nella realizzazione di contenitori territoriali, che devono essere riempiti di contenuto nell’interesse delle persone malate e dell’uso appropriato della risorse.
La riduzione degli accessi impropri al p.s. ridurrebbe i tempi di attesa, il potenziale rischio clinico ed i ricoveri impropri. L’uso dell’ambulatorio di codici bianchi, in strutture poliambulatoriali, con uso di specialistica di base a fini diagnostici, come realizzati a CT e provincia (dieci punti di primo intervento dell’ asp CT,di cui due in città ), con presenza di medici nei giorni feriali ore 8-20, e medici ore 20-8, assicura costante presenza di medici di medicina generale h24, festivi e prefestivi compresi, nel territorio, sfatando il mito che le persone vanno in p.s. perché non trovano disponibile la medicina generale nel territorio.
Probabilmente la popolazione non conosce appieno tale realtà per scarsa informazione su sedi e modalità libere di accesso, tuttavia le sedi sono in presidi poliambulatoriali o in Pta o pte cioè punti di emergenza territoriale anch’essi presenti nel territorio con medici della emergenza territoriale, preparati allo scopo. Per non dire della presenza anche di punti di primo intervento pediatrico. Si può dedurre, prima facie, come lo schieramento di forze in campo è talmente articolato e diffuso che non dovrebbe realizzarsi nessun intasamento dei p.s., che diverrebbero esuberanti, se già non lo sono rispetto alle vere esigenze del territorio.
Il problema purtroppo alla base di tutto è la scarsa cultura alla integrazione e collaborazione delle vere forze in campo che devono smettere a continuare il noto gioco dello scarico di responsabilità ad altri.
Da questo si può partire, senza penalizzare alcuno, realizzando veramente la rete di cui tutti si riempiono la bocca.